Capitolo 7.

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Si sdraiò sopra al telo, sul pontile della barca, deciso a riposarsi un po', desideroso, come da qualche giorno a quella parte, di potersi schiarire le idee.

Dopo l'appuntamento non appuntamento di ormai una qualche sera prima, Cesare era tornato ad essere il solito Cesare nei confronti di Nicolas; sarcastico e apparentemente distaccato.

Eppure, non era più in grado di toglierli gli occhi di dosso; Nicolas lo sorprendeva spesso ad osservarlo e, quando capitava, anche Cesare capiva di non potersi nascondere.

Gli sorrideva quindi, con quel sorriso dolce usato solo quella sera e questo faceva tranquillizzare Nicolas.
Era consapevole del fatto che Cesare avesse mille demoni al suo interno, benché lui ne conoscesse uno solo, e pensò che stesse cercando di far chiarezza.

Ma, nonostante questo, non lo lasciava un attimo, anzi, gli gironzolava sempre in torno perché voleva fargli capire che lui non lo aveva rifiutato.
Ormai era un pallino fisso per il più piccolo; voleva essere certo che il raffreddamento del più grande non fosse a causa sua, della sua incomprensione, ma per altro.
Quindi si aggrappava a quei sorrisi, gli unici momenti che Cesare gli concedeva per vederlo
davvero, sperando che ci fosse sotto qualcosa che non dipendesse da lui perché, altrimenti, non si sarebbe dato pace; era cotto di quel ragazzo impossibile.

Quel pomeriggio Cesare voleva solo un po' di pace, un momento per mettere insieme le idee, un momento per capire se poteva aprirsi con Nicolas; lo conosceva da neanche un mese, poteva davvero farlo?

Inoltre, anche se avesse deciso di aprirsi al più piccolo, lui stesso sarebbe rimasto?
Dopotutto quando succedeva qualcosa di serio scappava sempre, non capiva perché con Nicolas dovesse essere diverso.

Su una cosa era certo però; con lui sarebbe stato o tutto o niente, non si sarebbe accontento di una mezza misura.

Per quello che aveva potuto vedere, Nicolas valeva molto più di un bacio o addirittura altro, perciò non voleva fare passi falsi, per lui e un po' per se stesso perché si stava affezionando troppo.

Così, mentre pensava e rimuginava sul da farsi, Nelson gli si sedette affianco.

"Sai, ci stavamo tutti chiedendo cosa fosse successo tre notti fa perché ne tu ne Nicolas volete parlarne" Disse, andando dritto al punto.

"Niente peli sulla lingua vedo" Replicò Cesare, tenendo gli occhi chiusi, godendosi il sole e il rumore delle onde.

"Comunque non è successo niente tre notti fa; abbiamo bevuto del vino in giro per la città e siamo tornati a casa, niente di più"

Peccato che quel niente di più nascondesse l'abbraccio di Nicolas, la voglia dei due di stare sempre più vicini, la provocazione di Cesare e nessuna sigaretta accesa per una notte intera, record mai visto in dodici anni da fumatore.

"Si, concorderei con te, visto che apparentemente vi trattate come avete sempre fatto; peccato che io conosca bene sia te che lui" Replicò Nelson, mettendosi a sedere e guardandolo fisso.

Cesare allora aprí gli occhi; voleva far finire quella conversazione il più in fretta possibile.

"Senti Sherlock Holmes, dove vuoi andare a parare?"

"Ho notato come lo guardi quando pensi che nessuno ti stia osservando e non puoi fingere che sia normale per te"
Disse, restando in silenzio per osservare la sua reazione ma Cesare fu impassibile.

"E ho notato come ti guarda Nicolas da quella sera; c'è speranza nei suoi occhi ma anche timore e non riesco a capire cosa sia successo, ma sono certo che QUALCOSA sia successa".

"Quindi in sintesi non hai nessun dato concreto. Ti lascio al tuo lavoro Sherlock" disse Cesare, alzandosi e salutandolo con la manina, mentre andava verso la cabina della barca a vela per prendersi una birra.
La conversazione era finita e Nelson lo guardò allontanarsi, frustrato.

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