44. Un anno e mezzo dopo...

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Chiusi gli occhi e reclinai la testa all'indietro. Portando le mani verso l'alto agguantai il cuscino che si trovava proprio dietro di me e lo strinsi, fino a far affondare le unghie nella stoffa. Lui era in piedi davanti a me e con le sue grandi mani mi teneva per i fianchi. Quando li sollevai iniziò ad accompagnarli avanti e indietro sempre più velocemente. Curvai la schiena e lo sentii ancora più in fondo. Il nostro ritmo aumentò e non volevo che si fermasse, non proprio quando quel momento di totale assenza dal mondo stava raggiungendo la mia testa.

«Taye... non smettere.»

Mi afferrò ancora più saldamente, appoggiò un ginocchio al materasso e mi penetrò con decisione. Il mio piacere salì sempre più in alto e la mia mente si azzerò per una manciata di secondi.

Uno, due, tre, quattro, cinque.

Era in quel piccolissimo lasso di tempo che stavo finalmente bene, non esisteva più nulla: nessuna preoccupazione, ansia, solitudine, fame o sete. Niente. In quel vortice mi annullavo, scomparivo, il mio cervello diventava un encefalogramma piatto, senza alcun segno di vita.

L'orgasmo arrivò impetuoso facendomi urlare e ritornare alla realtà nello stesso istante. Con il respiro accelerato e il cuore che batteva impazzito abbassai le palpebre e allentai la presa, godendomi ancora quegli attimi di pace e di momentanea confusione mentale.

Quando lo sentii uscire da me aprii gli occhi e osservai Taye in tutta la sua bellezza: alto, statuario, con le spalle larghe e i muscoli dell'addome perfettamente scolpiti. Abbassò la testa lucida e imperlata di sudore e con un banale gesto si sfilò il preservativo per poi annodarne l'estremità.

Quando alzò il capo mi rivolse un sorriso benevolo, mostrandomi i suoi denti bianchi in contrasto con la pelle scurissima. «Posso farmi una doccia?»

«Certo, fai pure.» Mi rialzai dal letto e poggiai i piedi sul pavimento freddo; avrei voluto rifugiarmi tra le lenzuola e dormire, ma non potevo rimandare ancora. «Io devo uscire. Per favore potresti chiudere tu e lasciare la chiave a Charlie giù in portineria?»

Taye controllò l'orologio e fece spallucce. «Nessun problema. Ci vediamo martedì prossimo?»

Dirigendomi verso l'armadio guardai verso l'alto pensosa. «Sì... non dovrei avere impegni.» Aprii l'anta e allungai le braccia in cerca di vestiti puliti. «Ma sempre verso le ventuno, non prima.»

«Perfetto.»

Poco dopo ascoltai l'acqua della doccia scorrere. Infilai degli slip e poi passai entrambe le gambe in un paio di jeans, saltellando sul posto per farli salire del tutto e infine inserii il bottone nell'asola. Era da incoscienti lasciarlo solo in casa mia, visto che praticamente non sapevo nulla di lui. Taye faceva il tecnico delle luci e ci eravamo conosciuti a uno spettacolo in cui avevo ballato. L'attrazione fisica tra di noi fu immediata e, saltando del tutto i convenevoli, decidemmo di comune accordo di trovare un giorno a settimana per vederci e fare sesso; quello del martedì era diventato il nostro appuntamento fisso, ma nulla di più. Dopo aver sfogato i nostri primordiali bisogni, ognuno ritornava alla propria vita e soprattutto nessuno faceva domande personali di alcun tipo.

Feci passare per il collo una maglia leggera e raccolsi i capelli in una coda alta. Mi piegai sulle ginocchia e feci scorrere l'ultimo cassetto. Le mie mani raccolsero delicatamente la felpa blu custodita al suo interno e la strinsi al petto. Attraversai veloce il corridoio e una volta arrivata nel grande salone agguantai la borsa dal divano grigio, richiudendo la porta alle mie spalle.

Appena salii in ascensore mi osservai allo specchio e come sempre faticavo a riconoscermi in quella nuova veste. Fisicamente non ero cambiata molto, ero un po' più alta e i miei capelli più corti, ma dentro mi sentivo diversa. Ciò che non ti uccide ti fortifica, avevo letto quella citazione da qualche parte, e mi aveva colpita, anche se non positivamente. Io più che rinvigorita ero diventata cinica, distaccata, il mio cuore si era indurito come una pietra. Inscalfibile.

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