DUE

335 44 59
                                    

["amici"? cosa sono, si mangiano? perché la loro mancanza sembra aver consumato me]

Quando mi svegliai, il mio sguardo finì dritto sul cuscino accanto al mio. Adoravo l'idea di un letto matrimoniale, quando io e Minseok stavamo ancora insieme, perché quando certi pomeriggi veniva a casa nostra e papà non c'era era molto comodo.
Allora ero solo, però, e il vuoto inutile accanto alla parte di letto in cui dormivo non faceva altro che farmi venire la nausea: non sapevo più se fosse la mia immaginazione, ma era come se sentissi ancora il suo profumo.

Il più piccolo ricordo di me che glielo spruzzavo sul collo, una mattina, e lui che mi guardava come se fossi la cosa migliore che gli fosse mai capitata bastò a rendermi le gambe deboli.

Sospirai e diedi la schiena al lato vuoto del letto, forse nel patetico — e fallimentare — tentativo di nascondermi anche dai miei pensieri.

Mi ritrovai a pensare che il club dei cuori spezzati avrebbe potuto salvarmi da una possibile pazzia, una demenza imprevista. Forse la demenza mi avrebbe impedito di continuare a pensare.

Tentai di sorridere davanti allo specchio. Papà mi insegnò che «Fingere va bene, quando non sai che altro fare», e se la mia risposta istintiva non fu altro che una smorfia, un po' ci credevo.
O quasiㅡ mi passai una mano tra i capelli e, per un momento, mi sembrò di sentire il retrogusto amaro di tutte le amicizie che mi lasciai dietro farsi presente nella mia bocca.
Ero sempre stato io ad abbandonare, sempre stato io a pentirmene solo dopo. La paura di non apparire perfetto mi afferrava per i capelli e, ogni notte, mi pugnalava, mi premeva un piede sul petto facendo sempre più pressione, mi ordinava con bisbigli rochi e aggressivi di allontanare, ferire, abbandonare.
E io, come uno stupido, pendevo dalle sue labbra quasi stesse suonando un piffero magico.

Ma ce la posso fare, questa volta. Lo spettro di mia madre mi posa le mani sulle spalle e mi sorride, con quel viso pallido e stanco ma sempre felice. Sempre sereno. Solo per me. Serro le palpebre, una marea di parole bloccate sul fondo della mia gola da quando i miei pensieri hanno perso le aliㅡda quando i miei sentimenti hanno tagliato anche le mie.
Eppure, questa volta, nessuna parte di me diverge dalle altre con il solo obiettivo di confondermi. Questa volta, sento finalmente i miei pensieri correre verso un'unica direzione: la scuola, nella classe vuota messa a disposizione per quel club.

Prendo un respiro profondo e, quando riapro gli occhi, alle mie spalle c'è solo il vuoto della mia stanza spaziosa. L'enorme orso di peluche sopra il mio comodino mi sorride, augurandomi buona fortuna con quel cuore di pezza cucito al petto morbido, rigonfio di cotone. Sorrido anche io.
Afferrata la giacca, corro al piano di sotto dove papà ancora dorme sul divano: ringrazio il giorno in cui ha deciso di installare la moquette rossastra su scale e pianerottolo. Gli bacio una guancia ed esco, sperando non venga svegliato dalla scia di profumo che mi sono lasciato dietro correndo verso l'uscita.

A piedi, ho tutto il tempo per guardarmi attorno senza dovermi sporgere dal finestrino dell'auto rossa di papà: Portland, come qualsiasi altra città, necessita di essere osservata. Bisogna gustarsi ogni angolo, ogni vecchio albero eㅡ ogni merda d'uccello. Faccio una smorfia, guardando a terra, dove quella dannata macchiolina bianca stava per venirmi addosso. Sospiro e riprendo a camminare, sorridendo nel sentire lo scricchiolare delle ultime foglie rinsecchite sotto le mie scarpe, bianche sì, ma quasi consumate dal mio continuo indossarle.

Cullato dai sospiri del vento di questo pomeriggio, finalmente arrivo davanti alla Portland High School, di cui i colori mi ricordano vagamente il frappuccino al caramello che mi concedo alcune mattine. Per un attimo sento tutte le mie insicurezze sgonfiarmi il petto carico con cui sono riuscito a venire fino a qui, e mi obbligo rigonfiarlo e darmi due schiaffi sulle guance. Mi strofino le mani sudate sui jeans chiari e prendo un respiro profondo, le spalle strette mentre le mie labbra si muovono seguendo il testo di Angel With a Shotgun, l'unica canzone che al momento può portare un minimo di calore al mio cuore e sicurezza ai miei pensieri.

il club dei cuori spezzati // ggukv | (in revisione)Where stories live. Discover now