Capitolo 8 - GIORNO 7

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Davanti a lui vi era una figura incappucciata con un cappotto pesantissimo. Egli aveva lo sguardo basso, quindi era difficile per Ace distinguerne i lineamenti. Poteva vedere solo le braccia sottili coperte di bende di colore rossastro, unite da una poltiglia densa che, una volta, era la pelle. Ad Ace venne un sospetto, mentre la figura cupa gli si avvicinava lentamente, sfilandosi il cappuccio dalla testa. Ace indietreggiò di un passo e spalancò la bocca per lo stupore.
<<Tu sei...quella che mi ha fatto questo>> sussurrò. La ragazza in questione era irriconoscibile: aveva delle occhiali da sole e una mascherina bianca che le copriva il naso e la bocca. Della parte di carne scoperta da questi accessori, non rimaneva che qualche pezzo di tessuto scuro, molle e sanguinolento.
<<Cosa mi sta succedendo? Rispondi!>>la ragazza si voltò ed uscì dal vicolo e dalla vista di Ace.
<<Ehi, aspetta!>>il moro cominciò a correrle dietro. Si fece largo tra la gente, nei vicoli, allontanandosi sempre di più dalla città, dove non vi era traccia di anima viva. Ace si guardò intorno, cercando di scovare la ragazza tra gli alberi fitti del bosco vicino al paese. Quando pensava di averla persa, la ragazza sbucò da dietro un albero e ricominciò a correre, seguita all'istante da Ace.
<<Però è strano>>sussurrò Ace. <<Non sembra una che viola scappare... Pare voglia essere seguita>> ed infatti, i pensieri del ragazzo non erano così assurdi. Si fermò all'improvviso al centro della ditta vegetazione, si voltò verso il pirata, affannato per la corsa che, nonostante ciò, non smise di guardarla.
<<Mi vuoi dire chi sei, una volta per tutte? Eh? Perché sei voluta venire qui?>>. A risposta, la ragazza alzò un braccio e puntò l'indice tra gli arbusti e i rampicanti. Il comandante guardò meglio la zona indicata e dietro ai sempreverdi, vide una piccola casa di legno, abbandonata a sé stessa. Ace si avvicinò all'abitazione e provò ad entrare, abbassando la maniglia della porta principale ma, questa, era bloccata. Si costrinse quindi a romperla, con una spallata.
<<Ahi! Miseria ladra!>>ringhiò piano dal dolore. All'interno, la casa era messa peggio che fuori: in gran parte il legno era marcito e le ragnatele e la muffa regnavano sovrane. Un tempo, sicuramente, doveva esser stata una casetta accogliente. Erano riconoscibili gli oggetti che appartenevano a una cucina piccola, ma ben assortita, al cui fianco vi era un porta malandata, che Ace si apprestò ad aprire. La porta conduceva all'esterno, ove una stradina di mattoncini bianchi di sasso, portava ad un laghetto con un molo e una barchetta. Rientrò e chiuse la porta ma, mentre spostava il piede, questo, fece un buco nel pavimento marcio.
<<Cazzo...ma...che cos'è?>>attraverso il buco passava un po' d'aria mista a polvere.
<<Ci dev'essere qualcosa qua sotto...forse una cantina>>infatti, alla sua destra, trovò una botola sul pavimento, la aprì e cominciò a scendere la scaletta in legno. La cantina era molto grande, con pochi oggetti e mobili, vi era solo una scrivania, in un angolo, con una lampadina e dei fogli. Ace accese la luce e illuminò il tutto. Attaccato al muro, c'erano degli scaffali con due libri sulla medicina e sull'anatomia umana e comparata, ma il ragazzo concentrò lo sguardo sui fogli sparsi sul tavolo, fatti di una carta molto fine su cui erano scritte numerose cose senza alcun significato per lui, tranne una. Al centro dello sciame di fogli, vi era uno con un titolo scritto a caratteri molto grandi.
<<Il virus...dell'apocalisse?>>sotto vi erano immagini di corpi umani e alcune parti di essi.
<<Ma cos'è tutta questa roba?>>
<<La follia dell'uomo>>una voce rispose alle sua spalle, si voltò di scatto ma, non vi era nessuno.
<<Sto diventando pazzo>>posò il foglio dove l'aveva trovato ed uscì dalla casa, correndo a perdifiato verso il paese. Dato che, della ragazza, non c'era traccia decise di imboccare la stradina che, secondo lui, lo avrebbe riportato al porto.
<<Guarda un po' chi abbiamo qui...comandante, cosa ci fai qui a quest'ora?>>.
<<Randal, vattene, questo non è proprio il momento>>.
<<Uh! Che succede?... La puttana non ti è bastata? Ahahaha...Ah, oddio, se lo sapessero gli altri...>>rise beffardo.
<<E che cosa devono sapere? Come se un pirata non lo avesse mai fatto>>si voltò e cominciò ad allontanarsi dal compagno, quando la sua risposta lo fece irrigidire.
<<Beh, che hai stuprato una ragazzina>> Randal fece un sorriso a trentadue denti, facendo irritare il moro.
<<Ma che vai dicendo, era consensiente, l'abbiamo deciso e...>>ad Ace vennero a galla le immagini di lui e la ragazza in questione che decise di oscurare, smettendo di parlare.
<<Si...il comandante della seconda a flotta che si comporta in modo strano, stupra una ragazzina a sangue e io, Randal, così disgustato dall'accaduto, decido di fermarlo ma ahimè... Sono stato costretto ad affrontarlo e durante la lotta...ti ammazzerai da solo, ahahah>>continuò a farsi beffe del ragazzo.
<<Allora, era questo il tuo piano fin dall'inizio per prendere il mio posto?>>.
<<Beh...>>si grattò la testa il biondo pirata.
<<Diciamo che ha cominciato a frullarmi in testa da quando hai questi atteggiamenti ridicoli, per te>>.
<<Non posso lasciartelo fare, Randal>>.
<<Speravo lo dicessi!>> Randal partì all'attacco con un pugno che Ace schivò subito, a cui rispose però con una ginocchiata allo stomaco e una gomitata sotto il mento. Randal finì a terra e, quando si rialzò, diede uno slancio al suo corpo verso Ace, che finì dritto contro il muro. Le orecchie di Ace cominciarono a pulsare e un rivolo di sangue gli uscì dal naso.
<<Non ci credo...basta così poco per farti sanguinare adesso?>> Ace credette di svenire dal dolore e dalla stanchezza. Non ascoltò le parole di Randal ma si rese conto di una cosa piuttosto grave: gli occhiali scuri erano caduti durante il combattimento. Randal si avvicinò ad Ace che, preso dal panico, abbassò il viso sul terreno.
<<Ti arrendi così? Ma davvero? Ma...che schifo è?!>> Ace che aveva alzato il volto si aspettò di svenire sul serio. Non aveva più la forza di tenere le palpebre aperte.
Una serie di immagini orribili con sangue e urla cominciarono ad apparire davanti ai suoi occhi, facendolo sembrare nel suo incubo. Ma capì che, quelle urla, non era parte della sua immaginazione. Aprì gli occhi e fu come risvegliarsi da un brutto sogno, il problema... è che era reale.
Anche il fortissimo sapore metallico che sentiva sulle labbra e che scendeva fino alla gola, lo era. Alzò gli occhi al cielo notturno, senza capire cosa fosse successo, poi guardò in basso.
<<Cazzo...!>> Randal era sotto di lui con la gola sguarciata, come da un animale.
Mise insieme le due cose e con un urlo si allontanò, tornando contro il muro, scivolando a terra.
<<Oddio...ma che cazzo...no...no, no, no!>> Ace cominciò a correre verso la nave con paura e risentimento. Sbatté contro due ragazzi bizzarri, vestiti con delle tute grigie, si scusò e riprese la sua corsa.
Salito a bordo, andrò dritto nella sua cabina e rigettò l'anima nel gabinetto. Non si stupì di trovare del sangue in esso. Si sedette con le spalle al muro e cominciò a piangere, a tossire, stringendo i coralli con le mani.
<<Che cosa cazzo...mi sta succedendo...che cosa mi sta...succedendo?! Cristo!>>aprì gli occhi, sporco di sangue e più sfinito che mai, si alzò da terra per andare sul letto, quando vide dall'oblò che, ormai, era giorno.
Prese dei vestiti ed entrò in doccia. Il suo incarnato era pallido come il latte e le sue vene, in alcune parti del corpo, erano diventate bluastre, la pelle era secca e screpolata sulle dita delle mani e intorno alle labbra, la ferita sul petto non faceva differenza, ma si era abituato al dolore che essa trasmetteva.
Si sciacquò via il sangue e, mentre si toccava la testa, nella sua mano, rimasero alcune ciocche ingrigite. Uscì dalla doccia e si vestì. Decise di andare dal dottore, per scoprire delle analisi e per raccontargli tutta la verità. Per fortuna, il ponte era deserto, quindi andò tranquillamente verso la scaletta di poppa.
<<Ace, aspetta un secondo>> il moro si bloccò all'istante alla voce del suo amico.
<<Ace, senti, abbiamo capito tutti che c'è qualcosa che non va...so anche che sei andato dal doc qualche giorno fa...ascolta, io voglio darti una mano, ma se non mi dici niente...>>.
<<Apprezzo il tuo interessamento Marco...ma non serve...non potete fare niente>>.
<<Avanti Ace...lasciati aiutare...qualunque sia il guaio, noi ti aiuteremo>>Marco appoggiò la mano sulla spalla dell'amico, anzi, di suo fratello.
<<Non mi toccare!>> Ace si allontanò.
<<Ace, mi dici che c'è che non va? Voglio solo aiutarti!>> Ace si avvicinò a Marco con passo pesante.
<<Vuoi sapere che c'è che non va?!>>urlò e si tolse gli occhiali da sopra il naso.
<<Ecco!!>> Marco indietreggiò spaventato, inorridito ma al tempo stesso preoccupato, vedendo gli occhi malati di Ace, entrambi quasi diventati bianchi.
<<Oh, mio dio...>>.
<<Lasciami stare!>>Ace si gettò sulla scala e corse verso il villaggio, senza guardarsi indietro.

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