QUATTRO

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[non è mai troppo tardi, ma chi glielo dice, al me adolescente?]

«Ma che cos'hai che non va?»

Jeongin sorride alla mia smorfia e ridacchia, scuotendo la testa. «Dio, sei così tenero. Se non fossi mio cugino, Taehyung, su di te ci farei qualche pensierino».

Quando faccio per rispondergli, rosso in viso, papà si allontana dai fornelli per sistemarci il pranzo ancora incandescente sui piatti con le rifiniture d'oro ai bordi: quelli riservati agli ospiti. Il sorriso di mio cugino si fa dolce mentre s'inchina. «Grazie, zio Manfred, ma questa volta chiedi pure a me di aiutarti qui in cucina».

«Non ci pensare neanche, figliolo. Ringrazio io te per la tua gentilezza» papà sorride e si siede di fronte a noi.
«A forza di stare solo con il mio Taehyung-ie mi sono dimenticato di che cosa significa essere educati».

«Non ne parlare così, zio. Il piccolo Tae deve ancora crescere, è più che normale».

Spero di trafiggerlo con lo sguardo mentre ringhio, stringendo tra le dita la forchetta attorno cui stavo arrotolando rabbiosamente i miei spaghetti. «La tua finta disponibilità tienila per te, ipocrita».

«Non è tenerissimo?» Jeongin ride e mi fa l'occhiolino, accarezzandomi la testa. Mi pento di non essermi spostato accanto a papà.

Manfred scuote la testa con un mezzo sorriso sulle labbra e riprende a mangiare dopo avermi mandato un'occhiata. Mi allontano dalla mano di quello stronzo d'un cugino, non potendo fare altro che imbronciarmi, e riprendo a mangiare.

Si sta verificando proprio quello che temevo, con l'arrivo inaspettato di Jeongin. Mi giro a guardarlo, quell'espressione rilassata mentre mangia mi fa pensare alla mamma: si somigliano molto, questi due. Riabbasso lo sguardo sul mio piatto, spostando silenziosamente gli spaghetti sopra questo con la forchetta. Sono invidioso di lui, ma ogni volta che lo guardo in faccia non posso fare a meno di pensare a lei. Finirei per impazzire ogni volta, guardandomi allo specchio, se davvero avessi quei tratti dolci sul viso.

I rari capelli grigiastri sulla testa di papà, in mezzo a quel mare pece, riflettono la luce potente di mezzogiorno che entra dalla finestra, si creano ghirigori d'ombra ballonzolanti sotto i suoi occhi ogni volta che batte le palpebre. Spesso non rifletto sulla sua bellezza particolare, spesso non penso a quante rassomiglianze possa qualcuno notare sui nostri visi. Eppure, io sono solamente una brutta copia della mia famiglia, in cui sono tutti incredibilmente belli e di successo.

Il mio pranzo è ancora quasi tutto sul piatto e, non appena mi alzo in piedi, gli sguardi di Jeongin e papà scattano su di me. Il secondo si acciglia, probabilmente confuso: di solito, ci mancherebbe solo che io lecchi il piatto. «Dove stai andando?»

Gli rivolgo solamente un'occhiata, poi riabbasso gli occhi e sistemo la sedia sotto al tavolo, uscendo dalla cucina per chiudermi in camera.

Mi sistemo le cuffie sulla testa e alzo il volume: l'ultima cosa di cui ho bisogno è sentire i miei pensieri.

-

«Ehi, dolcezza» Jeongin entra nella stanza con un sorriso che io prontamente ignoro, continuando a scrivere sul mio computer.

«Ho un tema da consegnare domani», lo precedo, le mie dita che si muovono più velocemente sulla tastiera, il correttore automatico che sostituisce a modo suo gli obbrobri che mi sfuggono di tanto in tanto, «alias non ho tempo per le tue cazzate. Alias vattene

Ma lui ride soltanto e si siede sul bordo del letto. «Spicy» commenta, e con la coda dell'occhio e una vampata di calore che si concentra sul mio viso lo vedo leccarsi le labbra, «non pensavo fossi capace di tutto questo, piccoletto».

il club dei cuori spezzati // ggukv | (in revisione)Where stories live. Discover now