TREDICI

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[promesse al grado alcolico 40% di due diciassettenni in un parco]

I venerdì sera erano sempre stati i preferiti di Jeongin. Erano tranquilli, e segnavano l'inizio dei due giorni della settimana più amati: sabato e domenica. Non che a lui importasse particolarmente, dato che il suo lavoro di artista freelance non aveva orari e giorni che lo delimitavano, ma non fu difficile per lui abituarsi alla vita del lavoro d'ufficio quando i suoi genitori potevano permettersi del tempo con lui solo se non avevano mattine e pomeriggi occupati.
Erano quelle sere che hanno aria di fresco, quelle del venerdì. Sapevano di Taehyung, quella testa calda che non gli dava mai ascolto e preferiva curare che prevenire. Sapevano di libertà, di qualcosa che non provava dall'ultimo giorno di scuole superiori, che lo invadeva e lo faceva sentire leggero, anche solo per i pochi minuti che dedicava al calendario appeso alla sua parete ogni sera.

Ed era strano pensare che fosse un sentimento universale, quello, perché anche chi si spaccava la schiena il fine settimana riconosceva il venerdì come il bel giorno che era.
In qualche modo, lo stesso valeva anche per Taehyung, che, sul balcone della sua stanza, si faceva piccolo tra le braccia di Jeongguk e gli parlava di costellazioni. Ma non ne sapeva nulla, di cielo notturno, quindi se le inventava: quella sembra un triangolo iso... scaleno? Come si chiamava? E quella accanto un quadrato. Ha gli angoli un po' smussati.

Gli piaceva sentirsi piccolo tra le sue braccia. Piccolo piccolo, quanto le stelle che stavano osservando con il livello d'esperienza di un umano che non le aveva mai viste da vicino; piccolo fino a scomparire, a nascondersi dagli occhi del mondo, che, se all'inizio lo punzecchiavano tanto da dargli fastidio, in quel momento lo ferivano.

Quelli che lo proteggevano, però, erano gli occhi che avrebbe sempre guardato di rimando, che lo accarezzavano, invece di fargli del male, nonostante le punte affilate.
E Jeongguk sapeva cosa sta facendo, finalmente. Teneva stretto Taehyung tra le braccia, era sicuro che non lo avrebbe perso, questa volta. O quasi.
O quasi, perché guardandolo negli occhi vedeva quel briciolo di speranza nel ritorno di Minseok. Tuttavia, non riusciva a sentirsi arrabbiato. Lo sapeva bene anche lui che, quando l'amore ti viene respinto, non ti resta che amare ancora di più, con più insistenza, come se sforzarti di mostrare il tuo cuore lacerato potesse davvero mai servire ad attirarne un altro.

Quegli occhi annebbiati che non riuscivano a capire dove guardare, come rimanere aperti per troppo tempo senza piangere. Jeongguk odiava vederlo piangere e odiava saper dimenticare tutto tranne il calore che gli germogliava nel petto quando vedeva Taehyung sorridere. Ma, allo stesso tempo, a chi importava?, si chiese. E, a pensarci...
«Alla fine non frega proprio un cazzo a nessuno» mormorò, «a nessuno importa davvero...»

Taehyung lo guardò confuso, giochicchiando con la cerniera della giacca di Jeongguk. «A nessuno frega niente se sei frocio, Taehyung. Vieni con me».
Ma Taehyung lo fissò, sbalordito, e poi scoppiò a ridere, afferrando la sua mano. Rideva così forte che perse l'equilibrio per un attimo, approfittandosene per poggiarsi al suo petto. «Ma che stai dicendo?»

«E a nessuno frega un cazzo se sono al mondo, Taehyung» sorrise, chinandosi su di lui per baciargli la fronte, «non pensiamo a nessuno, stasera, perché a nessuno frega, e nessuno ci pensa».

Taehyung non aveva mai visto Jeongguk così felice. Si dondolavano sull'altalena del parco deserto, l'uno accanto all'altro. Due mani congiunte, altre due costrette ad avvolgere colli di bottiglie di vodka fredde. E se lo stomaco di Jeongguk bruciava al solo guardare quella al limone di Taehyung, le sue labbra erano in fiamme per la voglia di baciarlo.

«Spiegami un po'» sorrise Taehyung, attaccandosi alla propria bottiglia, «come siamo finiti qui? Poi... non avevi una paura fottuta dell'alcol, tu?»

il club dei cuori spezzati // ggukv | (in revisione)Where stories live. Discover now