Solo un mese

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Apro lentamente gli occhi ed i raggi del sole che penetrano dalla finestra sbattono prepotentemente sulla mia faccia, costringendomi a strizzare gli occhi e poi riaprirli, con la speranza di abituarmi alla luce.

Mi alzo a sedere e guardandomi addosso noto di essere vestita ancora come la sera precedente. Mi massaggio le tempie e cerco di fare mente locale.

La sera prima ero con Miranda a bere; poi c'è stata una specie di discussione.

Spremo le meningi e tutto mi torna chiaro in mente. Sbuffo e dò un pugno sul materasso.

Giro lo sguardo verso il comodino e per mia fortuna l'orologio digitale segna le 8.30.

Oggi ho il giorno libero, per fortuna.

Mi precipito in bagno e mi svesto velocemente, gettando i vestiti nel cesto dei panni sporchi, per poi aprire l'acqua calda della doccia ed aspettare un po'.

Intanto mi do un'occhiata allo specchio e mi rendo conto di quanto abbia l'aria di una ragazza con la faccia da post-sbornia.

Il make-up di oggi sarà sicuramente più pesante.

L'acqua calda è una dolce consolazione per il corpo indolenzito ed un ottimo rimedio per schiarire le idee. Solo a ricordare ciò che ha detto ieri Miranda mi viene da spaccarle il cranio, ma alla fine ho accettato, quindi non posso prendermela più di tanto. Potevo rifiutare, però non l'ho fatto ed ancora mi chiedo il perché. Sarà stata la sua prepotente bellezza?

Esco dal getto caldo chiudendolo ed afferro l'accappatoio, stringendolo intorno al corpo.

La stanza è in ordine. Niente di rotto, stranamente. Metto in dubbio le mie capacità mentali e motorie quando sono su di giri.

Mentre sto per tornare in bagno, dopo aver indossato qualcosa, sento il rumore delle mandate di una chiave provenire dal soggiorno.

Immediatamente scatto sull'attenti, mentre il cuore accelera di battito. Lancio i panni puliti sulla sedia ed afferro il vaso di cristallo poggiato sul comodino.

In punta di piedi mi dirigo verso l'epicentro, separato dalla stanza da letto solo dalla porta.

Mi nascondo dietro una colonna quando sento la porta chiudersi.

Dei passi pesanti e sicuramente da uomo si fanno spazio nell'ambiente. Mi sporgo leggermente, ma intravedo solo un'ombra già entrata in cucina. Sì, è un uomo.

Impugno il vaso a mo' di mazza da baseball ed a grandi passi entro in cucina.

-TI UCCIDO!- urlo lanciando il vaso contro la figura che mi da le spalle.

Prontamente la persona si gira verso di me e schiva il vaso di un soffio, inginocchiandosi per terra e mettendo le mani sopra la testa.

Respiro a fatica e sbatto le ciglia ripetutamente.

Lui alza la testa e mi guarda.

Gabriel.

Divento rossa in volto ed apro la bocca per pronunciare qualcosa, ma lui mi anticipa.

-Cazzo, potevi ferirmi! Sei pazza? alza la voce e torna in piedi.

Spero che ciò che ha appena detto sia uno stupido scherzo. Stringo i pugni e mi avvicino a lui con fare poco pacifico.

-COSA? Questa è casa mia ed io pensavo fossi un fottuto ladro. Ora spiegami che cazzo ci fai qui!- urlo dandogli una spinta. Lui inarca un sopracciglio e mi squadra dalla testa ai piedi.

-La tua amica mi ha fornito la chiave di riserva del tuo appartamento. Il mio servizio è sette giorni su sette, dodici ore su ventiquattro, che possono essere gestite da te come meglio preferisci.- spiega, prendendo dalla tasca del suo jeans largo la chiave del mio appartamento, lanciandola verso il bancone della cucina. Alzo gli occhi al cielo e lo lascio da solo in cucina, tornando in camera da letto.



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