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Un vento gelido s'infranse sul mio viso e il calore che avevo in corpo riuscì contro ogni aspettativa ad accrescere, mentre adocchiavo Harry che mi osservava accanto al semaforo. Lo raggiunsi e percepii le gambe molli, come gelatina. 

-Che ci fai qui?- chiesi e una piccola nuvola prese forma davanti alle mie labbra.

I suoi occhi, però, erano il ghiaccio penetrante che più m'infreddoliva. 

-Ci ho pensato molto, Paige,- disse finalmente. -Io non voglio perderti.-

Lo sguardo fisso nei miei occhi, carico di sicurezza.

-Harry, io...-

-Aspetta,- mi bloccò, alzando una mano davanti al mio volto.

Tacqui e lui ebbe il tempo di sospirare, prima di riprendere il discorso: -So che le cose sono diventate complicate. So che non è e non sarà mai più lo stesso stare insieme, se tutto ciò che abbiamo passato ci resta sulle spalle a gravare. Ma so anche che, in qualche modo, ci è stata concessa un'occasione per rimediare e ignorarla non potrà che continuare a peggiorare la situazione senza mai risolvere nulla. Il passato non può essere modificato, ma il passato ha cambiato e continua a cambiare noi stessi. Se ci è stata offerta quest'opportunità, forse dovremmo coglierla ricominciando daccapo.-

Lo guardai e la convinzione nei suoi occhi quasi mi fece rabbrividire per quanto intensa, rovente e in contrasto con il ghiaccio che era ancora presente. Tanto potente da sciogliere questa freddura così genuinamente. Trapassava gli occhi e arrivava al cuore ardendo e creando un fumo che mi annebbiava ogni pensiero.

-Be', a questo punto non rimane che fare una cosa,- disse e poi, inaspettatamente, sorrise e mi porse una mano lasciandola a mezz'aria. -Piacere, io sono Harry.-

Rimase in quella posizione e con quel sorriso e sulla mia faccia comparve un punto interrogativo.

-Cosa stai facendo?-

-Mi sto presentando. Sto ricominciando da zero,- disse con tutta la naturalezza del mondo. -Sono un ventitreenne che si è trasferito a Boston per studiare nell'università più prestigiosa al mondo, a Harvard. Sai, sono un ragazzo modello, io. E tu chi sei?-

Lo guardai stordita, ma decisi che probabilmente stare al gioco avrebbe alleggerito la situazione. E forse ricominciare daccapo non era poi una così cattiva idea.

-Io sono Paige.-

-E' davvero un bel nome!- esclamò e sorrise evidenziando le fossette, e fu come vederle per la prima volta. -Posso offrirti da bere, Paige?-

-Volentieri.-

Mi porse il braccio ed io non indugiai ad afferrarlo, lasciandomi guidare lungo il marciapiede. Ricordai immediatamente il giorno in cui eravamo andati a pranzo insieme al River. Poi ricordai le strade scivolose e macchiate da pozzanghere che riflettevano il colore del cielo grigio e il suo sorriso che era come uno spiraglio di luce in tutta quell'uniforme oscurità.

-Dove mi stai portando?- gli domandai a un certo punto, mentre passeggiavamo su una stradina che s'avviluppava fra i vicoli, lontano dal 451.

-Esattamente qui,- disse, indicando un locale stretto e lungo, con un sottofondo di musica soft.

Ci facemmo spazio fra la gente che creava soltanto confusione e ci posizionammo al bancone, l'uno accanto all'altra.

-Allora, Paige. Raccontami un po' di te.-

-Di me?- improvvisai prendendo tempo. -Parlami tu un po' di te, prima.-

Lo osservai abbassare lo sguardo e poi pensare, pensare, pensare, sfiorarsi il mento con le dita e infine incollare lo sguardo sui miei occhi.

BraveOù les histoires vivent. Découvrez maintenant