Capitolo 10

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La suoneria della sveglia impostata nel cellulare iniziò a rimbombare per tutta la stanza quando furono le sette in punto.
Tirò fuori svogliatamente una mano da sotto le coperte e con un gesto la spense, di solito era Plagg a occuparsene e lui si doveva solo preoccupare di non ricadere tra le braccia di Morfeo. Non che questo fosse contemplato, in quanto, l'impianto centralizzato di casa, programmato per quell'ora esatta, iniziava a tirare su le tapparelle della camera facendo entrare la luce del giorno iniziato.
Volse uno sguardo malinconico verso il piccolo cuscino bianco grande quanto una mano, posto sul comodino dove il dio della distruzione era solito riposare e ronfare come se non ci fosse un domani o come se durante il giorno avesse lavorato e faticato.
Non ci fu il tempo per girarsi dalla parte opposta che Nathalie aveva già fatto irruzione nella stanza perfettamente cambiata, profumata e pronta per iniziare una nuova giornata.
Adrien non potè non notare quanto fosse ogni giorno impeccabile quella donna nei suoi abiti formali e nella sua acconciatura perfettamente tirata.
Forse l’aveva vista poche volte spettinata e con addosso abiti casual nonostante abitassero nella stessa casa, ma suo padre le aveva ordinato di mantenere sempre una dovuta distanza.
Non mangiare mai con Adrien, niente manifestazioni d’affetto, accompagnarlo a scuola, a scherma e ai servizi fotografici, avrebbe potuto vedere i suoi amici ogni volta che voleva ma sempre in orari ben stabiliti e mai oltre le sette di sera.
Nathalie a volta trasgrediva a certe regole, e quella più gettonata era la colazione, pranzo e cena, dove il ragazzo le aveva espressamente chiesto di non lasciarlo mai da solo.
Già era stata dura superare la perdita di sua madre anni fa, poi si era messo suo padre con la sua smania di potere, e ora non poteva sopportare di essere solo e soprattutto senza lei.
Certo aveva un sacco di amici su cui poteva contare e che gli volevano un mondo di bene, ma nessuno di loro avrebbero mai colmato il vuoto lasciato improvvisamente da Lady Bug.
Nathalie spalancò le tende bianche e azionò il meccanismo per l’apertura delle tapparelle facendo entrare il sole (una piccola modifica richiesta dal figlio del padrone di casa).
Era metà maggio ed era una calda giornata di primavera.
“Buongiorno, Adrien. La colazione sarà servita tra un quarto d’ora, hai tutto il tempo per farti una doccia e vestirti adeguatamente.”
“Cinque minuti, Nathalie” La pregò affondando la testa nel guanciale e coprendo la voce.
“Non abbiamo cinque minuti. L’auto che ti porterà a scuola partirà tra mezz’ora, non vorrai arrivare tardi.” Disse in tono impostato e autoritario puntando i piedi.
In realtà non aveva voglia di andare a lezione quel lunedì mattina, non era preparato ad affrontare lo sguardo di Marinette, nonostante avesse in programma di dirle che forse aveva trovato un modo per farla guarire dalla sua amnesia.
Era sicuro che l’avrebbe incontrata tra i corridoi entusiasta mentre raccontava alle sue amiche di quanto straordinario fosse Luka e del week end appena passato.
Sapeva che una foto non significava nulla e che con molta probabilità aveva frainteso la situazione, ma conosceva anche i sentimenti che il chitarrista provava nei confronti della sua amica, molto simili ai suoi e non escludeva che durante la sua assenza ci avesse provato con lei.
Non era stata pubblicata solo quell’istantanea, ma nei profili social dei suoi amici erano comparse molte altre storie dove Marinette e Luka erano sempre l’uno accanto all’altro.
“Non voglio andare a scuola oggi” Disse con voce semi ovattata dal cuscino.
Nathalie si sedette a bordo del letto e gli tolse il guanciale scoprendo il suo viso triste.
“Mi vuoi dire perché?” Domandò con voce calma e materna.
Adrien si mise seduto e si passò una mano sui capelli biondi scompigliandoli ancora di più.
“Non mi va.” Incrociò le braccia e s’imbronciò come un bambino piccolo, la sua tutrice pensò di quanto fosse adorabile.
Nathalie ipotizzò che fosse a causa della situazione di suo padre, era chiaro che quel viaggio in Tibet lo doveva aver scosso anche se non aveva idea di che cosa fosse successo al tempio, sapeva solo che si era intrattenuto anche con il Grande Guardiano Su-Han, ma non le sembrava avesse ricevuto cattive notizie, anzi, Gabriel tra un paio di mesi avrebbe potuto fare ritorno a casa.
Quando le capitava di sentire lo stilista, il tono della sua voce era sempre sereno e non più con quel velo di cattiveria negli occhi.
Si era pentito di tutto quello che aveva commesso, di aver portato scompiglio nella città di Parigi, e soprattutto per aver ferito suo figlio, se forse gli avesse raccontato tutto fin dall’inizio tutto questo non sarebbe accaduto.
“Senti, Adrien. Se c’è qualcosa che ti turba…” Gli posò una mano delicatamente sulla sua.
“Lo so, Nathalie.” Le terminò la frase sorridendo “…ho solo voglia che questa storia finisca”.
“Finirà! Te lo assicuro, e resterà solo un brutto ricordo. Poi…” Fece una piccola pausa in modo che Adrien la guardasse “…per l’altra questione… ti conviene parlare alla tua amica prima che qualcuno te la porti via”.
Incredibile come quella donna lo conoscesse bene talmente bene da leggergli i suoi pensieri.
*
Mancavano pochi metri prima che la berlina grigia si fermasse proprio ai piedi della scalinata della scuola.
Adrien osservava dal vetro oscurato tutti gli studenti che lentamente si apprestavano a salire i gradini, in alcuni riconobbe le sagome di Alix, Max e Mylene, dietro la sua macchina invece, c’era quella di Chloè.
Il biondo saluto l’autista e non attese minimamente che la sua amica d’infanzia scendesse dalla sua auto per fare la strada assieme, anzi aumentò il passo perché già gli dava fastidio il cinguettio della sua voce mentre rimproverava la povera Sabrina per non averle aperto la portiera.
Quando fu in cima le scale diede un’occhiata veloce dall’altra parte della strada, per la precisione verso la pasticceria di Marinette, poteva vedere all’interno la signora Dupain servire dei croissant a dei suoi coetanei.
“Buongiorno, amico mio!” Lo salutò da dietro Nino dandogli una leggera pacca sulla spalla.
“Buongiorno, Nino” Ricambiò con un sorriso tirandosi su la spallina della cartella che era caduta.
“Fatto buon viaggio? Com’era il Tibet?” Lo investì con le sue innumerevoli domande mentre varcarono la soglia dell’istituto per dirigersi verso gli armadietti.
“Freddo… molto freddo!” Rispose spicciolo per non entrare nei particolari.
“Proprio non capisco che cosa ci trovi tuo padre in un posto così…”
“Dice che è d’ispirazione… io volevo solo tornare a casa invece, troppa pace e tranquillità.” Disse la prima cosa che gli passò per la mente.
“Naaa… mi sa che un poco di pace e tranquillità ci vorrebbe anche qui.” Quando arrivarono agli armadietti, le loro orecchie vennero colpite dalle voci da oche starnazzanti delle loro amiche.
Stavano ridendo di gusto ricordando di come quella domenica Chloè era scivolata sulla buccia di banana e le era poi caduta in testa imbrattandole i capelli appena lavati e frizionati alla perfezione da qualche serva.
Marinette stava imitando la sua voce alla perfezione quando ripeteva le parole “Ridicolo. Assolutamente ridicolo” e le sue amiche ridacchiavano a crepapelle.
Chloè era entrata nella stanza digrignando i denti dalla rabbia, sapevano perché stavano sogghignando, prese i suoi libri dall’armadietto e senza degnarle di uno sguardo si diresse verso la classe.
“Come stai Chloè?” Le aveva chiesto Adrien appena venuto a conoscenza dell’accaduto.
“Una meraviglia!” Berciò acida alzando il mento mentre si teneva l’anca.
“La tua pomata, Chloè!” La inseguì Sabrina con il tubetto tra le mani pronto per essere spremuto e spalmato.
Adrien guardò entrambe allontanarsi di fretta e furia con sguardo attonito.
“Vedo che mi sono perso parecchie cose mentre ero via.” Mormorò affranto Adrien.
“E non è solo questo… vero Marinette?” Alya le lanciò un’occhiata all’amica assottigliando gli occhi.
Il biondo deglutì rumorosamente, forse infondo non aveva interpretato male il significato di quella foto con Luka.
“C-cioè?” Chiese timidamente strabuzzando gli occhi pronto a ricevere la mazzata.
Marinette si era alzata “Ecco… c’è una cosa che dovrei dirti”. Rispose timidamente lei.
Il cuore di Adrien mancò un battito e di colpo la casa sull’isola deserta, il criceto e l’enorme quantità di frutta, svanirono come fumo dietro di sé lasciando solo una tela bianca su cui dipingere una nuova storia.
L’aveva persa e quel serpente aveva approfittato della sua assenza per agire alle sue spalle.
Marinette agitò una mano davanti al suo volto.
“Stai bene? Hai lo sguardo perso” Gli chiese facendolo rinsavire.
“I-io? S-si si certo. Va tutto bene.” Farfugliò grattandosi la testa “…di cosa mi volevi parlare?” Non che fosse pronto a ricevere quella bastonata, ma doveva cercare di far finta di nulla anche se non era per niente facile.
Saperla tra le braccia di un altro mentre le sussurrava parole dolci e poteva metterle le mani ovunque volesse, assaporare le sue labbra rosa e piene dal sapore di fragola, non era contemplato.
Sì, le labbra di Marinette avevano il gusto di fragola, ricordava bene il sapore che gli aveva lasciato la sua bocca quando si erano baciati mentre erano sotto l’incantesimo di Oblivio.
Anche in quel caso entrambi avevano perso la memoria, ma cosa li avesse spinti a compiere quel gesto rimase un mistero.
Forse che nonostante tutto erano destinati a stare insieme? Chi può dirlo…ma ora sembrava non aver più importanza, nella sua vita c’era Luka.
“Sì, ecco… è una cosa da nulla, però…” Iniziò lei bloccandosi poi quando la campanella annunciò l’inizio della lezione “…ne parliamo dopo scuola, ti va?”
Gli stava chiedendo un appuntamento?
“Intendi io e te da soli?” Lo chiese con una certa esitazione e con il cuore in gola.
“Sì, cos’è ti vergogni a restare solo con me?” Domandò ironica.
Adrien sussultò “No, no assolutamente no… è che mi sembra strano che mi chiedi di uscire quando stai con un altro”.
Ecco glielo aveva detto.
Marinette sbattè le ciglia un paio di volte “Scusa chi ha messo in giro questa voce?”
Figuraccia… ma necessaria.
“Ehm… nessuno, l’ho solo dedotto da delle foto sui social” Balbettò gesticolando nervosamente con le mani.
“Solo perché ho una foto con un amico non significa che ci stia assieme.”
“Non sembrava solo un amico dalla foto pubblicata da Luka.” Sottolineo' lui con un velo di gelosia.
Improvvisamente Marinette scoppiò a ridere ricordando a quale diapositiva si potesse riferire.
“Glielo avevo detto di non metterla! E’ solo un malinteso… ha scattato nell’esatto momento in cui sono scivolata, ha detto che quella foto era bellissima perché gli ricordava tanto la vecchia me”.
Adrien tirò un sospiro di sollievo, non stava insieme a Luka, per lei era solo un amico e basta.
Si diede mentalmente del cretino per averlo solo pensato, ma con tutti quegli indizi, quel gioco di sguardi, sfidava chiunque a pensare il contrario.
“Ah! Che scemo!”
“Allora? Ci vediamo dopo la scuola?”
Lo vide esitare per qualche istante.
“Scusami, forse sarai già pieno di impegni” La seconda campanella avvertiva i ritardatari come loro di entrare in classe e Marinette girò i tacchi e iniziò a camminare, ma dopo qualche passo Adrien la bloccò per un polso.
“Vediamoci dopo la scuola, anch’io ho qualcosa da dirti”.
*
continua

Ricordati di meWhere stories live. Discover now