Just a coffee

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Dicembre 1, 2014.

Sette giorni. Sette giorni dall'ultima volta che ho visto Gabriel, sette giorni da quando ho risposto ad una chiamata di Miranda, dicendole semplicemente che avevo da fare, mentre lei cercava di spiegarmi qualcosa.

Sono in una stanza di hotel qui a New York, il telefono in modalità aerea da circa due giorni, stanca di ricevere migliaia di chiamate e messaggi da parte di Randa. Di Gabriel neanche più l'ombra. Da quando siamo tornati dalla Pennsylvania non ci siamo più rivolti parola. Ho semplicemente ripreso la mia BMW e prenotato una stanza d'hotel senza una data di checkout.

Il letto è durissimo e la schiena mi chiede pietà. La stanza è illuminata solo da una lampada da comodino e dalla TV accesa che trasmette il telegiornale delle 8.00 pm. Sette giorni che dormire mi è difficile, regalando così chiazze ancora più scure sotto gli occhi.

Il telefono, prima di essere impostato in modalità aerea, si accendeva solo per le notifiche della mia amica, facendomi sempre più rendere conto di quanto io non abbia nessuno al di fuori di lei, di quanto io sia sola e di quanto questa vita non è meglio di quella precedente. Mi sento ancora soffocare, mi sento ancora non all'altezza, mi sento come l'adolescente che ero.

Sono riuscita a pagare la stanza grazie al gruzzolo di risparmi che ho sul bancomant, meticolosamente messi da parte per casi d'emergenza. Almeno in questo sono stata intelligente.

Esco da qui solo per andare al pian terreno e mangiare, poi torno in camera e guardo disattenta la televisione, con la mente altrove e le guance appesantite dalle lacrime.

Sono successe tante cose assieme, nel giro di pochi giorni. È come se fossi entrata in un tornado ed ora mi trovo al suo centro, nell'occhio. Sembra che tutto sia più tranquillo, mentre, invece, intorno a me ancora c'è una scarica pazzesca di vento ed oggetti fluttuanti.

Mi sono come aggrappata a Gabriel, alle sensazioni che mi scatena, alle parole che mi diceva e che tanto sembravano confortarmi.

Stanca di ripensare a tutto, vado nel piccolo bagno e lavo via tutto con una doccia bollente. Cerco di non pensare a nulla e di concentrarmi su qualcosa di futile, come spalmarmi lo shampoo sui capelli. Esco poco dopo, avvolgendomi un grande asciugamano arancione attorno al corpo.

Torno sul letto, bagnandolo con le goccioline che ancora scendono dai capelli lunghi. Prendo il cellulare e lo rigiro tra le mani, con un magone nel petto. Sblocco la schermata e velocemente tolgo la modalità aerea. Nessuna notifica viene avvisata: forse perché disattivando la modalità aerea si perdono tutte le notifiche ricevute durante il periodo d'attivazione.

Proprio quando sto per lasciare l'apparecchio elettronico sul comodino, inizia a vibrare facendo accendere il display. Lo rigiro sulla mano e guardo lo schermo, che mostra un numero non salvato in rubrica.

Decido di rispondere alla chiamata, al massimo posso riattaccare e bloccare di nuovo tutto.

-P..pronto?- rispondo titubante.

-Parlo con Jessica Day?- una voce mascolina risuona nell'aggeggio.

-Si?-

-Ciao Jess, non so se ti ricordi di me! Sono Derek, Derek Parton.- il tono simpatico e scorrevole mi fa aggrottare le sopracciglia.

Derek?

-Ci siamo incontrati alla party di Miss Monique, la direttrice della rivista dove lavora anche la tua amica Miranda.- spiega, rifilandomi mille informazioni facendomi quasi girare la testa.

Ascoltandolo mi rendo conto di chi è: Derek, l'ex coinquilino di Gabriel, il ragazzo che ho incontrato a quel party e con il quale ho ballato solo per ripicca verso Gabriel.

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