26. La lettera

1.6K 114 0
                                    

Arrivai da Doc quando ormai era pieno giorno, il sole splendeva in altro nel cielo rendendo talmente limpido e piatto da sembrare un foglio di carta. L'aria era così pura che neanche ti accorgevi di averla in corpo, e il cinguettio degli uccelli sugli alberi circostanti sovrastavano quello dei motori delle macchine. Mi venne in mente che da tanto ormai non mi accorgevo più di come era il tempo, non mi fermavo in un parco per ascoltare i rumori della natura, come facevo prima. E mi resi conto che quella era una delle tante giornate che un tempo passavano veloci. Nella mia vecchia vita il fattore sorpresa non era affatto considerato, le settimane passano tutte uguali, una dopo l'altra è la mia vita trascorreva tranquilla e noiosa. Tuttavia, mi mancavano le piccole cose, come stare con mio padre, passare del tempo con i miei amici, andare a scuola, ma sapevo per certo che quella vita non sarebbe più tornata.
Scossi la testa cercando di eliminare i vecchi ricordi e posizionarli da dove erano usciti, poi spinsi sulla porta in vetro della clinica veterinaria di Doc e entrai senza far troppo rumore. L'uomo con il camice bianco mi guardava da dietro il piccolo muro che divideva me da lui. Il suo viso serio nascondeva ogni sua emozione e in questo modo non riuscivo a capire se fosse felice di vedermi oppure no. Non parlammo per i primi minuti come se nessuno dei due sapesse cosa fare. Poi con un cenno di testa decise di farmi entrare. Lo segui velocemente dentro la sala operatoria. Scott era girato di spalle mentre armeggiava con un paio di scatole di cerotti. Rimasi ancora in silenzio aspettando che si girasse o che Doc parlasse, ma nessuno dei due fece niente, così parlai io.
-"Scott.."- quando si voltò accorgendosi di me il suo viso era confuso.
-"Che ci fai qui?"- chiese con sopracciglia aggrottate. Senti il sapore delle lacrime salate in gola e capì che stavo per toccare un punto dolente. Presi fiato e trattenni il pianto disperato che cercava di uscire.
-"Derek se ne è andato.."- la mia voce uscì più drammatica che mai, tremolante e forse troppo docile. Scott non cercò nemmeno di sembrare sorpreso, sapeva già cosa sarebbe successo.
-"Si, lo immaginavo"- rispose schiarendosi la gola con un colpo di tosse secca, rimasi in silenzio.
-"Lo sapevi?"- chiesi, lui annuì, cercai di contenere la rabbia e di respirare regolarmente. -"Perché non me l'hai detto? Io avrei potuto ferm.."- Scott parò una mano davanti al mio viso azzittendomi -"No, non avresti potuto"- pronunciò serio -"Sarebbe andato via ugualmente"- mi sembrò strano che Scott fosse così indifferente verso Derek, verso la sua assenza. Se ne era andato da nemmeno un giorno e già se l'era dimenticato? Come era possibile? Perché si comportava in questo modo? Non riuscivo a capire. Scossi la testa -"È tuo amico, Scott"- ammisi sconvolta -"e tu l'hai lasciato andare via senza fare niente, e sopratutto senza che io potessi fare niente"- chiusi le mani a pugno, tanto da far diventare le nocche bianche, gli artigli mi bucarono la carne lasciando che il sangue colasse fino al pavimento creando una piccola pozza. Doc rimase in silenzio mentre il rumore delle gocce del liquido rosso riempiva la stanza.
-"Dakota se avessi potuto fermarlo, l'avrei fatto. Ma purtroppo non potevo"- non risposi continuando a tenere gli occhi sulla sua figura -"ha detto che doveva andarsene per salvare te, che la persona che guida il Manticora non è quella che pensavamo"- aggrottai le sopracciglia, ciò che aveva detto non aveva alcun senso. Sapevamo che Kate guidava il Manticora e avevamo intuito che lo facesse per vendicarsi di Derek, eppure un dubbio mi balenò in mente, forse aveva ragione, dopotutto Kate era stata uccisa una volta per tutte, e non esisteva possibilità che fosse tornata. Scott s'intromise nei miei pensieri -"So che stai pensando, ma non ti sto mentendo. Per quanto ti sia difficile da crederlo, vogliamo tutti bene a Derek"- non gli credevo. Sapevo che Scott era una brava persona, che si sacrificava sempre per gli amici, pur di lasciarci la pelle, ma non gli credevo, non mi fidavo di nessuno. Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era la sensazione orribile che mi partiva dal cuore, la sensazione che qualcuno stesse facendo del male a l'unica persona che contava davvero per me, Derek. Prima che potessi ribattere la stanza si riempi del rumore di pugni battuti sulla porta. Doc rimase calmo e si avviò verso l'entrata -"Sarà sicuramente un cliente, lo mando via subito"- il silenzio ritornò a farsi strada tra i nostri corpi intromettendosi fra di noi. Doc tornò dopo pochi minuti, in mano teneva stretta una lettera aperta, e la sua faccia aveva una strana espressione di terrore.
-"Cos'è?"- chiesi lievemente, mentre l'ansia di sapere la risposta cresceva in me come una malattia. La rabbia sovrastò la ragione fino a ribollirmi nelle vene -"Ho chiesto cos'è?"- urlai. Doc alzò gli occhi saettando lo sguardo da me a Scott.
-"Parla di Derek"- rispose con la fronte corrugata, -"della sua morte"-.
La paura mi attraversò ogni singolo punto del corpo fino ad arrivare al cervello, mi punzecchiava le pareti della mente senza lasciarmi via di scampo. Quella lettera poteva significare solo una cosa, un problema.

•The Sun, the Moon, the truth•Where stories live. Discover now