Capitolo 4

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Avanzò in quel luogo bianco e asettico, e a ogni passo sollevava una nuvoletta dello stesso colore che si dissolveva subito.
Sentiva freddo, così si chiuse in un abbraccio e continuò ad andare avanti in cerca di una via d’uscita.
Ma più continuava il suo cammino e più le sembrò di girare in tondo e a vuoto.
Marinette si guardava attorno spaesata e smarrita.
Davanti a lei il nulla, o meglio una coltre di nebbia fitta che non lasciava intravedere cosa ci fosse dall’altra parte.
Solo bianco.
Paura.
Smarrimento.
Marinette sospirò e continuò fino a quando non sbatté la faccia contro uno specchio.
Si massaggiò il naso cercando di alleviare il leggero dolore che si stava propagando fino a raggiungere la fronte.
Cercò di arginare lo specchio, ma più provava a vedere la sua fine e più questo aumentava la sua superficie a dismisura, diventando un muro infinito sia in verticale che in orizzontale.
Marinette si sentiva strana e le budella iniziarono a contorcersi, il ventre le doleva e anche la testa.
Le ginocchia cedettero e lei fu costretta ad accasciarsi per riprendere fiato.
Ansimò una decina di volte fino a che il respiro iniziò a farsi regolare e il dolore scemò del tutto.
Quando si alzò per riprendere il cammino in mezzo a quel lugubre luogo, sbatté di nuovo su quello specchio irto davanti a lei e coperto nuovamente dalla nebbia.
Rassegnata, guardò il suo riflesso farsi sempre più nitido.
Indossava una tuta rossa a pois neri, eppure ricordava che indossava un paio di jeans e una maglietta rosa.
Controllò di nuovo e rivide sempre la stessa persona, allora pensò che quella mascherata non fosse lei.
Ciao, io sono Marinette!”
E lo disse anche il riflesso nello specchio.
“Non copiarmi” Continuò portandosi le mani sui fianchi, un gesto che fece anche  l'altra ragazza.
Marinette si avvicinò di più ed iniziò a toccarsi la faccia, ma quando fece per levarsi la maschera, l’immagine cambiò di colpo.
Apparve un vecchio con pizzetto e bastone con accanto a lui una donna della stessa età più o meno.
La corvina alzò una mano in segno di saluto e la stessa cosa fecero anche loro.
“Chi siete?”
“Chi siete?” Fecero eco loro prima di svanire lasciando il posto a una scatola ovale rossa con degli strani simboli che continuava a girare, girare e girare, proprio come la sua testa.
Ne uscirono circa una decina di animaletti strani spaventandola e le sue urla riempirono quel luogo.
“Aiutatemi”
“Non possiamo, Marinette” Disse quella rossa con un punto nero enorme sulla testa prima di essere assorbita dalla scatola che poi esplose come un fuoco d’artificio lasciando il posto ad una figura austera e imponente.
Vestiva molto elegante e indossava una maschera bianca che gli copriva tutto il volto, quando la tolse, il suo viso era senza naso, senza occhi e senza bocca.
Marinette indietreggiò e cacciò un urlo che echeggiò in quel luogo misterioso mandando in frantumi l'infinito specchio e le sue schegge schizzarono in ogni parte come fossero coriandoli argentati durante i festeggiamenti di Capodanno.
La figura uscì dallo specchio con un sol balzo “Dammi il tuo miraculous” Protese poi la mano in avanti attendendo che il suo ordine venisse svolto.
La corvina gli volse le spalle e cercò di correre via, ma più ci provava e più le sue gambe sembravano essere incollate al pavimento e trattenute dalla nebbia.
Cascò in avanti, e quando alzò lo sguardo vide un eroe mascherato di nero, dalla forma felina.
Bello e misterioso.
Non ne fu spaventata, ma affascinata.
Lo guardava come fosse un Adone e sentiva una strana forza dirle che non doveva scappare come gli aveva detto, ma combattere al suo fianco. Solo così avrebbero sconfitto quell'essere ignobile.
Ci penso io qui, Marinette! Scappa” Le disse parandosi davanti a quel mostro uscito dallo specchio.
“Chi sei?”
“Chat Noir!” Le fece un inchino.
“Non posso andarmene. Lo affronteremo insieme!”
Chat Noir si tolse la maschera, ma non riuscì a vedere bene chi c’era dietro tranne le sue labbra sottili “Io e te insieme contro il mondo, milady”.
“Sempre” Gli disse stringendogli la mano.
Il suo sorriso era la cosa più bella che aveva visto fino ad ora e riusciva a metterla a suo agio, quando all’improvviso venne colpito da un akuma, trasformandosi in Chat Blanc.
“Mi spiace, Milady!” Chat Blanc venne avvolto da una luce accecante che esplose poco dopo.
*
Marinette si svegliò ansimante e tutta sudata.
Scostò le coperte e si mise seduta sul letto portandosi le mani dentro i capelli.
Il cuore le batteva forte nel petto e sembrava uscire fuori dallo sterno.
La fronte grondava di sudore e non solo quella, tutto il corpo di Marinette era completamente bagnato.
Sospirò cercando di mettere in ordine le idee, ma più si sforzava e più la testa iniziava a dolerle e l’ansia e la preoccupazione scaturita da quell’incubo stava passando in secondo piano.
Aveva bisogno di sapere che cosa significasse quello che aveva appena vissuto e dal suo diario l’unica persona che poteva aiutarla era proprio Alya.
Lei conosceva il suo segreto e con molta probabilità avrebbe potuto essere utile a risvegliare qualche ricordo che albergava ben nascosta nella sua mente.
E forse anche Adrien aveva un ruolo in tutto questo, del resto quel 'Milady' con cui continuava a rivolgersi a lei in ospedale, lo aveva detto anche quel super eroe misterioso nel suo sogno.
Quando era andata a trovarla in ospedale, ebbe la sensazione che il rapporto che intercorreva tra di loro fosse più di una semplice amicizia, eppure non era riuscito a darle più informazioni, o semplicemente glielo avevano impedito.
*
“Marinette, è ora di andare a scuola!” Annunciò sua madre palesandosi in camera sua, e fu sorpresa di trovarla già pulita, profumata e vestita. Di solito non la svegliavano nemmeno i colpi di cannone.
“Sono pronta mamma!” Annuì convinta, ma non troppo.
D'ora in poi sarebbe cominciata per lei una parte difficile, e aveva letto da qualche parte su internet che coloro i quali vengono colpiti da amnesia possono soffrire di improvvisi attacchi di panico dovuto al non riconoscere luoghi e persone frequentati abitualmente, oppure di terribili emicranie dovute a impulsi troppo violenti a cui viene sottoposto il cervello.
Ma i medici le avevano detto che poteva ricominciare con le vecchie abitudini.
*
Marinette si fermò ai piedi della scalinata di marmo che le sembrò una montagna altissima da scalare.
Improvvisamente si sentì spaesata e l’aria le aveva iniziato a mancare quando cercò di mettere il piede sul primo gradino.
Quell’edificio era un luogo sconosciuto, come erano sconosciuti i ritardatari come lei, che si apprestavano di corsa a salire le scale e cercavano di evitarla per non travolgerla.
Sabine, le aveva chiesto se voleva essere accompagnata per il suo primo giorno, ma lei la liquidò dicendo che era abbastanza grande per attraversare la strada e raggiungere il liceo da sola.
Si sbagliava.
Non era ancora pronta ad affrontare gli sguardi inquisitori degli studenti e le occhiatacce delle studentesse più grandi di lei che credevano di conoscere la sua situazione.
Già le vedeva agli angoli a giudicarla e sussurrare tra loro frasi del tipo “E’ quella la smemorata” oppure “Verrà promossa solo per compassione”.
Strinse di più i libri che teneva tra le braccia e si sforzò di non piangere.
Per quanto fosse forte, Marinette, stava per crollare e non sapeva nemmeno lei perché.
Si sentiva sola e si era pentita di non aver accettato l’aiuto della madre.
Improvvisamente quell’edificio le sembrò un mostro gigante che l’avrebbe divorata se avesse varcato la sua soglia, imprigionandola in una dimensione parallela senza dare la possibilità di tornare indietro.
Forse era questo che le era successo, ed ecco perché non riusciva a ricordare  person e avvenimenti.
Deglutì il nulla e girò i tacchi con l'intento di tornarsene dritta a casa, infilarsi il pigiama e chiudere la porta della camera a chiave, isolandosi da tutto e tutti.
Infondo lo era anche in quel momento, non avrebbe fatto alcuna differenza se se ne fosse andata.
Marinette sbattè la fronte contro il mento di qualcuno.
“Ahio!” Aveva esclamato aprendo poi gli occhi e trovandosi davanti Adrien.
Bello come un dio, illuminato dal sole mattutino già alto nel cielo.
“Ti sei fatta male?” Le aveva chiesto amorevolmente massaggiandosi il mento.
“N-no. Anzi, scusami se ti sono venuta addosso”.
Adrien notò subito che il suo tono di voce era strano, come se fosse spaventata.
“Non è un problema, ultimamente sono distratto anch’io” Le sorrise.
La campanella suonò, quello era l’ultimo avvertimento, dopo le porte si sarebbero chiuse lasciandoli fuori. “Entriamo?” Le chiese porgendole la mano.
Marinette esitò, abbassò lo sguardo come se si vergognasse o come se non volesse.
“A-adrien, è che…”
“Marinette… ci sono io qui. Non ti accadrà nulla” Per lei quella ragazza era come un libro aperto e poteva capirla solo guardandola negli occhi.
Era spaventata e lui l’avrebbe aiutata a superare il primo ostacolo.
“E poi non vorrai andare in punizione il primo giorno di scuola”.
La corvina accennò a un sorriso “No, no”.
Adrien le prese la mano ed insieme varcarono la soglia.
“Hai visto? Non è stato poi così difficile. Io e te contro il mondo”
Marinette si tenne la testa e si inginocchiò a terra.
“Che hai??” Chiese spaventato abbassandosi al suo livello cercando di capire che cosa avesse scatenato quel malessere.
“La mia testa!”
“Chiamo aiuto!” Si alzò e si guardò attorno, ma l’atrio era deserto, nemmeno il personale ATA stava transitando di lì.
Adrien venne bloccato per un braccio “Sta passando.” Ansimò Marinette tenendo aperto un occhio.
“Sei sicura?”
Marinette annuì con il capo cercando di alzarsi.
Barcollò, ma Adrien riuscì a sorreggerla.
“E’ stato solo un capogiro.”
“Vieni” Il biondo la condusse nella sala degli armadietti e si sedettero sulla panchina.
“Resta qui, adesso arrivo, vado ad avvisare la signorina Bustier che siamo qui”.
*
Marinette sospirò e ripensò al sogno che aveva fatto quella notte: lei e Chat Noir che combattevano contro quella figura alta e spaventosa, vestita elegante, sui tetti di Parigi.
Era tutto molto offuscato e confuso, alcune immagini non erano nitide e anche il suono della voce era ovattato e incomprensibile.
Quello che però era riuscita a captare erano le parole di Chat Noir, o almeno sembrava lui, che le diceva la stessa cosa di Adrien poco fa.
*
Io e te insieme contro il mondo. Io e te insieme contro il mondo.
*
Si tenne la testa per la rabbia, voleva ricordare.
Marinette voleva ricordare tutto, e non sprazzi o fermi immagine.
*
Rosso. Nero. Pois. Io e te insieme contro il mondo. Chat Noir che si toglie la maschera. Adrien.
*
Adrien era ritornato nello spogliatoio annunciandole che era riuscito a convincere la professoressa a stare fuori per la prima ora.
La Bustier avrebbe terminato di interrogare gli studenti mancanti, quindi non avrebbero perso molto della lezione.
“Grazie! Non devi per forza stare con me, me ne sarei tornata a casa”
“Non è un problema, davvero! Mi piace trascorrere del tempo con un’amica come te”
“Amica… certo!” Esclamò Marinette affranta come se quella parola la odiasse a tal punto da doverla cancellare per sempre da ogni dizionario.
“Qualcosa non va?”
Marinette deglutì un po' di saliva “Dimmi la verità… che cosa siamo noi?”
Adrien sbattè più volte le palpebre e si morse un labbro.
“Ecco… noi…” Balbettò iniziando a sudare freddo, non poteva di certo dirle che erano in realtà i due super eroi di Parigi e che lui era da sempre innamorato di lei, non sapeva come avrebbe reagito, e non s’intende la sua reazione, ma bensì al suo stato di salute.
I medici erano stati molto chiari: evitare gli shock! E darle le informazioni un po' per volta.
L’amnesia era una brutta bestia e se avrebbe recepito un’informazione di troppo le sarebbe potuta essere fatale.
Ci sono casi documentati di gente morta a causa di un aneurisma, o di gente in coma o sotto shock.
“Oh! Eccovi qui!” Intervenne Alya uscita dalla classe per andarli a cercare.
*
continua

Ricordati di meWhere stories live. Discover now