Scream

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-Corro senza fermarmi, lottando contro il dolore delle gambe e il respiro affaticato. Fermarsi significherebbe morire ed io non voglio morire. Questo corridoio è lunghissimo e sembra non finire mai. Tutto è buio, quindi le mie gambe corrono istintivamente in avanti. Qualcuno è dietro di me, lo so. Sento che sta per prendermi, ma non posso fermarmi. Significherebbe morire.

Una porta; c'è una porta, riesco a vederla anche se sbiadito. Mi avvento su di questa, aprendola con forza e cadendo sul pavimento di quella che dovrebbe essere una stanza. Ancora non vedo nulla, ma sento una voce.

Cos'è?

-Ti prometto che ci sarò io vicino a te. Ora la vedi la luce?-


Sento scuotermi le spalle ed apro gli occhi di scatto spaventata. I capelli corvini di Miranda solleticano le mie guance e il suo sorriso mi da' il buongiorno.

-Ho i tuoi capelli in bocca.- commento assonnata. Sbuffa e torna in piedi.

-Sto per andare a lavoro e torno nel pomeriggio tardi. Vai a fare spesa, ti ho lasciato i soldi sul tavolo.- mi schiocca un bacio veloce sulla guancia e scappa via, senza lasciarmi il tempo di mettere bene a fuoco la vista, confondendomi ancora di più.

Dopo qualche minuto decido di alzarmi il più forzatamente possibile e concedo una bella stiracchiata ai miei poveri muscoli. L'orologio segna le otto del mattino e sapere che oggi non sarà la classica giornata al bar di Roland mi rattrista.

Con una veloce doccia fredda, una sistemata alla foresta di capelli ed il viso smorto, riesco a riprendere vita e, senza aspettarmelo, decido di indossare qualche abito dall'armadio di Randa.

Aprendo le ante dell'infinito armadio mi imbatto in una serie di abiti di diverso tipo, stile, forma e colore. C'è scelta ampia e quasi mi imbarazzo. Avevo un armadio così tanti anni fa e mi infastidiva, mi sarebbe piaciuto bruciare tutto.

Cercando accuratamente riesco a trovare un paio di jeans chiari e un maglioncino largo bianco, dove abbino delle snakers scure. Riesco a trovare uno specchio intero in giro per casa e osservando la mia figura riesco a vedermi più colorita, anche se dentro regna lo spento, il vuoto, il profondo infinito nero. Sento un nodo attorcigliarsi allo stomaco ed i miei occhi minacciano lacrime. La mente torna a pensare a tutto ciò che ho perso.

Tutto questo non mi va bene, voglio tornare alla normalità, nei giorni in cui lavoravo, in cui avevo un luogo dove tornare e delle serate tranquille con la mia migliore amica.

Forse tutto era meglio quando Gabriel non c'era. Lo dico spesso e mi costringo a non pentirmene essendo, per la maggior parte, colpa mia.

Stanca di crogiolarmi nell'oscurità, mi allontano dalla figura riflessa davanti me e vado a caccia di un giubbotto caldo.

Pronta per uscire a far commissioni prendo dal tavolo i soldi che la mia amica ha lasciato.

Due giri di chiave fanno rumore dalla porta d'entrata facendomi girare di sobbalzo.

Quando la porta si apre completamente, un Gabriel chiuso in un giacchetto grigio ed un capello nero a nascondergli la chioma chiara, entra lasciandomi senza parole.

Dopo la litigata del giorno precedente non ci siamo più sentiti.

-Co..cosa ci fai qui?- balbetto sorpresa

-Miranda mi ha detto di accompagnarti a fare la spesa. Usiamo la tua macchina?- parla con tono freddo, lasciando rattristare il mio viso. In fin dei conti come dovrebbe comportarsi? Abbiamo litigato ed è plausibile il suo comportamento. Sono io che rimugino sempre sulle cose dette o fatte.

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