QUATTORDICI

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[ognuno è nella sua piccola bolla e forse a volte va bene così]

«Mancano due settimane. Ti senti pronto?»

Jeongguk si fermò. Non me l'aspettavo.
Corrugò la fronte. Sì, se l'aspettava. Ma non si aspettava di non sapere come rispondere. Aveva evitato di pensarci da quando gli era stata comunicata la data del processo.

«Credo... di sì».

Jeongin sbuffò una risata. «Non credo tu sia poi così misterioso e spaventoso come dicono», sollevò il bicchiere e lo rigirò lentamente, osservando il liquore spostarsi, alzarsi e abbassarsi seguendo le pareti lisce in cui era confinato. «Credo tu sia solo un ragazzino».

Il suo tono non nascondeva scherno, non stava cercando di farlo innervosire e non stava cercando di provocare in lui alcun tipo di reazione. In realtà, non sembrava affatto interessato a Jeongguk o cosa provasse, in quel momento. Jeongguk sorrise e si guardò le mani senza rispondere.

Un ragazzino. Era quello che era. Era un ragazzino. Poteva essere un ragazzino. Non doveva guardare il proprio orologio in attesa del ritorno di Soyeon, prepararle tisane, preoccuparsi e sperare che lei avesse abbastanza mal di testa da non volergli parlare.

Non doveva pulire casa, non doveva raccogliere le bottiglie vuote che lei si lasciava dietro, trattenere i conati di vomito mentre le teneva i capelli raccolti dietro la testa e aspettava che finisse di rimettere e singhiozzare sulla bacinella.

Sentì gli occhi pizzicargli, poi la vista gli si offuscò, e stava già iniziando a perdere fiato quando Jeongin gli diede una leggera gomitata. «Non devi nasconderti ed essere misterioso per essere forte, sai».

«Lo so», bisbigliò Jeongguk. Faticava ancora a crederci, ma lo sapeva. Fece particolare attenzione a tenere la voce bassa, perché sapeva anche che se l'avesse alzata gli si sarebbe spezzata, e sarebbe crollato. E non era lì per quello.

Jeongin ingoiò quel che gli restava del Cognac sul fondo del bicchiere e lo guardò.

Come ogni volta che erano vicini, il viso del cugino di Taehyung gli ricordò chi fosse. Suo cugino. Si somigliavano spaventosamente.
Jeongguk trattenne appena una smorfia e riabbassò lo sguardo sulle proprie mani, quasi studiandone le linee. Ma Jeongin sembrò essersene accorto, perché seguì il suo sguardo. Lo smalto nero dava un aspetto più delicato e allungato alle sue dita.

Ricordava ancora Taehyung canticchiare mentre vi lavorava, baciare il dito di ogni unghia dipinta. Finita una mano intera, ne baciava il dorso.

(«Stai fermo», mormorò soffiando sul suo pollice prima di baciarlo con un sorriso.

Le guance di Jeongguk andarono a fuoco. «Incendio doloso», finse di fare una smorfia, ma Taehyung lo guardò confuso, con il suo solito sguardo da cucciolo.

«Incendio», ripeté Jeongguk, indicandosi le guance mentre si sentiva arrossire ancora di più, «doloso. Piantala».

Taehyung lo guardò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere e si sporse verso il suo viso per premere le labbra sulle sue. Stava ancora ridendo, e Jeongguk non poté fare a meno di seguirlo, così i loro denti si scontrarono.

«Mi piace questa cosa» sorrise Taehyung, baciandogli il dito seguente.

«Che cosa?»

«Questa cosa che mi dici tutto quello che ti passa per la testa. Stai cambiando, Jeongguk».)

Jeongguk dovette trattenersi parecchio per non perdere di nuovo il fiato. Perché era così facile da leggere? Era davvero un libro aperto per tutti? Perché non era più capace di scacciare via le proprie emozioni prima che qualcuno se ne accorgesse?

il club dei cuori spezzati // ggukv | (in revisione)Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang