Capitolo 12

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Mi convinsi per l'ultima volta che ciò che stavo facendo era la cosa giusta e composi il numero telefonico di Riccardo, portandomi il mio cellulare all'orecchio, sentendo dall'altra parte squillare.

Devo assolutamente sapere che cosa vuole da me.

Non avere cancellato il suo numero è stata una vera fortuna, forse la "me" del passato sapeva che prima o poi mi sarebbe servito.

Dopo qualche minuto quel fastidioso rumore finii, lasciando spazio al silenzio, segno che Riccardo mi avesse risposto.

«Non è una chiamata di cortesia, sappilo. Quindi puoi anche risparmiarti di rispondermi e lasciar parlare solo me, anche perché non ti ascolterò.» dissi, sentendo la rabbia scorrermi nelle vene, mentre dall'altro capo del telefono regnava il silenzio. «Stai lontano da mia madre, stai lontano da mio fratello, stai lontano da Anas, stai lontano da tutti i miei amici, stai lontano dal mio quartiere, stai lontano da Zaccaria, ma sopratutto, stai lontano da me, il più possibile.» mi dovetti interrompere, a causa delle lacrime che scorrevano sul mio volto.

«Hai così tanta rabbia dentro di te, l'unica cosa che sai fare è riversarla sugli altri.» disse, per poi ridere, cosa che mi mandò letteralmente in bestia. «Tu sai bene come puoi far scomparire questa rabbia.»

«Non provarci nemmeno.» dissi, riprendendomi dal mio stato di trans, camminando per tutta la stanza, più nervosa che mai. «Non accetto più tuoi consigli da ormai due anni, dovresti ricordartelo.»

«Lo so bene.» disse, mentre sul mio volto cadde un'altra lacrima. «Ma so anche che sei incazzata a morte con me per quello che è successo quella notte e ti giuro che ancora non ci dormo la notte per ciò che poteva accaderti.»

«Non fare la vittima, non ti è mai riuscito.» dissi, asciugandomi con un fazzoletto le guance. «Se davvero mi amavi mi avresti aiutata, invece che scappare via.»

Con le mie parole non avevo intenzione di ferirlo, per niente. Sapevo bene che ciò che gli stessi dicendo gli entrava da un'orecchio e gli usciva dall'altro.
Ma voglio che per almeno 1 secondo, per una volta nella sua vita, si renda conto di ciò che poteva accadermi, per causa sua; Deve rendersi conto che ogni schiaffo, calcio, pugno o spintone potevano uccidermi.

«La nostra conversazione può finire qui.» dissi, prendendo una sigaretta dal mio pacchetto. «E sappi che se riprovi ad avvicinarti alla mia famiglia o ai miei amici, sei morto Riccardo, te lo giuro.»

Gli attaccai il telefono in faccia, accendendo la mia sigaretta, sentendo come se mi fossi tolta un peso all'altezza del petto, che ormai da troppi anni mi stava tormentando.

Proverà a vendicarsi? Sicuramente.
Starò qui a pensarci? Assolutamente no.

Sbuffai il fumo fuori dalla bocca, osservando le strade affollate di Milano dalla finestra, in silenzio.

Osservai un bambino regalare delle margherite a sua madre, la quale prese suo figlio e lo strinse fra le sue braccia, dandogli innumerevoli baci sul volto;

Osservai un ragazzo seduto su una panchina, ha l'aria triste, visto il suo sguardo, perso nel nulla. Nella mano destra aveva delle rose, che fece cadere sull'asfalto, le quali si scomposero in mille pezzi;

Osservai una coppia di innamorati baciarsi, come se intorno a loro non ci fosse nessuno, solo lui e lei;

Forse potrò sembrare una stalker visto che osservo così tanto la gente, ma mi piace comprendere ogni singolo particolare di tutti.

Mi staccai dalla finestra solo quando il campanello suonò, segno che Zaccaria fosse tornato a casa.

Aprii la porta e mi ritrovai dinnanzi a me il mio fidanzato, con un mazzo di rose fra le mani e il suo solito sorriso in volto, che non mancava mai.

Questo ragazzo io me lo sposo.

«Amore.» dissi, sorridendogli, mentre lui chiuse la porta dietro di sé, per poi abbracciarmi.

«Amine mi ha detto che sono i tuoi fiori preferiti, così ho pensato di andarteli a prendere.» disse, dandomi un bacio a stampo e porgermi il mazzo di fiori. «Ci sediamo e parliamo un po'?.» chiese.

Il modo serio in cui mi fece questa domanda mi lasciò un attimo confusa, ma decisi di non farmi troppe paranoie e sedermi a tavola, vicino a lui.

«Ho cercato di trovare un momento per dirtelo, ma mi sono sempre tirato indietro, ma adesso devo farlo, prima che qualcuno possa precedermi.» iniziò a dire, mentre io corrugai le sopracciglia.

Chi poteva precederlo? Ma sopratutto, cosa doveva dirmi?.

«Qualche mese fa ho avuto un processo importante, dove il giudice mi ha condannato a 1 anno e 6 mesi di carcere, ma per qualche strana ragione non scontai mai questa pena.» disse, prendendo le mie mani fra le sue, visto che avevo appoggiato le rose sul tavolo. «E un po' di settimane fa mi è arrivato il mandato d'arresto, ovvero che come e quando vogliono possono venirmi a prendere.»

Una pugnalata al cuore.

«Non te l'ho detto perché volevo prendermi prima cura dei tuoi problemi per poi pensare ai miei.» disse, guardandomi con le lacrime agli occhi.

Un'altra pugnalata al cuore.

«I miei problemi?.» dissi, scioccata e confusa.

«Le tue crisi e il tuo ex.» disse, mentre una lacrima rigò il mio volto.

Sono diventata un problema senza nemmeno accorgermene?.

«So che starai pensando di essere un problema ma non è così, ok? Mi sono sentito utile ad aiutarti quando stavi male, davvero, mi ha fatto sentire un buon fidanzato e una persona migliore.» disse, lasciando le mie mani per potermi prendere le guance. «Ho solamente bisogno che tu mi dica che tu mi aspetteresti se finissi dentro.»

Lo guardai negli occhi, nelle sue iridi marroni che riuscivano sempre ad ipnotizzarmi. I suoi occhi mi trasmettevano sempre purezza, verità e lealtà.

Tre aggettivi che sono fondamentali per me.

«Ti aspetterei, sempre.» dissi, vedendo il suo sorriso allargarsi ancor di più, per poi attirarlo a me e dargli un bacio.

𝗗𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗼 ; 𝗕𝗮𝗯𝘆 𝗚𝗮𝗻𝗴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora