Breath and Rooms

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Nonostante fosse ora di pranzo, un silenzio assordante gli accarezzava la pelle. Cercava di respirare piano così da poter sentire meglio quel poco rumore che lo circondava, da lontano poteva sentire il parlottare lieve del gruppo di ragazzi dentro alla mensa.

Si passò una mano tra i capelli corti e neri, sospirò e fece dei passi in avanti.

Chiuse gli occhi, in mezzo a quelle urla, c'era un piccolo fiato veloce, affannato che riecheggiava nel corridoio delle camere da letto. Era ovattato, lieve, ma poteva sentirlo.

Anche Niall lo sentiva, ma lui rimaneva immobile dentro alla sua stanza, senza staccare gli occhi dal muro dall'altra parte della stanza, lo sentiva e voleva che smettesse. Era angosciante e lui era quasi stufo di quella sensazione.

Teneva le braccia incrociate davanti al petto, le strinse, sempre di più. Voleva ammazzarsi ed ammazzare quel respiro veloce e frustato a qualche stanza da lui, non al suo posto. Quel respiro doveva essere davanti al suo, dovevano mischiarsi e tenersi in aria l'uno con l'altro, provava quasi rabbia verso quel respiro.

Perchè l'aveva lasciato solo.

Scosse la testa, in realtà la rabbia non era davvero presente, era stanco. Appoggiò la testa contro le gambe che aveva portato più vicino a se.

Era stanco e sapeva che anche quel respiro in lontananza lo era, ed esso era anche spaventato. Come lo era Niall.

Perchè, nonostante tutti quei mesi che aveva potuto pensare alla sua libertà. Quel pomeriggio gli sembrava così lontano, tutto tranne l'idea di avere una data di scadenza.

Quando Greg entrò nella sua stanza, non sapeva, ma in qualche modo era sicuro che qualcosa lo stava per ostacolare. E che quel ostacolo avrebbe messo in difficoltà anche quel respiro insicuro. Sapeva anche che quel respiro non lo avrebbe abbandonato, perchè se anche avrebbe provato paura sarebbe andato avanti, fino alla fine.

Conosce abbastanza bene quel respiro per dire che non si sarebbe arreso, e andavo avanti così loro due, con la speranza che l'altro non avrebbe mai smesso di sperare in qualcosa di più grande e probabilmente irraggiungibile.

Abbassò la testa dopo aver dato un'occhiata alla stanza numero 105, quella di sempre, quella che lo aveva accolto il primo giorno con una nota di pazzia. Non aveva mai urlato così tanto in vita sua, e non si dimenticherà mai dei visi delle persone che lo guardarono perdere per l'ultima volta il controllo, alcune erano inorridite perchè sapevano quello che aveva fatto, altre avevano una sfumatura di compassione, forse perchè vedere un ragazzo di neanche vent'anni essere ridotto così male era una brutta cosa.

Si ricordava quando era rimasto in quella stanza da solo per giorni.

Appoggiò la testa sulle gambe, il respiro in lontananza si fece più forte e lui chiuse gli occhi.

E Zayn fece un altro passo lungo il corridoio, i suoi occhi saettarono da una porta di ferro all'altra, i numeri scritti spessi e in un nero, che risaltava anche fin troppo in tutto quel bianco, gli passarono davanti agli occhi.
Come prima cosa si impuntò verso la 105, si tirò giù la maglia verde e aggrottò le ciglia.

Dopo qualche passo si fermò, un cipiglio crebbe sul suo volto quando sentì un piccolo sussulto, quel respiro si era fermato e si era trasformato in un silenzioso pianto.

Zayn guardò la porta da cui proveniva il suono e si sentì quasi morire, era la sua. La stanza in cui aveva pianto fin troppe volte per quello che aveva perso.

Aprì la propria porta con cautela, aveva paura di quello che avrebbe trovato, invece gli fece solo male al petto.

Mavis era seduta sul letto, nell'angolo in cui esso si incontrava con il muro, era raggomitolata in se stessa mentre un pianto soffocato le usciva dalle labbra, Zayn aveva davanti il respiro angosciante ma non era sicuro di essere felice del fatto di averlo trovato.

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