3 - «Facciamo colazione»

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Aprii gli occhi e la luce mi accecò in un istante. Mi portai una mano davanti per placare tutto quel bagliore e dopo una breve esitazione constatai che mi trovavo nel mio letto, completamente vestito con tanto di scarpe. Ricordai gli ultimi avvenimenti della sera precedente, anche se un po' a fatica.

I miei amici al locale, il caos, io che uscivo perché mi ero sentito male e per finire il litigio.

Già, il litigio.

Non ricordavo con precisione le parole che avevo usato ma di una cosa ero certo: sicuramente ero dalla parte del torto perché rammentai Jimin che mi diceva che avrei dovuto rimediare. Non sapevo nemmeno da dove iniziare, non ero bravo in queste cose e solitamente non litigavo con nessuno, però la notte precedente avevo toccato il fondo e i ragazzi avevano ragione quando mi dissero che ogni weekend mi riducevo ad uno strazio. Non riuscivo a fare a meno di farmi del male. Perché? La causa era la situazione che stavo vivendo: il mio rapporto con il mio patrigno andava sempre peggio e adesso avevo anche mia madre contro, non davo esami da non so quanto e in aggiunta avrei dovuto trovare qualcosa per racimolare dei soldi. Mi venne in mente ciò che mi accennò Jimin: mi aveva parlato di un lavoro da svolgere al telefono ma in quel momento mi sfuggiva, avevo ancora i postumi della sbornia e non ero in grado di connettere.

Mi passai una mano sul volto così da provare a darmi una svegliata e mi diedi due colpetti sulla guancia per riassestarmi ma invano; quando tentai di alzare la testa dopo due secondi ricadde pesantemente sul cuscino. Fui sul punto di richiudere gli occhi finché non sentii bussare alla porta, il che mi fece sobbalzare.

Aspettai una manciata di secondi e poi mi decisi a rispondere.

"Chi è?"

Nessuna risposta. Speravo non fosse mia madre perché non volevo farmi vedere in quello stato e non avevo voglia di sorbirmi possibili sgridate.

Ritentai. "Chi è?"

"Posso entrare?"

Non feci in tempo a dire di no ed ecco che la porta si aprii e mi trovai davanti lui.

Era Taehyung, il mio fratellastro.

Ci guardammo e non seppi che dire. Tutto ciò che pronunciai fu "chiudi in fretta prima che mamma se ne accorga!" E così fece. Ma la domanda che mi sorse spontanea fu: che diavolo ci faceva in camera mia?

"Ti serve qualcosa?" - gli domandai con un filo di voce.

"Ieri notte hai fatto un casino nero"

"Cosa? No non è vero, sono stato attento a fare silenzio"

"Non credo proprio, hai anche rotto la ciotola di ceramica nel tavolino dell'ingresso"

"Oh merda!" - imprecai - "mamma si arrabbierà tantissimo e..."

"Puoi stare tranquillo, ho raccolto i cocci e li ho messi in una busta che ho ben nascosto sul fondo della pattumiera"

"Davvero? Grazie"

Ci guardammo in silenzio senza sapere cosa dire finché non si pronunciò.

"Perché lo fai?"

"Faccio cosa?" . Fu sul punto di replicare ma ecco che il mio cellulare si mise a vibrare. Buttai un'occhiata e constatai che Jimin mi aveva mandato ben tre messaggi a distanza di pochi secondi l'uno dall'altro, ci cliccai sopra e li lessi.

JM: come ti senti oggi?

JM: ti passo a prendere alle 13:00, dobbiamo parlare!

JM: mi vuoi rispondere? Beviti due caffè belli forti così ti svegli

From sunset to eternity | TaekookWhere stories live. Discover now