18 - Tradiscimi

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Galassia, Asgard.

Il buio era calato su tutta la città di Asgard.
Niente più stelle, niente più giochi di luce dati dai mille colori del cielo.
Solo la notte.

Una notte come mai si era vista in quel luogo. Silenziosa, oscura, fin troppo calma.

La maggior parte degli abitanti dormiva, ma quei sussurri, che viaggiavano nell'aria, raggiunsero le orecchie di tutti. Nessun cittadino scampò a quelle voci, troppo leggere per essere percepite come reali e al contempo troppo chiare per essere considerate come allucinazioni.

Ma altro non erano che la conseguenza del riacquistato potere di Lilith. Finalmente anche la sua parte astrale era riuscita a ricongiungersi del tutto con la sua forma umana. Ogni cosa aveva ripreso il suo posto. E quell'oscurità, quegli strani eventi, ne erano la prova.

Le voci di quelle anime tormentate, che ormai appartenevano a lei, continuavano a vagare senza meta per Asgard. Assicurandosi che ogni cittadino cadesse in un profondo stato di trance, che le avrebbe permesso di scoprire ogni loro segreto più recondito. Intanto, nella stanza della guarigione, Lilith si stava lentamente risvegliando.

Il suo corpo fluttuava, rialzato di qualche centimetro rispetto quella pietra dura e dalla forma rettangolare. Il potere scorreva all'interno delle sue vene, poteva percepirlo, pomparle il sangue e al contempo renderle le ossa molli.

Nella camera erano presenti solo Loki, Kåre e qualche ancella sotto l'inganno del falso Odino. Il Dio osservava la scena con attenzione, non aveva mai staccato gli occhi dalla figura della donna, sin dal momento in cui aveva messo piede in quella stanza.

Ad essere sinceri, non era minimamente sicuro di aver preso la scelta giusta. E ciò che stava accadendo non faceva altro che aumentare le sue paure e dar voce ai suoi dubbi. Era stato davvero un bene far usare la camera della guarigione a Lilith?

Purtroppo non c'era più tempo per tirarsi indietro. La risposta a quella domanda sarebbe arrivata solo quando tutto sarebbe finito.

Un'ombra scura si materializzò sopra il corpo della donna, facendo aggrottare le sopracciglia a Loki e assumere un'espressione sconcertata al suo consigliere. Quella stessa ombra si fuse poi, completamente, con la Dea, ricadendo su di lei e inglobandola.

In pochi secondi, anche tutta quella stanza si ritrovava piombata nell'oscurità più totale. Lo sgomento generale era facilmente percepibile. Le ancelle avevano iniziato a chiedersi cosa stesse succedendo, senza però avere il coraggio di domandarlo a voce alta. Kåre aveva già temuto il peggio, preparandosi psicologicamente ad una possibile morte.

Mentre, Loki si malediva interiormente, per aver permesso alle emozioni di prevalere e di prendere decisioni al posto della razionalità. Nella sua mente stava già pensando a un piano per uscire da quella situazione, che lo vedeva in netto svantaggio.

Ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, quell'ombra iniziò a ritirarsi, lasciando nuovamente spazio alla luce fioca di quella stanza. Rivelando ogni angolo, fino ad arrivare alla pietra, sulla quale, però, non vi era più nessuno.

Allarmato, il consigliere si rivolse subito al Dio degli Inganni. «Dove è finita?» gli domandò, fissando quel sasso possente.

«Non temere, sono qui» a rispondergli fu proprio Lilith. Loki e Kåre si voltarono di scatto, ritrovandosi davanti la Dea. I lunghi capelli legati in una miriade di treccine, le ricadevano morbidamente sulla schiena, coperta da quello stretto e sensuale corsetto nero, decorato da pizzo e brillantini del medesimo colore.

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