Capitolo 31

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Iris e Bucky si erano spostati in un'altra casa, anche se lei non ne aveva capito il motivo.
Anche questa era abbastanza semplice, ma aveva un aspetto meno decadente della precedente e si trovava in una zona abitata. Il giardino all'esterno era incolto, ma non arido, anzi: i ciuffi d'erba arrivavano alle caviglie. All'interno la casa aveva pochi mobili sicuramente non nuovissimi, ma almeno non c'era nessuno strato di polvere a ricoprire tutto e nemmeno delle lenzuola.
Inoltre, intorno c'era un po' di vita in più, si sentivano i bambini giocare insieme e le macchine passare di tanto in tanto.
Forse la prima casa aveva lo scopo di non dare spettacolo con un eventuale scontro, ma la corvina non volle accettando di questa teoria.
«Possiamo stare qui finché le cose non si sistemeranno.» le spiegò Bucky.
«Non so se è giusto che tu stia qui.» gli confidò la corvina. Steve l'avrebbe odiata ancora di più e non sarebbe stata una buona cosa.
«Capiranno.» si limitò a rispondere lui, scrollando le spalle.
«Spero davvero che sia così. Ho fatto proprio un casino.» era sincera. Solo adesso stava iniziando a metabolizzare tutto ed a rendersi conto di essere stata una stupida.
«L'importante è voler rimediare.» la consolò il moro, ed effettivamente quello sembrava essere diventato il suo mantra.
Si sedettero sul divano, uno di fianco all'altra, così Iris si appoggiò all'uomo, che la cinse con il braccio, appoggiando l'altro allo schienale.
«Non ti ho mai chiesto se sentissi tutto, con quello.» domandò implicitamente la corvina, indicando il braccio in vibranio con un cenno del capo.
«È una strana sensazione. Posso sentire tutto, il calore del tuo corpo, ad esempio...» prese ad accarezzarla «o la tua pelle liscia. Ma è come se fosse una sensazione distante. Come se fosse il corpo di un altro.» cercò di spiegarle.
«Beh, se fosse così dovresti essere geloso» lo prese in giro lei.
«Ah, dici?» stette al gioco il soldato, prima di baciarla ancora.
Sarebbe sembrata una scena normale, se non si fosse tenuto conto di come erano giunti a quel momento.

«Mi manca, sai? Intendo Tony. Mi piaceva il suo modo irritante di fare. Mi metteva di buon umore.» confessò la ragazza.
«Metteremo le cose a posto, Iris. Ma adesso riposiamo, è tardi. Devi essere davvero fuori di te per dire che ti manca quel rompiscatole.»
Si addormentarono così, uno di fianco all'altra, vicini come non mai.

[...]

Iris si svegliò e controllò Bucky, che dormiva ancora alla sua destra. Il suo volto era rilassato, forse era la prima volta che lo vedeva dormire serenamente.
La luce del sole filtrava dalle finestre chiuse, segno che ormai l'alba era già sorta da un pezzo. Si alzò ed andò verso la porta, aprendola per guardare fuori e prendere una boccata d'aria.
La brezza mattutina le dava un senso di freschezza indescrivibile, aveva un odore diverso dal resto del giorno, sembrava quasi pulirle i polmoni.
Si sedette sul gradino davanti alla porta, osservando un po' quello che aveva intorno. Altre case si succedevano tutte di fila e alla fine della strada si scorgeva il sole, che si alzava sempre di più nel cielo. L'erba era ricoperta di goccioline d'acqua, il che la faceva risaltare ancora di più.
Mentre fissava l'erba, però, qualcosa si mosse facendo vibrare i ciuffetti verdi. Iris pensò che potesse essere qualche piccolo animale, così si alzò e andò a vedere che cosa fosse.
Effettivamente non si era sbagliata, spostando i fili d'erba che le impedivano la visuale vide un piccolo serpente verde scuro, così scuro che sembrava quasi nero. Le venne in mente Loki. In qualche modo quell'esserino le ricordava suo fratello. Questo non tentò nessun attacco nei suoi confronti, così Iris lo prese e se lo poggiò sul palmo, dove, piccolo com'era, ci stava tutto, raggomitolato su se stesso. Notando quanto fosse freddo, lo portò con se in casa. La temperatura in casa era sicuramente più alta ma forse non abbastanza, per cui la ragazza prese un plaid dalla camera da letto - che non si sa per quale motivo avevano deciso di non sfruttare quella notte - e lo poggiò sul letto, depositando il serpente al suo interno e coprendolo, ma non del tutto.
Bucky la raggiunse in quel momento, cingendola da dietro, mentre dava le spalle alla porta. Iris saltò sul posto, senza i suoi poteri era più esposta ai pericoli e non lo aveva sentito arrivare.
«Cosa fai?» le chiese lui, ignorando quel segnale, per cui Iris lo ringraziò mentalmente, anche arretrò leggermente.
«L'ho trovato fuori. Mi sembrava infreddolito.» gli spiegò Iris, scoprendo leggermente il serpente, che non si smosse.
«Come mai hai scelto di prenderlo?»
«Loki ha sempre amato i serpenti, ha trasmesso questa passione anche a me.»
Bucky sorrise.
Se gli altri la conoscessero come lui, non avrebbero alcun dubbio su di lei. Le baciò i capelli.
«Hai già pensato a cosa fare con Tony?» cambiò discorso.
«In realtà ho una mezza idea, ma ho bisogno del tuo aiuto. E anche del suo.» disse, accarezzando il dorso del serpente.
«Cosa dovrei fare, con un serpente?» le chiese il moro, sorridendo curioso. La sua capacità di arrangiarsi gli era sempre piaciuta, nella sua vita non c'era mai stato spazio per l'improvvisazione, ma la stava rivalutando.
«Devi comprargli un terrario, è ovvio. E porterai con te anche Steve. Posso combattere con una sola persona per volta. Combattere metaforicamente, s'intende.» scherzò la corvina.

[...]

Iris si fece dare un passaggio fino alla base degli Avengers, poi si allontanò per fare un giro, in modo tale da consentire a Bucky di partire con Steve senza che quest'ultimo la vedesse.
Non lo temeva, sapeva che lui non era tipo da fare del male, soprattutto perché non voleva ferire il suo migliore amico.
Per quanto non le andava a genio l'idea di 'tramare' alle sue spalle e di coinvolgere Bucky - e ovviamente anche Nat e Thor - sapeva che era l'unico modo possibile per tentare di tornare lì.
In realtà sarebbe potuta stare in qualsiasi altro posto, non le sarebbe importato, ma doveva sapere di essersi riconciliata con loro e avrebbe lottato per farlo. Non poteva scappare per sempre.
Ormai si era spinta a qualche isolato dalla base, immersa com'era nei suoi pensieri, ma pensò che fosse il caso di temporeggiare un altro po', così decise di chiamare Trevor per dirgli che stava bene.
Entrò in un supermercato abbastanza fornito, fortunatamente vista l'ora - erano circa le dieci e mezza del mattino - non era particolarmente affollato, dato che molti erano al lavoro. Si diresse verso un dipendente e gli chiese di poter fare una telefonata, inventando di aver perso il suo cellulare e di voler avvisare il suo ragazzo, così questo le prestò il suo.
Compose il numero di Trevor, probabilmente l'unico che aveva imparato a memoria, ed aspettò un paio di squilli prima che si sentisse una voce all'altro capo della linea.
«Pronto?» fece questa voce.
«Trevor, sono io, Iris.»
«Oddio, Iris, stai bene? Ho provato a cercarti ma-» Iris si prese un attimo ad osservare il commesso, che sembrava un po' turbato dal suo discorso, per cui bloccò il suo amico.
«Lo so, lo so... perdonami se non sono riuscita ad avvisarti prima. Ho perso il telefono, me ne sono accorta solo dopo un po' di tempo, mi sa... Comunque sto bene.»
«Dove sei? Devo venirti a prendere?» chiese lui in tono più calmo, probabilmente intuendo che qualcuno era in ascolto.
«Sono ad un supermercato. Non preoccuparti, torno io appena finisco di sbrigare qualche faccenda. A più tardi.»
«A più tardi. E cerca di stare più attenta.» la ammonì lui, falsissimo.
«Va bene. A più tardi.» concluse lei, prima di riagganciare e ridare il telefono al suo proprietario, ringraziandolo.
Aveva dei soldi con sè, così prese il miglior whisky che trovò e un set da due bicchieri di vetro, per poi andare verso la torre.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora