23. Odio

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Derek era voltato di spalle, mentre velocemente metteva le sue cose dentro una borsa da palestra. Da quando Fanny ci aveva detto quelle cose tutti erano indaffarati nel cercare di uccidere il Manticora, compresa io. Ma ogni cosa che stava succedendo mi distruggeva lentamente. Avevo così tanto odio dentro che avrei potuto uccidere davvero qualcuno, avevo fato bene a non fidarmi di Fanny, eppure senza che nessuno mi ascoltasse avevano fatto di testa loro dando a lei un opportunità per sovrastarci. Tutto ciò mi disgustava, vedere Derek impotente mi dava ai nervi. Ma non potevo oppormi perché lui non me lo permetteva, dovevo lasciare che se ne andasse senza fare niente. Derek era come ipnotizzato, non emetteva disappunto, non si lamentava e non mi parlava. Era come se tutto quello che fosse successo l'avesse allontanato da me, era come se in quegli ultimi giorni lui avesse capito di odiarmi. Ogni volta che i nostri sguardi si incontravano lui mi folgorava, distogliendolo subito. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo ma sapevo che in tutto quello c'entrava Fanny.
La luce soave del sole serale rendeva l'atmosfera calma e silenziosa, mentre i suoi raggi caldi inondavano la stanza trasformandola in una serra. La situazione era troppo delicata per poterne parlare senza problemi, ma avevo bisogno di sapere cosa stesse accadendo realmente, così deglutì rumorosamente, presi coraggio e iniziai a parlare.
-"Derek.."- lo richiamai sperando che lui mi ascoltasse. Non si voltò nemmeno ma rispose inacidito.
-"Che vuoi?"- mi sistemai con la schiena poggiata sullo stipite della porta e continuai.
-"Perché non vuoi dirmi che sta succedendo?"- chiesi dolcemente cercando di fargli capire che l'unica cosa che volevo fosse aiutarlo.
-"Perché sarebbe inutile"- abbaiò.
-"No, non lo sarebbe"- dissi mentre la rabbia saliva al cervello.
-"Dakota, non devi capire niente. Devi solo aspettare che io me ne vada e basta"- urlò voltandosi di scatto verso di me mentre le vene del suo collo uscivano fuori tanto da rischiare di scoppiare. Rimasi impietrita, come poteva trattarmi così senza nemmeno spiegarmi il perché.
-"Ma che stai dicendo? Vuoi andartene davvero?"- lui scosse la testa.
-"Non voglio..devo!"- esclamò arrabbiato. Mi portai le mani al viso e ricacciai le lacrime dentro.
-"Non ti capisco Derek, io non ti capisco"- dissi agitando le mani.
-"Vuoi smetterla? Non importa più ormai"- rispose furioso. Per un millesimo di secondo nel suo sguardo si intravide uno strano luccichio, come se qualche idea gli fosse passata per la mente, ma quando si accorse che forse l'avevo notato, si accigliò buttandolo per terra mentre contemplava il vuoto, i suoi occhi erano diventati tremendamente tristi e malinconici come lo sguardo di un bambino a cui viene strappano il proprio peluche preferito.
-"Non importa più"- ripeté con un filo di voce. Ormai calmo, si voltò di nuovo e continuò a mettere le cose restanti nella borsa. Il mio cuore si sgretolò ancora, sentendo i pezzi cadere con un tonfo sul fondo del mio animo e diventare spazzatura. Come poteva aver smesso di lottare in quel modo? Lasciare tutto e andarsene con qualcuno che, evidentemente, gli aveva fatto del male? Scossi la testa come per dire a me stessa di smettere di pensarci eppure, anche se ci provavo quelle domande sbattevano contro il cranio procurandomi un mal di testa allucinante. Non potevo crederci, era sempre stato, fino a quel momento, il mio modello, colui a cui pensavo per continuare a lottare, una sorta di idolo, di eroe, ma in quella situazione aveva deposto le armi, lasciando il suo destino in mano a qualcun altro, e questo non potevo sopportarlo.
-"Sai, credevo fossi diverso"- ammisi cercando di fargli intuire tutto il mio disprezzo verso il suo comportamento. Anche se non volevo che mollasse, dovevo continuare a lottare, forse anche per salvarlo e riscattarmi da tutte le volte che l'aveva fatto lui.
-"Credevo che non avresti smesso di lottare per la tua libertà. Pensavo che fossi più forte"- continuai cercando di attirare la sua attenzione. Funzionò. Si voltò verso di me con uno sguardo , forse, troppo triste, non si aspettava dicessi quelle cose, ma se avessero funzionato per fargli capire che stava commettendo un enorme errore, allora avrei continuato.
-"Ma evidentemente mi sbagliavo"- sospirai con sguardo duro, incrociando le braccia al petto, poi senza che aspettassi che lui mi dicesse qualcosa mi voltai e tornai nella mia stanza.
Una volta dentro mi dovetti accasciare ai piedi della porta. Le forze motorie avevano lasciato il mio corpo di colpo, forse mi ero spinta al limite, magari avevo bisogno solo di tranquillità. Ero stata così forte per tutto quel tempo, cercando di scacciare via tutti i miei incubi e la paura che cercava di impadronirsi di me. Piano piano il mio petto aumentò il respiro, diventando irregolare, cercando disperatamente dell'aria. Mi portai le mani sul viso e senza accorgermene scoppiai a piangere. Avevo perso così tanto, che lasciare andare anche Derek mi avrebbe distrutto. Mi accucciai lì per terra, sul pavimento, senza che nessuno mi disturbasse e mentre piangevo e le lacrime scivolavano lente e silenziose sul mio viso, bagnando le mattonelle, sprofondai in un lungo sonno.

•The Sun, the Moon, the truth•Where stories live. Discover now