2. Attacchi di panico

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Mi sedetti a mensa e mi guardai un po' in torno. Ero a Beacon Hills da un mese e ancora non avevo amici, la gente mi credeva strana per i miei attacchi di panico e dunque non si avvicinavano nemmeno di qualche passo. Sarei stata destinata a rimanere sola per tutto il resto dell'anno se le cose non sarebbero cambiate, purtroppo non sapevo come fare. Spostai lo sguardo ad un paio di tavoli più in là di quello dove ero seduta io e mi accorsi che Scott e il suo migliore amico Stiles Stilinski, il figlio dello sceriffo, mi stavano guardando e parlavano fra loro. La mia preoccupazione si stava facendo più seria, era come se mi sentissi impaurita da loro, continuavano a guardarmi a parlare di me e iniziai ad agitarmi sul posto, a sudare freddo, a tremare, sapevo costa stava succedendo, era un attacco di panico. Mi ripetei in mente di continuare a fare respiri profondi di non agitarmi, ma i loro occhi su di me, gli occhi di Scott su di me mi incutevano terrore. E fu in quel momento, mentre iniziava a mancarmi l'aria nei polmoni e con l'abbassamento della vista, che mi resi conto che gli occhi di Scott erano rossi. Dopo di che svenni.
Quando riaprì gli occhi ero in ospedale. C'ero già stata più di una volta, anche essendo li da poco tempo, ormai era un'abitudine frequentare quella struttura. Mi sedetti sul lettino e mi portai una mano alla tempia sinistra, gli attacchi di panico mi lasciavano sempre un gran mal di testa. Prima che potessi mettermi in piedi dalla porta entrò un infermiera con la pelle olivastra.
-"Vedo che sei sveglia, bene"- si avvicinò a me e mi prese il polso delicatamente controllando il suo orologio.
-"Allora Dakota, adesso che sei sveglia vorremmo sapere il numero di telefono dei tuoi genitori, almeno per dirgli che stai bene"- annuì preoccupata. L'infermiera mi sorrise toccandomi una spalla.
-"Va tutto bene, sei preparata, ci sei già passata prima, non è vero?"- annuì ancora, abbassando lo sguardo. L'imbarazzo si insinuò in me come una pianta rampicante.
-"Vado a prendere carta e penna così mi scrivi il numero dei tuoi genitori, ok?"- la guardai tristemente.
-"Il numero di mio padre..mia madre non c'è più"- lei mi guardò e mi sorrise delicatamente.
-"Va bene.."- disse prima di aprire la porta.
-"Infermiera?"- lei si voltò verso di me.
-"Chi mi ha portato qui?"- mi sorrise ancora prima di rispondermi.
-"Mio figlio Scott.."- pronunciò fiera di se.
-"..oh e chiamami Melissa"- ammise lasciando la porta richiudersi alle sue spalle.
Non risposi, avevo letto il suo cognome sulla targhetta, era la madre di McCall.

•Viva mamma McCall.
Ok secondo capitolo, mi fa un po' schifo, ma è per conoscere un po' meglio la storia. Spero vi piaccia e scusate per eventuali errori.•

•The Sun, the Moon, the truth•Where stories live. Discover now