20. Risveglio

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Strappata dalle braccia della morte, mi catapultai nella realtà. I miei occhi faticavano a restare aperti, il mio respiro era lento e irregolare, ero appena tornata dal regno dei morti e il mondo adesso mi sembrava un posto meno malvagio. Le sagome degli alti si muovevano lentamente nella stanza, mentre le loro voci, ancora troppo agitate, sfrecciavano da una parte all'altra del mio cervello, cercando di afferrare qualche frase inutilmente. Il mio stato di incoscienza mi aveva trasformato in un'ombra senza forza. Ero stata portata via dalla morte sicura proprio nel momento in cui avevo deciso di lasciarmi andare, tuttavia non ero dispiaciuta per questo, poiché c'era voluta tutta la forza rimasta che avevo in corpo per mentire a me stessa e decidere che era meglio morire. Ma ero stata riportata alla vita con velocità strappandomi da quell'idea, forse troppo stupida, e mi andava bene così.
-"È viva!"- esclamò Stiles sovreccitato attirando tutti gli occhi su di me. Gli altri erano rimasti impassibili, con lo sguardo fisso e spaesato. Ero girata con la schiena rivolta vero l'alto, sentendo il pungiglione infilzato ancora al centro e un liquido denso che colava dalla ferita. Non ero sicura si trattasse di sangue. Avevo così poche forze dentro di me, che l'unica mi fosse rimasta era quella per aprire gli occhi. Non riuscivo nemmeno a parlare o a muovere un dito, ed ero grata a Stiles perché si fosse accorto di me. Derek si abbassò per guardarmi dritta negli occhi e constatare che fossi davvero viva.
-"Toglietele quell'affare dalla schiena!"- ordinò senza guardare un angolo preciso della stanza mentre i suoi occhi saettavano da un punto ad un altro. Doc si avvicinò velocemente e prese con entrambe le mani il pungiglione, poi lo tirò con forza fino a estrarlo dal buco. Non sentì quasi nulla, un dolore lieve, veloce e fui sollevata nel sentire l'aculeo uscire dal mio corpo senza problemi. Ero libera, salva, viva.
-"Adesso ti medico"- pronunciò lievemente Doc, come se gli unici che dovessimo sentirlo potevamo essere solo io e lui. Non ebbi nemmeno la forza di annuire ma capì che a Doc non importava lui avrebbe comunque fatto il suo lavoro. Chiusi gli occhi per qualche minuto mentre il veterinario mi richiudeva il buco inflitto da quell'enorme aculeo. Per qualche ragione mi sentii sollevata, forse speravo troppo che fosse tutto finito, ma sapevo bene che non era così. E senza accorgermene sprofondai in un lungo sonno.

Quando mi svegliai le cose erano cambiate. In qualche modo ero arrivata a casa di Derek e mi ero ritrovata sdraiata sul materasso del mio letto. Per la prima volta da quando ero arrivata in questa città, mi sentivo bene, bene davvero. Non riuscivo a capire come potessi sentirmi in quel modo dopo tutto quel dolore, tuttavia qualsiasi cosa avesse fatto Doc per guarirmi, l'aveva fatto magnificamente. Mi sedetti sul letto, avevo dormito davvero senza avere incubi e questo mi aveva resa forte e piena di energia. Posai i piedi sul pavimento gelido, al tatto un brivido di freddo mi attraversò tutto il corpo, poi con forza mi tirai fuori dalle coperte e iniziai a camminare per arrivare in cucina dove sentivo provenire odore di bacon e uova. Non riuscivo a credere che Derek stesse preparando la colazione, ma l'odore proveniente dalla carne sul fuoco toglieva ogni dubbio. Mi precipitai in cucina con lo stomaco che faceva sentire la fame, mentre un mostro che brontolava, sembrava mi ordinasse di correre il più possibile per raggiungere il cibo. Portai le mani sullo stomaco spingendo in dentro per provare a far azzittire quella creatura che sembrava si stesse per nutrire dei miei organi. Oltrepassai la soglia e mi catapultai in cucina. La luce accecante del sole che penetrava dalla finestra posta davanti a me, mi fece socchiudere gli occhi e portare una mano per coprirmi finché non si fossero abituati del tutto. Ma chi mi ritrovai davanti non era Derek, bensì una giovane donna, di qualche anno più grande di me, i capelli lisci le ricadevano su tutta la schiena rivolta verso di me, il fisico asciutto mostrava tutta la sua bellezza, le maniche della maglietta a maniche lunghe grigia, tirate fino ai gomiti lasciavano intravedere la sua pelle scura. Stava davanti ai fornelli canticchiando a bassa voce qualche canzone. Rimasi a bocca aperta, senza che le parole potessero uscirmi dalla bocca. Chi era? Cosa voleva da noi?
-"Hei tu, chi sei?"- abbaiai sotto pressione. La giovane donna si voltò verso di me, la bellezza del suo viso superava di gran lunga quello che mi ero immaginata. Era bellissima. I suoi occhi erano verdi come due smeraldi illuminati dalla luce del sole, le sue labbra erano piene e morbide e il suo sguardo sembrava gentile. La donna non rispose. Alzò lo sguardo da me e lo puntò dietro la mia figura poi sorrise. Feci lo stesso. Derek aveva gli occhi sbarrati fissati sulla persona appena conosciuta.
-"Fanny.."- disse sorpreso senza distogliere lo sguardo da lei. Mi irrigidì di colpo, dal suo sguardo si capiva che la conosceva bene.
-"Ciao Derek"- rispose sorridente. Mentre la gelosia mi invadeva come una malattia strisciando dentro il mio corpo come un verme.
E di colpo mi sentivo forte tanto da volerla uccidere.

•The Sun, the Moon, the truth•Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon