✔ 03. A giocare con il fuoco prima o poi ci si brucia

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«Smettila di muoverti.» mi ordinò dura Teresa cercando di trovare la vena sul mio braccio.

Io le lanciai un'occhiataccia, accigliandomi «Non avrei dovuto accettare di aiutarvi, finirò per farmi ammazzare.»

Lei infilò l'ago e cominciò ad alzare lo stantuffo della siringa «Perché hai accettato, allora?»

«Perché mi avete ricattata» le risposi acida «Avete usato quei bambini per arrivare a me, non mi sorprenderei se fossero morti domani.»

«Ma cosa stai dicendo? Non li faremo di certo morire!» si difese lei, incrociando le braccia al petto.

«Perché me? Cos'ho di così speciale?» cambiai discorso.
Era una domanda che mi frullava in testa da giorni, quella. Il fatto che fossi io il pezzo mancate al loro puzzle mi toglieva il sonno. Cosa avevo io di speciale che un qualsiasi altro ragazzo non aveva?
Non poteva essere casuale. Non poteva essere che, tra molte opzioni, avessero preso me. Ci doveva essere un motivo se c'ero io sotto ai ferri e non un'altra persona, no?

«Stiamo cercando di capirlo» spiegò lei, poi abbassò lo sguardo sulle sue scarpe e aggiunse, con un filo di voce: «Se ci avessi aiutati sin da subito lo avremmo già scoperto.»

«Per chi mi hai presa?» le chiesi tirandomi a sedere «Per l'eroina della tua storia? Sono una fottutissima ragazzina. Per tutta la vita ho sognato di essere libera, di avere la possibilità di vedere oltre al mio naso e quando ne ho avuto la possibilità sono stata catapultata qui, a fare la cavia da laboratorio. Non avrai mica pensato che mi sarei offerta volontaria per le vostre ricerche da scienziato pazzo, vero?»

«Non alzare la voce, Kathrine.» mi riprese lei guardandosi intorno. Qualche dottore si era girato verso di noi per ascoltare la conversazione.

«Non dirmi cosa fare e non chiamarmi Kathrine» le dissi con tono duro «Lascia solo che ti dica un'ultima cosa, poi potrai schiaffarmi un pezzo di scotch sulla bocca e me ne starò in silenzio per sempre: tu, mia sorella, sapevi quanto fosse importante per me avere la mia libertà. Sapevi che dentro al labirinto ero arrivata al limite, che volevo uccidermi per scappare dall'oppressione che provavo al pensiero di non essere libera... come hai potuto farmi questo? Rinchiudermi di nuovo, permettere ai tuoi colleghi di mettermi in catene come un cane rabbioso.»

«Non ho mai voluto questo per te, lo sai. Ho sempre voluto vederti libera e felice, ma non esistiamo solo noi al mondo, non esisti solo tu. Là fuori ci sono migliaia di persone che hanno bisogno di una cura e se in te c'è qualcosa di speciale, qualcosa che mi può permettere di aiutare quelle persone...» disse, e lasciò incompleta quella frase. Ma io lo sapevo che lasciato in sospeso c'era un "sono disposta a sacrificare te".

Ci fu un secondo di silenzio. Nel mio cervello non frullava altro se non quel lasciato in sospeso.

«Tutte quelle persone al costo di una» parlò di nuovo lei «Sono disposta a farlo.»

Non ci vidi più. Le saltai al collo e le strinsi le mani attorno alla gola. Lei cominciò a scalciare e a pregare, con quel poco di voce, di lasciarla andare. Delle forti braccia mi afferrarono per le spalle e mi scaraventarono sul pavimento, allontanandomi da Teresa che, con gli occhi lucidi e il segno delle mie mani sulla gola, mi osservò stupita. Mi alzai dal pavimento, pronta ad aggredirla una seconda volta, e una delle guardie mi afferrò e mi ficcò nel collo una siringa.
Sentì tutti i muscoli del mio corpo rilassarsi e, prima di poter capire cosa fosse successo, i miei occhi si chiusero.

[...]

Mi risvegliai in una stanza che non era la mia. Ero stata distesa sopra ad un letto e ammanettata ad esso. Mi guardai, confusa, attorno: le pareti erano del solito e monotono bianco, con qualche quadro appeso e due fotografie rappresentanti due bambine e una donna, giovane e bella.

«Era la stanza di tuo padre» disse una voce alle mie spalle, quella di Janson «Era un grande uomo e un militare molto caparbio, il migliore della sua divisione. Però aveva un gran difetto, sai? Amava contraddirmi.»

Cercai di voltarmi per guardarlo ma le manette non mi permettevano di muovermi. Fu lui ad assecondarmi e a posizionarsi di fronte al letto, sorridendo di sottecchi.

«Tu gli somigli, caratterialmente parlando. Sei testarda, caparbia e, come lui, ti diverti a contraddirmi» disse, poi si prese qualche attimo per pensare alle parole successive «Non te lo consiglio, comunque. Questo suo brutto vizio l'ha fatto uccidere.»

«Di che stai parlando? Mio padre–»

Mi interruppe «So benissimo qual è la storia che gira sulla morte di tuo padre, tesoro. Ma quelle sono solo voci. Ho chiesto io di farlo uccidere quando ho notato che si stava intromettendo troppo in questioni che non lo riguardavano.»

Sentì il sangue ribollirmi nelle vene e cominciai a dimenarmi come una pazza, smanaccando e scalciando. Le manette producevano un rumore metallico contro la testiera del letto e tutto quello che riuscì ad ottenere fu un sorriso beffardo sulle labbra dell'uomo di fronte a me.

«Io gli diedi la possibilità di schierarsi dalla mia parte, ma lui continuava a rifiutare. Non mi ha dato scelta.»

«Sei un bastardo.»

«Io ti sto dando la possibilità di salvarti il culo, Kathrine. Così come ho  fatto con tuo padre, e lui ha scelto di morire. Non fare lo stesso errore.» disse spostandosi al mio fianco.

«Lo stai dicendo solo perché vi faccio comodo da viva.»

Lui si portò due dita sotto al mento, fingendo di pensarci su «È qui che ti sbagli. A te fa comodo restare viva perché sei troppo vigliacca per farla finita, perché hai paura del dopo. Ce l'hai sempre avuta, anche da piccola» mi sorrise lui, consapevole di aver colpito il punto giusto per ferirmi «Ogni sera mi chiedevi dove si finisse una volta morti, perché ti preoccupavi per tua madre e avevi paura che fosse persa da qualche parte, senza una dimensione o un luogo dove stare in pace per sempre» sorrise di nuovo quando notò la mia prima lacrima solcarmi la guancia «Cerchi di darla a bere a tutti con quell'aspetto da dura che ti ritrovi, ma alla fine non sei altro che una bambina spaventata, ed io lo so bene perché ti conosco meglio di quanto tu conosca te stessa» mi accarezzò con il pollice lo zigomo umido dalle lacrime e io cercai di ritirarmi «Non giocare con me, perché io so esattamente dove colpirti per farti crollare.»

𝗧𝗛𝗘 𝗖𝗥𝗔𝗡𝗞𝗦 ━ 𝖙𝖍𝖊 𝖒𝖆𝖟𝖊 𝖗𝖚𝖓𝖓𝖊𝖗Where stories live. Discover now