CAPITOLO 3

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Sulla strada che conduceva all'ufficio dell'avvocato, la mente di Diana era stata divisa tra i diritti della famiglia e quelli di Phoenix Beaumont. Sua madre, ovviamente, si era rifiutata di prendere in considerazione la possibilità che la pecora nera fosse citata nel testamento, quasi a volersi convincere che la scena del giorno prima al funerale non fosse stata altro che un'azione sfrontata, una ripicca per ciò che gli era stato sottratto.

Era fin troppo evidente che si trattava di qualcosa di molto diverso, aveva pensato Diana, ma aveva tenuto a freno la lingua, attenta a non alimentare quella rabbia che aveva già ridotto sua sorella a un topolino tremante.

'Cosa faremo se lui prende tutto?' aveva chiesto Lizzie timorosa quando infine si erano sottratte alla invettiva materna.

'Non credo che succederà,' aveva risposto Diana nel tentativo di calmarla.

'E se invece accadesse?'

Lei aveva sospirato.

'Be', ammettiamolo, Lizzie, siamo state molto fortunate ad aver avuto tanti vantaggi per tutti questi anni. Se la nostra fortuna si esaurirà, dovremo solo assumere il controllo delle nostre vite.'

Sua sorella aveva scosso la testa disperata.

'Non dirlo neanche! Io non sono forte come te, Di.'

Era vero. Lizzie aveva passato tutta la vita nel disperato tentativo di ottenere l'approvazione dei genitori, felice quando ci riusciva, annientata quando falliva. Semplicemente non era pronta a stare sulle sue gambe.

L'allenamento, la disciplina e la determinazione necessarie nell'equitazione avevano invece rafforzato Diana. Sapeva che non sarebbe andata in pezzi contro le avversità.

Sfortunatamente, desiderare di poter trasmettere a Lizzie parte della propria forza era inutile. La natura di sua sorella era troppo diversa... dolce, gentile e, spesso, debole fino all'esasperazione.

'Non preoccuparti, Lizzie. Anche se non siamo sorelle di sangue, siamo pur sempre sorelle da molti anni. Non ti abbandonerò, in qualunque circostanza...' le aveva assicurato, asciugando poi un diluvio di lacrime di gratitudine.

L'idea dell'abbandono aveva popolato gli incubi di Lizzie. Diana si era spesso chiesta se quella paura fosse comune tra i bambini adottati. Lei possedeva la stessa insicurezza, che probabilmente l'aveva portata a sfruttare le migliori opportunità che le erano derivate dalla sua appartenenza alla famiglia Beaumont.

Le era sempre sembrato che ci fosse un prezzo da pagare per il fatto di essere adottate: soddisfare rispettosamente le richieste della madre, fare del proprio meglio per conservare l'approvazione del padre.

L'unico amore incondizionato che aveva avvertito era quello che la legava a Lizzie, anche se non erano vere sorelle. Se avessero dovuto rinunciare ai privilegi di cui avevano goduto fino a quel momento... be', tra loro sarebbe rimasto l'affetto.

Venne chiesto loro di aspettare nell'atrio finché l'assistente del signor Newell non fosse andata a prenderle. Sua madre interpretò quel gesto come un'attenzione dovuta al suo rango, circostanza che migliorò il suo umore.

Furono accompagnate in una sala riunioni, simile ad un club privato per soli uomini. Cinque sedie di pelle verde scuro erano sistemate intorno a un tavolo ovale di mogano lucidissimo. Scaffali pieni di volumi in pelle si allineavano sulle pareti. Un rinfresco era stato allestito su un elegante mobile.

Cinque sedie... L'assistente ne avrebbe occupata una, o la quinta era destinata a... Phoenix? Diana chiuse gli occhi e fece un leggero respiro. Lui aveva bluffato il giorno prima sulla sua presenza alla riunione, causando loro una notte di preoccupazione, per vendicarsi dell'affronto che sua madre di sicuro gli aveva inflitto con la sua lettera?

DALLA PELLE AL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora