Traccia 116.

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"Stai bene, Beba?" mi sussurra qualcuno nel cuore della notte. L'orologio segnava le tre del mattino e i miei occhi non volevano chiudersi ma solamente riempirsi di lacrime con la mia mano che teneva chiusa la bocca per non far sentire i singhiozzi che uno a uno uscivano dalle mie labbra.
"Beba?" mi sussurra qualcuno nuovamente. Velocemente mi asciugo gli occhi per girare lo sguardo e notare la faccia di Alice, che usciva dal lenzuolo che ricopriva il suo piccolo corpo.
"Cosa è successo?" domanda lei, notando la mia figura girarsi verso la sua direzione.
"Sono solo triste" sussurro io, asciugandomi le lacrime con il lenzuolo arancione.
"Sembri sempre distaccata" sussurra lei nel cuore della notte con affianco Aisha che dormiva tranquillamente.
"Lo pensi davvero?" domando io, puntando gli occhi verso il soffitto.
"È come se ti isolassi da tutti, poi quando sei con Christian sei totalmente diversa, come se rinascessi." continua a parlare lei in modo quasi impercettibile. Al sussurro di quel nome sento le lacrime aumentare di più fino a farmi alzare dal letto.
"Ho detto qualcosa di sbagliato?" dice subito lei vedendomi seduta nel letto.
"No, vado solo a bere un bicchiere d'acqua" dico io, prendendo le cuffie, insieme all'Mp3 dal comodino e scappando da quella stanza. Strisciando i piedi per terra arrivo fino alla cucina per appoggiarmi nel tavolo della cucina e sentire le lacrime che pizzicavano i miei occhi, e i singhiozzi che si sentivano sempre più forti.
Dalla cucina rivolto lo sguardo verso il primo giardino, dato l'orario, era desolato. Apro lentamente la porta per chiuderla alle spalle e sedermi in una panchina per girarmi velocemente una sigaretta e accendermela. Con lo sguardo verso il grande albero mi avvicino lentamente per rimanere immobile in mezzo al giardino con le cuffie nell'orecchio e la canzone che non tardava ad arrivare.

"Entra".
A quell'affermazione il mio sguardo rivolto al cielo scuro cade sulla sua figura nel ciglio della porta in cui era leggermente aperta con lui dentro, sicuramente avendo freddo. Mi avvicino leggermente per appoggiarmi al cornicione bianco della casetta.
"Penso che tu abbia rovinato tutto" sussurro io, girando lentamente sul cornicione in cui fino poco fa ero appoggiata.
"Io ti amo ancora, lo sai" sussurra lui, chiudendo alle spalle la porta e appoggiando la schiena nella parete.
"Perché?" domando io, appoggiando leggermente la testa e rivolgere i miei occhi verso la sua figura, che stava giocando con il mio elastico nero.
"Lo sai il perché"dice lui in un sussurro girando lo sguardo verso di me, che riprendo a girare lentamente in quel piccolo spazio.
"Lo sapevi che ti amavo? Non parlo di litigi o le notti rinchiusi nei stanzìni, parlo di amore. Ti sei sentito amato da me?" domando con voce rotta, fermandomi di colpo e sentire il freddo che entrava nelle ossa.
"Non lo so..." sussurra lui dopo un momento di silenzio. A quella affermazione alza lo sguardo verso di me, con i miei occhi già rivolti verso di lui. Si avvicina lentamente a me per afferrarmi in un abbraccio e sentire le mie lacrime che bagnavano la sua maglietta e le mie mani che stringevano i lembi della sua maglietta.

"Buongiorno" dico io, entrando velocemente nella Sala Canto 6. Appoggio il borsone ad un lato della stanza per poi rivolgere lo sguardo oltre il plexiglas e notare la presenza sia di Antonella sia di Raffaella, con chi avevo fatto poche lezioni.
"Cosa è successo?" domando io, togliendomi la mascherina e avvicinandomi alle loro figure.
"Oggi faremo una lezione particolare" dice Raffaella, girandosi verso Antonella, che muoveva la testa in modo affermativo.
"Cioè?" domando io, togliendomi dalla borsa i fogli delle assegnazione per la puntata.
"Oggi non servono quelli"dice Antonella indicando i miei fogli, tutti scarabocchiati.
"Non ho capito"
"Oggi vogliamo solamente parlare con te. Quindi siediti e metti apposto i testi" dice Raffaella.
"È difficile per me" sussurro io, sedendomi e iniziando a torturarmi le mani.
"Perché è difficile?" mi domanda Raffaella oltre il plexiglas.
"Perché raramente racconto di me alle persone"
"L'hai mai fatto?"
"Si, una volta"
"Ti fidi di quella persona?"
"Penso di sì" sussurro io, voltando lo sguardo verso un punto lontano sentendo una lacrima scendere dalla guancia che subito raccolgo con la mano.
"Perché piangi?"
"Perché penso di aver perso quella persona" sussurro nuovamente io, puntando gli occhi verso le mie dita non più avvolte da quel anello, regalato a Natale .
"Dici questo perché, Benedetta?" mi domanda questa volta Antonella con tono dolce.
"Perché penso di non esser grado di amare le persone. È sempre stato così. Quello a cui tengo di più lo perdo in un secondo e neanche me ne rendo conto"
"Da cosa pensi sia causato?"
"Da me stessa"
"È questo che vuoi trasmettere attraverso la canzone che hai scritto qualche settimana fa?"
"Si" dico io, mettendomi le mani nei capelli portandoli dietro le orecchie e ricordando come ogni volta lo faceva lui per osservarmi il viso e poi appoggiare le labbra sulle mie e rimane incastrati per ore senza mai stancarci.
"Che non riuscirò a spiegarmi perché non l'ho mai fatto. Non ho mai scritto una cosa bella. Cosa vuoi intendere con queste frasi?" mi domanda Raffaella, leggendo le frasi nel mio foglietto, dato qualche giorno fa alla mia professoressa.
"Non ci riesco, Raffaella" sussurro io, portando le mani nel mio viso e nascondendolo.
"Provaci, Benedetta" mi sussurra Antonella.
"Non ho mai parlato nella mia vita, non ho mai avuto il coraggio di dire qualcosa. Sono sempre stata zitta, in un angolo a guardare le altre persone vivere. Io per anni sono stata rimasta a guardare le vite degli altri senza vivere la stessa mia vita. Mi sono sempre sentita una qualunque che non aveva un obbiettivo nella vita. E quando qualcuno mi chiedeva di esprimermi, non l'ho mai fatto per la paura di essere giudicata, di essere giudicata come una persona diversa da me." dico io, in un sussurro impercettibile che neanche io riuscivo a sentirmi.
"Qualcuno ti ha mai giudicata?"
"Si"
"Chi?"
"Me stessa" dico io, alzando gli occhi e incontrando gli occhi delle due professore che mi guardava attentamente.
"Sapete, talvolta ci rifletto e vorrei essere bella come il mare. Io voglio essere bella come il mare perché è forte ed è femminile da morire, al contrario mio. Ed entrambi gli aspetti rendono il mare un mare. Mia nonna abitava vicino al mare e quando andavamo a trovarla, andavamo sulla spiaggia e io chiudevo gli occhi e poi nuotavo, nuotavo, e non importava dove stessi andando e cosa potesse succedere" dico io, immaginando nella mente le immagini del mare.
"Ci siamo riuscite" dice Raffaella rivolta ad Antonella.
"Cosa?" domando io verso le due donne.
"A farti esprimere un pensiero" dice Antonella rivolgendomi un sorriso.
"Possiamo concludere la lezione qua" dice Raffaella, seguita dall'altra donna.
"Posso restare qua per provare il pezzo?" domando io alzandomi dallo sgabellino.
"Si però non fare tardi. Noi ci vediamo domani" mi dice Antonella prima di sparire dietro la porta insieme a Raffaella.
Una volta uscite, riprendo dalla mia borsa i fogli insieme al quaderno per andare nello spazio degli strumenti e ultimate la produzione del nuovo pezzo.

"Benedetta"
Vengo risvegliata dal suono della melodia della canzone al suono della sua voce.
"Che c'è?" domando io tenendo però gli occhi rivolti verso il computer.
"È tardi, dobbiamo rientrare in casetta"
"Adesso rientro, tu vai"
"Ti aspetto fuori" dice lui, come se non avesse sentito la mi ultima affermazione. Subito dopo prendo tutto il mio materiale per spegnere il computer e le luci della sala per uscire, attraversare il corridoio, e chiudermi alle spalle la porta di sicurezza alle mie spalle. Sento i suoi passi seguirmi, così metto le cuffie nelle mie orecchie e avviare la prima canzone in riproduzione. Dopo una breve camminata, in cui io affrettavo il passo per rientrare prima in casetta, sento una presa nel polso per poi farmi girare verso la sua figura, che inizia a parlare nervosamente. Con la musica a palla nelle orecchie vedo la sua figura gesticolare e continuare a versare parole che io non sentivo.
"Mi hai ascoltato?" mi chiede lui togliendomi dall'orecchio quella cuffia che non mi fece sentire nulla per almeno qualche minuto.
"No" dico io, rimettendo la cuffia e correre via da lui.

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