Capitolo 20

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Marinette si risvegliò in un luogo bianco totalmente ricoperto da una fitta nebbia che ne faceva da padrona e che non lasciava intravedere niente a un palmo dal naso.
Annaspò alla ricerca d'aria, perché quella condensa che le entrava nelle narici le opprimeva i polmoni, comprimendoli e spremendoli come fossero una spugna piena d'acqua.
Sentiva anche un dolore atroce nel petto, all'altezza del cuore.
Quando sembrò stare meglio, Marinette si alzò e fu molto sorpresa di ritrovarsi con una lanterna nella mano sinistra,  vuota.
"Adrien?... Grande Guardiano?... Signor Stregone?" Chiamò timidamente cercando di adirare come meglio poteva la coltre di nebbia davanti a lei con le mani per cercare di vederci meglio e soprattutto se era il caso di proseguire o restarne lì in attesa che qualcuno arrivasse.
Non ottenne risposta da nessuno se non un eco.
"Ma dove sono?" Si chiese avanzando in direzione di una luce gialla che mano a mano si faceva sempre più forte rivelando quello che sembrava essere un edificio altissimo suddiviso in quadrati con solo porte, nessuna finestra.
Una sensazione di vuoto e smarrimento si stava facendo strada dentro di lei mentre osservava provata quello che aveva davanti.
Scale.
Scale altissime per arrivare fino a in cima, contorte, a chiocciola, di marmo, di legno e che a volte si muovevano in varie direzioni.
Deglutì il nulla e prendendo coraggio iniziò ad aprire una porta marrone abbassando la maniglia di vetro.
Una luce fortissima e bianca la invase, si schermò il volto con il braccio e quando la luce si diradò lo abbassò e si ritrovò dentro la sua pasticceria.
"Mamma! Papà!" Chiamò a gran voce non ricevendo risposta.
Avanzò all'interno e di diresse verso il laboratorio da dove sentiva provenire delle voci e delle risate cristalline.

"Vedi Marinette, il segreto per una buona crema pasticcera è mettere solo i tuorli e non le uova intere."
"Ho capito, papà!" La bambina che indossava un graziosissimo vestitino rosa con sopra un grembiule più grande di lei di qualche taglia si apprestava a rompere le uova come le stava insegnando papà Tom.

Marinette si limitò ad osservare la scena semi nascosta dallo stipite della porta.

Sabine le era appena passata accanto con un vassoio di cornetti pronti per essere farciti e non aveva fatto caso alla ragazza.

"Amore, quante volte ti ho detto di non entrare in laboratorio." Prese in braccio quella bambina che avrà avuto sì e no sei anni. "Rischi di sporcare il tuo bel vestitino e fare tardi il tuo primo giorno di scuola."
"Scusami mamma... ma la crema che fa papà è troppo buona e voglio essere una brava pasticcera come lui."

La lanterna iniziò ad illuminarsi e quando la luce svanì, al suo interno comparve una sfera fluttuante, Marinette sorrise, quel ricordo era appena tornato al suo posto, e anche la sensazione di disagio mentre le veniva in mente che quel giorno era stato particolarmente traumatico per lei.
Aveva conosciuto Chloè e la loro prima interazione non era stata delle migliori.
La bella biondina si atteggiava a diva di Hollywood e ogni insegnante era ai suoi ordini perché suo padre era l'uomo più influente di tutta Parigi.
Strinse i pugni dalla rabbia mentre un'altra sfera comparve all'interno a far compagnia all'altra.
Marinette si portò la lanterna più vicina al volto e così facendo poteva benissimo sentire la voce stridula di Chloè dirle che quella era la sua bambola e che gliela aveva rubata.
Sorrise.
Iniziava a ricordare e a capire che quel posto bizzarro fatto di scomparti, scale e porte era niente che di meno la sua mente.
E ogni porta rappresentava un ricordo.
Sospirò e tirò un'altra maniglia, ma mentre lo faceva una mano guantata di nero l'aiutò.
Marinette si voltò verso di lui con fare sorpreso.
"Chat Noir" Mormorò meravigliata. "Che ci fai qui?" Scosse il capo perché non era quella la domanda che gli voleva porgere "...volevo dire come fai a essere qui?" Si corresse poi.
"Milady, ti aveva promesso che questo viaggio lo avremo compiuto insieme." Le sorrise amorevolmente e il cuore di Marinette scoppiò di gioia.
Non sapeva che cosa avrebbe trovato dietro quelle porte: felicità, rabbia, dolore, delusioni, soddisfazioni, e affrontarle da sola sarebbe stato frustrante, perché quello che il suo cuore le stava suggerendo era che il peggio doveva ancora arrivare.
"Come fai ad essere qui, Chaton?" Glielo chiese di nuovo perché mentre si stava addormentando in quella stanza, aveva sentito chiaramente sia lo Stregone che il Grande Guardiano invitare Adrien a lasciare la stanza.
Le sorrise sghembo roteando gli occhi "Diciamo che ho avuto una mano da un certo kwami!"
"Si, ma perché sei trasformato?"
"Ah questo non lo so... comunque ti ricordi il ciondolo che ti ha dato Tikki e che mi hai chiesto di conservare per te?"
Marinette annuì.
"Plagg me ne ha dato uno di uguale identico, solo nero, me li ha fatti unire e voilà eccomi qua." Spiegò con naturalezza aprendo le braccia.
La ragazza non capì un bel niente di quella spiegazione e Adrien lo notò dalla sua faccia stranita e smarrita, più di quanto non lo fosse già.
"E' un kawatama e questo oggetto apre portali in altre dimensioni, l'ho unito al tuo per trovarti." Chat Noir le prese le mani stringendole alle sue.
"Sei sicuro di voler continuare? Siamo nella mia testa e non so cosa potrei trovare!"
"Per questo sono qui. Per starti accanto e aiutarti a superare gli ostacoli."
A Marinette, dopo quelle parole, iniziarono ad inumidirsi gli occhi e il cuore le stava scoppiando letteralmente nel petto.
Gli prese il volto e lo baciò.
"Grazie!" Gli sussurrò dopo essersi staccata leggermente da lui.
"Non devi ringraziarmi."
Marinette deglutì e una strana sensazione di disagio si fece strada in lei.
"Tutto bene?" Adrien le alzò il volto con due dita.
"E' quella porta, non so spiegartelo, ma quando ho toccato la maniglia... è stato strano." Si abbracciò da sola perché un brivido di freddo misto a terrore le scosse la spina dorsale.
"L'apriamo e scopriamo cosa contiene?"
Marinette annuì con il capo e abbassò di nuovo la maniglia.
Entrarono insieme in quella stanza mano nella mano.
Si ritrovarono in un parco giochi, entrambi lo avevano riconosciuto perché da bambini ci giocavano spesso anche se non si erano mai incontrati.

"Ahi! Mi fa male!"

Sentirono una bambina lamentarsi, e dopo aver girato l'angolo ed essersi nascosti dietro un albero videro Marinette bambina seduta per terra con un ginocchio sbucciato.
Era appena caduta dalla bici a causa dei ciottoli del sentiero del parco, almeno era quello che credevano entrambi.

"Stai tranquilla, Marinette. E' solo un graffio" Incalzò Sabine mentre si apprestava a medicarla con una garza pulita che teneva sempre in borsa.
La bambina piangeva disperatamente non per il ginocchio, ma perché aveva rovinato la bici nuova.
"La bicicletta si aggiusta Marinette" Continuava a ripeterle Sabine mentre chiudeva con un fiocchetto la fasciatura e l'aiutava a rialzarsi.

"Ricordo questo momento, i miei mi avevano appena regalato la bicicletta e io sono caduta per evitare il gatto nero che mi aveva attraversato la strada" Marinette si portò una mano sulla bocca dallo stupore.
"I gatti neri sono nel tuo destino Milady, devi fartene una ragione" Si pavoneggiò Chat Noir schernendola, ricevendo poi un'occhiataccia.

"Dov'è finito quel gattino? Si è fatto male?" Chiese poi innocentemente alla madre che guardò al di là della siepe, ma non trovandolo.
"Sarà scappato tesoro, si sarà spaventato."
"Lo voglio trovare per aiutarlo." Puntò i piedi dimenticandosi del ginocchio sbucciato.
"Sarà lontano ora."
"Devo aiutarlo se sta male."

"Che tenera, ti preoccupi per un povero gattino!" Esclamò sorpreso con una punta di scherno.
Marinette gli diede una leggera gomitata "Smettila, scemo!" Seguì qualche secondo di silenzio.
"Se non ricordo male lo avevo poi trovato dietro quel cespuglio" Lo indicò con un dito "...lo abbiamo portato dal veterinario perché aveva una zampetta ferita e una volta guarito lo avevamo adottato."
"Che successe poi?" Chiese curioso.
"Scappò... e non lo abbiamo più rivisto" Fece spallucce tristemente.
Chat Noir sorrise "Beh! Mi hai ritrovato dopo qualche anno no?" Ammiccò facendola sorridere.
"Mmm... Hai ragione!"
La lanterna si illuminò nuovamente e un terzo ricordo ritornò al suo posto facendo tornare Marinette un po' più serena.
*
"Se tutte le porte sono così, non vedo perché il Grande Maestro era un po' restio nel sottoporti al trattamento."
"Non saprei, chaton... forse dipende dalla persona e dal suo inconscio."
Marinette e Chat Noir si trovarono davanti all'ennesima porta e il gattone si era prodigato per aprila, ma come toccò la maniglia questa sparì lasciando i due ragazzi attoniti.
Chat Noir aveva appena distrutto un ricordo senza la possibilità di tornare indietro.
Marinette avvertì un forte mal di testa che la costrinse a sedersi ed ansimare.
"Forse... è... meglio se... le...porte... le apra io" Disse tenendosi il capo.
Chat Noir si era sentito terribilmente in colpa, lui la voleva solo aiutare ed essere gentile, non intendeva di certo distruggere definitivamente il passato di Marinette.
"Mi spiace, milady... i-io non... non volevo" Biascicò in preda al panico.
"Lo so, non devi preoccuparti... speriamo solo sia stato una cosa di poca importanza."
Chat Noir si limitò a sorriderle di circostanza, ma in cuor suo avrebbe tanto voluto sparire o nascondersi.
"Non capisco perché sia successo."
"I ricordi sono i miei e non i tuoi, forse è tipo un antifurto, se hai capito cosa intendo."
"Si certo, ma allora perché prima sono entrato?"
"Forse perché sono stata io a farlo e inconsapevolmente ti ho dato il mio permesso, cosa che non è successo con la porta di adesso, non conoscevo la tua intenzione di galanteria e il mio inconscio ha interpretato il tuo gesto come un tentativo di invasione della mia privacy."
Chat Noir si portò due dita sul mento e ci pensò un attimo, il ragionamento di Marinette filava liscio ed era molto plausibile come cosa "Sei sempre stata molto astuta e intelligente, milady. Per questo mi sono innamorato di te."
Marinette avvampò vistosamente e abbassò lo sguardo per sfuggire al suo pieno di amore ed ammirazione in un momento di imbarazzo.
"...e non riesco a capire come hai fatto ad innamorati di uno come me... so combinare solo disastri." Confessò affranto.
"Per i tuoi modi... e poi non è vero che combini solo disastri, anche se..." Gli scompigliò i capelli facendogli alzare lo sguardo ed incontrare i suoi occhi azzurri "...forse il più grande che hai fatto è stato quello di innamorarti di me."
Chat Noir la baciò senza nessun preavviso e lei lo ricambiò subito dopo dandole la carica per andare avanti.
"Se questo è un disastro... sono contento di averlo combinato."
Marinette appoggiò la fronte alla sua cingendogli il collo con le braccia "Starei ore a baciarti."
"Potremo farlo!" Sussurrò malizioso approvando la sua idea.
"Una volta che questa storia sarà finita."
*
Continua

Ricordati di meWhere stories live. Discover now