Capitolo 6.

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Aveva una semplice matita nera, niente di troppo raffinato, e non aveva neanche una gomma a portata di mano.
Solo lui, una matita e il suo quaderno blu.

Era il suo quaderno dei progetti e delle idee; era pieno di schizzi di progetti mai realizzati, surreali e bellissimi.
Era il quaderno dei sogni di Cesare; racchiudeva le creazioni fatte per divertimento, fatte per la pura voglia di disegnare.
Quel quaderno racchiudeva la sua passione per l'architettura.

Passava da raffigurare edifici storici da lui progettati a modernissimi grattacieli futuristici; erano creazioni magnifiche che non faceva vedere a nessuno.

Qualche volta i suoi amici avevano avuto l'onore di osservare una o due opere ma Cesare mai aveva lasciato loro tutto il quaderno; lo conservava con gelosia.

Quel pomeriggio, invece di iniziare a lavorare sui fogli da lavoro per il progetto dei Giapponesi, da consegnare prima di Natale, aveva deciso di fare un abbozzo sul suo quaderno.
Non voleva prendersi troppo sul serio ma si sentiva ispirato e voleva buttare giù qualche idea, nonostante la testa gli esplodesse dopo la bevuta della sera prima.

Al tavolo con lui i suoi amici lavoravano al computer, sbrigando le solite questioni amministrative per quanto riguardava Tonno e Dario, mentre Nelson, in casa e non in terrazzo come loro, era in videoconferenza con la loro sede di New York per un progetto che aveva come scadenza metà Settembre.

Si era distratto un attimo a guardare l'amico, un attimo solo; eppure, quando si parlava di quel piccoletto, un attimo era più che sufficiente.

"È davvero un albero quello che vedo dentro l'ingresso di questo palazzo?"
Chiese, sporgendosi dalla sedia al suo fianco per vedere il disegno di Cesare.

Dario non alzò lo sguardo dal computer ma sorrise mentre Tonno, dall'altra parte del tavolo, si sporse in avanti.

"Non è giusto che Nicolas guardi il tuo quaderno, a me hai fatto vedere un disegno solo ED ERA UN BAGNO"

Cesare alzò gli occhi al cielo e chiuse il quadernetto, massaggiandosi la fronte.

"Biondo, non urlare che ho un mal di testa massacrante o davvero l'ultima cosa che vedrai sarà il mio quaderno sulla tua faccia" disse, serio e a bassa voce.

"E tu" continuò, puntando gli occhi su Nicolas che gli sorrise.

Non si era accorto che fosse così vicino a lui con la sedia.
Quando disegnava Cesare si isolava dal resto dal mondo: rimaneva lui, la matita e il foglio, niente di più.

Si riscosse dal sorriso del più piccolo.

"Tu, non stavi studiando per un esame?"

Nicolas sbuffò.

"Sto studiando da tre ore, e davvero non so come tu faccia: non hai mai fatto una pausa da quando mi sono seduto al tavolo ed eri già qui quando sono arrivato e soprattutto NON HAI MAI CANCELLATO"
Disse, prendendogli il quadernetto dalle mani per ammirare il disegno da vicino.

Cesare non fece niente per fermarlo.
Lo guardò, col solito ghigno, felice perché il piccoletto stesse elogiando le sue doti nel disegno.

Se c'era qualcosa di cui Cesare poteva vantarsi era il disegno; quello era il suo dono.

Il ghigno però passò subito, trasformandosi in un sorriso dolce mentre guardava il ragazzo dagli occhi color pece.

Aveva scoperto che per leggere, studiare e stare al computer metteva gli occhiali, occhiali dalla montatura sottile che gli donavano particolarmente, e si concesse qualche secondo per ammirarlo come se fosse una delle opere d'arte più belle che avesse mai visto.

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