DODICI

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[amo il suo profumo (quello del caffè... ovviamente)]

I suoi capelli sono morbidi, quando ci passo le dita in mezzo. Riccioli scuri, il cui volto non sono riuscita ad allontanare dai miei pensieri sin dal primo respiro preso nella stessa stanza. Sofia sorride, con gli occhi chiusi. Si tiene le mani posate sulla pancia gonfiata dal ponch e i muffins rubati durante l'homecoming.
Ha l'aria stanca, con quei segni sotto gli occhi. Mi chino sul suo viso e poggio le labbra sulla sua fronte. Abbasso le palpebre.

«Mi piace quando gratti così la mia testa, Ney...». La sento mugolare, e mi scappa un sorriso: «Sei un gatto?»

«Magari...» riapre gli occhi, e faccio lo stesso quando mi accorgo del suo sguardo. Così penetrante, ma così triste. Le guardo le labbra giusto per un secondo, prima che lei parli. Non mi ero accorta di quanto vicina io sia al suo viso.

«Ney...» le prendo le mani e gliele stringo, i nostri respiri che si scontrano e si intrecciano tra loro. Incredibile quanto le cose siano cambiate in una settimana. «Courtney... ho freddo...»

E vodka, ho dimenticato di aggiungere. Mi chiedo come le sia venuto in mente di aggiungerla al proprio ponch, dietro la palestra, per non farsi beccare. Vedo i suoi occhi brillare. Inizio a perdere la calma. «Sofia, va tutto bene... non c'è bisogno di piangere, okay?» mi blocco e la guardo. «Anzi, ce n'è bisogno. Ma parliamone, okay?»

Lei sorride, grata, ma la minima traccia di contentezza sparisce dal suo volto quando le prime lacrime iniziano a farsi strada verso i suoi zigomi. Mi sfilo tacchi e calze e mi metto accanto a lei. Sul suo addome poggiamo le nostre mani strette. Il suo petto sobbalza e cerca più ossigeno mentre i primi singhiozzi iniziano a sfuggirle dalla bocca, a penetrarmi nelle orecchie e farmi male. Non perché sono rumorosi, ma perché ne percepisco il dolore.

«Possiamo... non so, non parlare di nulla? Solo io e te, Ney...» mi stringe la mano e me ne bacia il dorso con dolcezza, ma non smette di piangere. Io mi limito ad annuire, passandole i pollici sotto gli occhi. Nel silenzio e nella confortante fragranza di ciliegia della sua camera da letto, il suo pianto si arresta. Mi rendo conto solo ora di quanto dolore le si sia imbottigliato dentro prima di esplodere, dando prova della sua silenziosa vita nel petto di Sofia. Esplodere e creare fuochi d'artificio non necessariamente belli. Ma di cui vale la pena di assistere.

So che sta pensando alla sua ex, al suo primo amore, il suo primo disastro. Vorrei cancellare questo ricordo dalla sua mente, ma prima o poi si renderà conto che tutto quello che ha passato non ha fatto altro che renderla forte e ammirabile. Sembrano passare ore prima che lei parli.

«Mia madre ha sempre detto che Bagoas e i ragazzini come lui meritavano di più...» si zittisce per qualche secondo, facendo una risatina tutt'altro che divertita, «scusa, non so cosa c'entri, mi è solo volato per la mente. In ogni caso... pensi che anche io meriti di più?»

Annuisco. Questa volta le sorrido. «Ti meriti il mondo, Sofia. Ma non questo. È troppo grezzo, troppo violento, troppo...» sorride anche lei quando inizio ad incespicare nelle mie parole, e, ubriaca ma sincera, sussurra: «È tutto troppo, qui, Ney... scappiamo insieme».

«E dove?»

«Sulla luna...» il fruscio delle tende ci fa voltare lo sguardo: il vento le divide per mostrarci la luna. Non è ancora piena, ma Sofia la tiene tra le dita; sorride e stende un braccio, allungandolo verso la finestra.

«Sicura che riusciremmo a respirare?»

«No, Ney...»

«E allora?»

«Ma è questo il punto...» torna a guardarmi, abbassando il braccio. «Non respireremmo».

Ricambio lo sguardo per qualche secondo, poi lo sposto sulla luna e mi faccio scappare una risata. Ride anche lei, sguaiata e rumorosa, e ringrazio mentalmente che non ci sia nessuno in casa. Risate, risate e risate. Per qualche motivo, queste si interrompono e le mie labbra si ritrovano contro le sue, le mie mani che cercano la sua vita, le sue sulle mie guance.

il club dei cuori spezzati // ggukv | (in revisione)Where stories live. Discover now