15. Pronta?

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I miei piedi si muovevano velocemente, li osservavo con il capo chino, cercando di concentrarmi sulle scarpe: le stringhe bianche in contrasto con il nero della pelle, gli occhielli leggermente usurati e un graffio sulla punta rendevano tutto l'insieme vissuto, ma autentico.

Corrucciai la fronte ripensando alle parole di Doug; perché era tutto così maledettamente anomalo tra di noi? Possibile che non riuscisse a capire quello che provavo per lui? Avrei forse dovuto essere più esplicita, più coraggiosa. Oppure aveva capito benissimo e mi stava evitando, per non dirmi apertamente che non era interessato a me, almeno non in quel senso.

La pressione, che sentivo pulsarmi nelle tempie, si faceva via via più forte. Sollevai il cappuccio sopra la testa, mi strinsi nelle spalle e lasciai che le lacrime, trattenute troppo a lungo, solcassero copiose le mie guance.

La poca gente che a quell'ora popolava già le strade di New York, non si accorse nemmeno della mia presenza, del fatto che stavo camminando e piangendo nello stesso momento. Mi sentivo un fantasma, piccola, insignificante, ingenua. Feci il tragitto per arrivare a scuola senza nemmeno accorgermene, in automatico. Conoscevo ormai ogni angolo di quel quartiere, ogni fermata della metropolitana, anche le persone che incrociavo sembravano sempre uguali.

Entrai spalancando la porta a vetri, volevo rifugiarmi da qualche parte, e la scuola era l'unico posto che conoscevo. Percepii subito odore di pulito e un silenzio inusuale; essendo molto presto non c'era ancora nessuno, tranne la donna delle pulizie che mi guardava stranita, visto che stavo calpestando il pavimento ancora bagnato.

"Mi scusi tanto... io non volevo..." Mi misi a camminare in punta di piedi, cercando di arrecare il minor danno possibile, asciugandomi le lacrime con il bordo della felpa.

"Tesoro, sei in largo anticipo stamattina." Jason mi colse di sorpresa, dato che il suo ufficio era posizionato a due passi dall'ingresso.

"Sì... io... non riuscivo a dormire."

Mi squadrò per alcuni istanti, poi si alzò dalla sedia. "Ma che ti succede, hai una faccia? Non sarai mica preoccupata per la prova di oggi?"

"Ehm... no, non è per quella..." Non sapevo come giustificarmi.

Jason si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla. "Non voglio sapere cosa ti turba, ma ti scongiuro, usalo per danzare. Esprimilo, lascialo uscire, sfoga le tue emozioni. Sono sicuro che poi ti sentirai meglio."

Lo guardai dubbiosa, stupita da quell'improvviso suo lato amorevole. "Ok... lo farò!"

Data l'ora mi ritrovai ad avere la sala prove tutta per me. Cominciai a muovere qualche passo, a volteggiare, a concentrarmi sul controllo delle gambe e dei piedi. Lentamente il nodo allo stomaco si allentò e i pensieri cominciarono gradualmente a offuscarsi, fino a dissolversi quasi completamente.

Quando il salone cominciò pian piano a popolarsi, visto che avevo bisogno di tranquillità per iniziare a prepararmi mentalmente alla prova, andai a sistemarmi nel mio solito angolo. Iniziai a respirare aprendo più volte la cassa toracica, poi rilassai le scapole e infine srotolai la schiena, toccando con le dita le punte dei miei piedi.

Guardando gli altri ragazzi ragionai sul fatto che, da quando Jason mi aveva messo in coppia con Daniel, la mia reputazione non era affatto migliorata, anzi, semmai era peggiorata. Le ragazze mi guardavano di traverso e avevo notato, in più di un'occasione, che appena entravo negli spogliatoi, abbassavano il tono di voce. La cosa non mi turbava più di tanto, perché io non avevo bisogno della loro amicizia.

Ero ancora a testa in giù quando Kate entrò inaspettatamente nel mio campo visivo. "Ciao, come va?" Mi sollevai di scatto, tanto che mi girò lievemente la testa. "Sei pronta per oggi? Lo ammetto per me è stata dura."

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