Capitolo 16.

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Con un piccolo sorriso sul viso appoggiò la testa sulla spalla di Cesare, mentre il taxi su cui erano appena saliti sfrecciava per le vie di Milano.
Sentì Cesare sorridere piano e accarezzargli la testa, mentre il suo sguardo era fisso sul finestrino e sul paesaggio circostante.

Il cuore di Nic era in pace, così come il suo animo; quei due giorni gli avevano davvero fatto bene.
Erano stati solo loro due: tutti i problemi, tutti i segreti e le incomprensioni dimenticati.

Era probabilmente quello di cui avevano bisogno: stare soli, immersi in una bolla di sapone.

Chiuse gli occhi pensando intensamente agli eventi di quei giorni.

Rivide Cesare in aeroporto che gli correva incontro, abbracciandolo.
Con prepotenza sentì le stesse emozioni di quel momento: il calore alle guance, il cuore che correva veloce, i muscoli che si rilassavano.
Ricordò quegli occhi verdi, felici come poche volte li aveva visti e allo stesso tempo velati da una sottile tristezza e malinconia che Nic associò alla discussione avuta nei giorni precedenti.

Sentì in quell'abbraccio tutto quello che Cesare non riusciva a dirgli, tutto l'amore che aveva per lui; per Nic quello bastava, in quel momento andava bene.
Avrebbero avuto tempo per risolvere i problemi, i segreti e le incomprensioni.
Avevano tempo.

"Non possiamo tornare indietro?" Chiese Nic, alzando la testa per guardare Cesare negli occhi.

Il più grande si riscosse, distogliendo lo sguardo dal finestrino e tornando presente a se stesso. Era assorto nei suoi pensieri da quando erano saliti sul taxi una decina di minuti prima.

Sorrise, un sorriso che non si estese agli occhi però.

"Sarebbe bello, vero? Rimanere qui per sempre, rivivere questi due giorni per sempre"
Disse, quasi più a se stesso che a Nicolas.

Poi gli accarezzò i capelli e tornò a guardare fuori dal finestrino, lasciando una sensazione strana al centro del petto del più piccolo.

Nic però usò tutte le sue energie per scacciarla via: stavano per separarsi ancora, lui che sarebbe tornato a casa e Cesare a New York.
Non aveva assolutamente bisogno di crearsi altri problemi, non dopo quello che era appena successo.

Tornò a pensare al loro weekend.
Chiuse gli occhi e si rivide con in mano un pacchetto di popcorn gigante, mentre Cesare al suo fianco lo prendeva in giro, facendogli notare che probabilmente quel sacchetto di popcorn era più grande di lui.

Fu catapultato al giorno prima, a quei momenti così preziosi, al rumore di fondo che c'era lì, all'Europark all'idroscalo di Milano, all'odore di frittelle, alle classiche musiche da luna park, alla gente intorno a loro che rideva a si divertiva.

A Cesare che gli rubava i popcorn dalla bocca, usando quella scusa per baciarlo.

A Cesare che senza vergogna gli teneva la mano.

A Cesare che, come un cliché, si lanciava verso la bancarella con le lattine da abbattere con la pistola, pronto a vincere un orsacchiotto gigante da regalargli.

Istintivamente accarezzò quell'orso di peluche che aveva tra le gambe in quel momento, sorridendo.

Ricordava ancora, come se la scena stesse succedendo davanti a lui in quell'esatto momento, il sorriso di Cesare che si estendeva ai suoi occhi e quindi alla sua anima, mentre orgoglioso della sua vittoria, gli dava l'orso in mano, baciandolo.

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