Capitolo 13.

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Qualcuno alla sua sinistra gli toccò il braccio.

Cesare, leggermente assonnato, si tolse la mascherina nera dagli occhi; aveva sperato di poter dormire almeno una mezz'oretta, ma non ci era riuscito.
Troppi pensieri per la testa, pensieri che non era riuscito a tacere neanche con la musica al massimo volume delle sue AirPods.

"Dai Cesi, siamo arrivati" Disse Tonno, alzandosi dal suo comodo sedile in prima classe e prendendo la sua valigia.

Cesare tolse del tutto la mascherina e guardò fuori dal finestrino dell'aereo, sorridendo istintivamente.

Almeno, nonostante i problemi, avrebbe passato qualche giorno di tranquillità.

Si mise sulle spalle la sua borsa in cuocio nera che aveva portato per quei due giorni e seguì Tonno fuori dall'aereo.

Non appena mise un piede fuori sentì un forte odore di salsedine e la mente tornò rapida all'estate finita, ai bei ricordi che gli aveva lasciato.

"Stiva e Frank dovrebbero essere fuori dal nostro gate sulla destra" Disse Tonno, guardandosi in giro per trovare gli amici.

Cesare annuì in silenzio, la mente già proiettata a quel weekend, alla sorpresa che avrebbe visto negli occhi di Nic vedendolo arrivare, lui che era convinto che l'avrebbe rivisto dopo due settimane alla sua laurea.

Passò tutto il viaggio in macchina con Stiva e Frank, gli unici a sapere della loro sorpresa, immaginando la faccia stupita del suo piccoletto, il cuore che ogni secondo diventava più leggero, come se tutti i suoi problemi fossero rimasti a Milano e non avessero mai raggiunto quell'isola.

Salutò Tonno quando scese sotto casa di Martina, dicendogli che si sarebbero rivisti quella sera in hotel e poi Stiva ripartì, diretto ad un luogo che conosceva bene.

Sorrise divertito.

"Ma non dovrebbe studiare per la laurea quel nano?" Chiede guardando Stiva attraverso lo specchietto retrovisore.

"Sai che quando è agitato va sempre lì" Rispose Frank.

Si, lo sapeva bene.

Quando, dopo cinque minuti, salutò gli amici e scese dall'auto, rimase come paralizzato.

Si rivide lì, due mesi prima; un caldo da togliere il fiato, il nervoso nelle vene per la macchina rotta.

Sorrise guardando il cancello dell'officina del nonno di Nic e, con un passo deciso, andò a citofonare.

Nessuno rispose ma, dall'altra parte del cancello, sentì dei movimenti.

"Siamo chiusi questo weekend" Disse una voce ovattata dall'altra parte, voce che gli scaldò subito il cuore.

Per tutta risposta suonò ancora, facendo finta di non aver sentito, deciso ad esasperare il suo piccoletto ancora prima di vederlo.

"Arrivo arrivo" Lo sentì dire mentre apriva il cancello.

Questo si aprì e lui, con il suo miglior ghigno, disse solo:
"Possibile che per farti studiare per questa laurea io sia dovuto venire fino a qui?".

Nicolas inizialmente sgranò gli occhi, allibito.
Restò fermo, biascicando qualcosa che a Cesare suonò come "ma non avevi una riunione di lavoro oggi?".

Alzò gli occhi al cielo divertito.

"È troppo facile con te piccoletto, ci caschi subito" Disse sorridendo, ma Nicolas restò ancora fermò immobile sul posto.

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