Capitolo 36

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Bucky non riusciva a dormire quella notte.
Iris era tornata nella propria camera e adesso lo spazio che aveva a disposizione si era fatto troppo grande.
Era bastata una sola notte in sua compagnia a ridimensionare quella stanza, che ormai era vuota.
Il terrario era rimasto in camera sua, occupando la scrivania che comunque non usava mai. Iris aveva insistito affinché rimanesse lì, per non destabilizzare ulteriormente il piccolo serpente al suo interno. Il super soldato aveva accettato a condizione che fosse comunque lei ad occuparsene.
Oltre a questo, qualcosa di più profondo lo tormentava: quello che era successo durante l'allenamento di Iris. Non sapeva se aveva fatto la cosa giusta non reagendo contro Natasha, stava per cedere poco dopo che Iris si era decisa ad intervenire. Quando aveva piegato le gambe e si era appoggiato sulle ginocchia, lottando contro se stesso per non staccare la vedova da suo collo, l'aveva guardata. Voleva chiederle: perché? Cosa sta succedendo? Come mai non riesci ad intervenire? Che cosa stai aspettando? Perché non mi hai detto nulla di tutto questo?
Ma schiuse semplicemente le labbra, incapace di dar voce ai suoi pensieri.
Eppure, quando l'aveva guardata negli occhi, il fiato gli venne meno ancor di più. Le sue iridi gli trasmettevano solo una cosa: terrore. Un terrore folle, che le faceva tremare le mani a vista d'occhio anche se le stringeva in pugno. La sentiva implorare la rossa di fermarsi, ma i suoi piedi non riuscivano a sollevarsi da terra. Era distrutta.
Probabilmente solo in quel momento realizzò quanto fosse davvero distrutta.
Fino a quel momento l'aveva sempre vista affrontare tutto di petto, lanciarsi senza aspettare due volte.
Anche dopo il risveglio, aveva mal interpretato come coraggio i segni della sua paura: la fuga dall'ospedale della dottoressa Cho, la gara in auto, l'essersi aperta con loro in quella vecchia casa.
Solo in quel momento realizzò che in realtà lei era terrorizzata. E ora non poteva fare a meno di chiedersi cosa fosse a metterle così tanta paura. Ci mise un po' a mettere insieme la verità e si sentì colpevole per non aver intuito prima quelle cose.
Si rese conto quanto fosse stato egoista a pretendere che lei tornasse da loro e ricominciasse ad allenarsi per combattere di nuovo al loro fianco, senza chiederle nemmeno se era quello che veramente voleva, dandolo semplicemente per scontato.
Eppure, lei non lo aveva mai contraddetto.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo il suo flusso di pensieri. «Un attimo.» disse, prima di alzarsi ed andare ad aprire la porta.
Iris si trovava sulla soglia, con un pigiama di fortuna composta una semplice t-shirt nera decisamente troppo grande ed un pantaloncino.
«Non riuscivo a dormire.»
«Neanche io.» le rispose.
«Ti va di andare sul tetto?» gli chiese, così lui annuì e si richiuse la porta alle spalle, seguendola.
In ascensore furono entrambi silenziosi, riuscirono a sciogliersi un po' di più soltanto quando poterono guardare la città dall'alto, in quel suo intricato groviglio di luci e rumore soffuso.
«Mi dispiace non aver fermato subito Nat. Non credevo avrebbe fatto una cosa del genere.» disse Iris.
«Non devi dispiacerti. Non è stato nulla di che.»
«Come potrebbe...» sorrise lei amaramente «Dopotutto sei un super soldato.» continuò. Ecco il punto: lei non si sentiva alla loro altezza.
«Natasha è semplicemente umana. Ed è forte comunque.» provò a rassicurarla il moro.
«Lei si è allenata per tutta la vita, e comunque ha una predisposizione fisica.»
«Iris, credo che dovremmo parlare di quello che è successo in palestra.»
«Non c'è molto da dire, in realtà.» abbassò lo sguardo, evitando il contatto visivo con il soldato.
«Sembravi terrorizzata.» Bucky non le riportò lo sguardo verso di lui, non voleva forzarla. ama aveva bisogno di parlare, di capire.
«Lo ero.»
«Non permetterò che ti accada nulla. Lo sai.»
Lui si girò a guardarla, concentrata a seguire qualcosa con lo sguardo, forse una macchina, sembrava in lotta con se stessa.
«Oggi è passato Thor. Siamo andati a fare un giro.» cambiò discorso lei.
«Mi ha raccontato di Jane Foster. La loro relazione è piuttosto complicata a dire il vero.» continuò. «Fatto sta che qualche tempo fa lei è venuta a contatto con una delle gemme dell'infinito, acquisendo dei poteri particolari. Il suo corpo non è riuscito a gestire quel potere, ma io-»
«Iris.» la interruppe Bucky, non appena capì dove volesse andare a parare la ragazza. «Non esiste. È troppo pericoloso. E poi tu sei forte anche senza i tuoi poteri, ne hai dato prova oggi. Devi solo riacquistare fiducia in te stessa.» provò a convincerla.
«Quando siete venuti da me lo avete fatto per i miei poteri, non per le mie doti fisiche. Non potrò proteggervi allo stesso modo senza i miei poteri. In battaglia sarei solo un peso.»
«Ti sbagli.»
«Allora guardami negli occhi.» Iris si voltò finalmente nella sua direzione, gli occhi lucidi e leggermente arrossati. «Guardami negli occhi e dimmi che, se dovesse succedere qualcosa, non metteresti la tua vita a repentaglio pur di salvare la mia. Giuramelo.» continuò.
Lui la stava guardando, così forte e fragile allo stesso tempo.
«Non posso. Non sarebbe vero. Non lo sarebbe stato nemmeno prima.» le confessò dopo qualche secondo. «Ma tu mi hai fatto scudo con il tuo corpo dopo appena una settimana. Te lo ricordi?» le chiese e lei annuì.
«So come ci si sente. Ma è il rischio di ciò che facciamo, ne siamo tutti consapevoli. Se credi che per te sia troppo, Iris, non devi fartene una colpa. Ho sbagliato a non chiederti se questo fosse davvero quello che vuoi, ma posso rimediare adesso. Se per te questo non va più bene, basta una sola parola, una sola. E non dovrai più combattere.»
Il super soldato lesse l'incertezza nei suoi occhi, l'esitazione. Il desiderio di una vita di pace, di un po' di riposo.
«E tu?» gli chiese, invece di rispondere alla sua domanda.
«Io continuerò a combattere. Non posso fermarmi, non chiedermi di farlo.» ma lei non lo fece. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Dopo che il moro ebbe pronunciato queste parole, riconobbe nei suoi occhi la scintilla che avevano prima dell'incidente. Eccola, si disse: era tornata.
«Combatteremo insieme. Non posso lasciarti prendere tutto il merito da solo. E poi avrai bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle!» ironizzò.
«Sai, mi sembri un po' gracile ultimamente. Da quanto non ti alleni?» continuò.
Adesso rideva, ma nei suoi occhi c'era ancora un fondo di malinconia.
«Vuoi davvero fare questo gioco con me?» la sfidò lui, capendo di cosa avesse bisogno.
«Con te farei ogni tipo di gioco.» gli rispose con voce sensuale. Il suo corpo non ebbe nemmeno il tempo di elaborare quello che stava succedendo, che si trovò attaccata al muro con corpo del moro che premeva sul suo, mentre la baciava con foga.

It cannot be all there | Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora