Jessica

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Lavorare in una piccola caffetteria della città non è il massimo, ma è ciò che mi basta per sentirmi come gli altri, senza nulla che mi possano invidiare o giudicare.

Sin da piccola ogni mio capriccio era accontentato, ogni mia richiesta era fatta realtà. Potevo anche chiedere la Luna e mi sarebbe stata data senza troppi problemi.

Sono nata in una famiglia di buon portafoglio e ciò dovrebbe rendermi molto felice e fortunata, ma non è così. Mi sento il contrario.

La vita da ricchi non è così rose e fiori come la si può immaginare. C'è falsità, invidia e cattiveria dappertutto. Le ragazze della mia età sono viziate fino al midollo osseo e morirebbero per avere l'ultimo paio di Chanel nel loro guardaroba grande tanto quanto una villa.

Ogni giorno ero circondata da quell'atmosfera, da quel mondo quasi astratto che mi avvolgeva e mi stringeva fino a soffocare. Non mi piaceva. Non era e non è ancora ciò che voglio.

A diciotto anni compiuti ho deciso di farmi regalare un piccolo appartamento qui a New York per iniziare la mia vita. I miei genitori erano contrari, più che altro avevano il terrore che qualcuno potesse pensare male di loro e giudicarli.

Però mi accontentarono di nuovo. E da quel giorno sono come sparita.

Ora lavoro in questa piccola caffetteria, non affollata, ma con quella stessa e poca gente dalla parlata genuina e dai modi di fare sinceri e cortesi.

-"Buongiorno signor McDast, le porto il solito caffé lungo?" chiedo sorridente al dolce vecchietto che si siede davanti il bancone, dove sono impegnata a pulire le ultime tazzine da caffé italiano.

-"Jess, sei sempre un bocciolo. Sì, il solito caffé, mia cara." sorride sdentato e la cosa mi fa sorridere timidamente.

Preparo il caffé dalla macchinetta e glielo servo fumante. Lui, come al solito, mi ringrazia.

Raccolgo i capelli in una crocchia e riprendo a pulire in giro per il bar, anche se, di sporco non c'è molto.

-"Chiudete le serranda, Miranda è qui, stronze di New York periferia!" una voce squillante fa capolinea e non mi giro neanche per scoprire chi è.

-"Hey, lurida stronzetta, non salutarmi, mi raccomando." giunge verso le mie spalle e mi rigira prepotentemente.

-"Miranda, ti ho già spiegato che preferirei non usassi un linguaggio così rude." rispondo irritata.

Lei alza gli occhi al cielo e si guarda intorno, stringendosi nel suo cappottino.

-"Vaffanculo, questi quattro vecchi non si scandalizzeranno mica. Alla loro epoca la parola stro.." finisco per tapparle la bocca e trascinarla a sedere.

Ritorno dietro il bancone e tiro fuori due ciambelle calde e metto a preparare il cappuccino. Questo è l'unico modo per zittire una tale cafona come la mia migliore amica.

Le servo il tutto e le vedo brillare gli occhi.

-"Sei una maga. Questo cappuccino sempre provenire direttamente da un bellissimo ed elegantissimo bar veneziano." assaggia sognante la sua colazione ed io la guardo a dir poco perplessa.

Sospiro e mi poggio sui davanzali degli alcolici, che mi piacerebbe scolare ogni volta che quest'uragano si presenta davanti a me.

-"Insomma, cosa ti porta qui, mia dolce e cara amica?" chiedo con una punta di preoccupazione. Non è solita passare per questo bar poveraccio, come lo definisce lei.

Scosta i capelli corvini con una mano e pulisce le labbra con l'altra, mentre mastica ancora.

-"Perché mi sono rotta le palle di vederti solo lavorare, leggere e dormire. Giuro di non averti mai vista neanche andare in bagno. Spero tu abbia un buco del..."

Affittami per un giornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora