18. Sapore di cioccolato

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Aspettava una risposta, pendeva dalle mie labbra e voleva che dicessi solo sì. Eppure per quanto il mio corpo e il mio cuore probabilmente avessero voluto ulrlarlo a squarciagola; c'era sempre quell'altra parte di me, di certo quella razionale, che teneva accesi tutti gli allarmi della mia testa. Ed io risposi solo:

- Andiamo piano, io...devo metabolizzare tutto quanto...io...- quasi balbettai.

-Hai ragione, non ho nessuna intenzione di metterti pressione. Ho parlato di getto. Hai tutto il tempo che vuoi - pronunciò sorridendo.

Sorrideva, impreziosito da quella cicatrice che ormai risaltava nitida sulla sua guancia liscia e dagli occhi luminosi e liberi dai capelli raccolti indietro.

Ed io non ci riuscivo allo stesso modo, dato che ero tesa e sommersa dai dubbi. Il nostro mondo sembrava ribaltato, solo il tempo avrebbe deciso per noi.
In quella calma di fine giugno una folata improvvisa di vento mi sorprese e mi riportò alla mente le parole che avevo letto nel taccuino di nonno Vanni:

'Christian è un'anima in pena che ha perso la strada di casa. Finché non la ritroverà non tornerà mai quello di prima'.

Mi domandavo se ero io quella strada e se Christian sarebbe mai tornato davvero. Quelle parole però dovevano farmi da monito e smettere di decidere solo con il cuore senza pensare che ancora una volta lui avrebbe potuto, con una sola parola, trascinarmi al punto di partenza.

- Sì, ho bisogno di tempo. E poi devo focalizzarmi sul Casale. Vorrei che fosse pronto per la festa del raccolto' proclamai infine convinta.

Christian annuì sorridendo ancora e poi si avvicinò lasciandomi un bacio sulla fronte, quindi attrasse i miei occhi ai suoi e cercò di calimitarci anche tutta me stessa, ma io ormai sulla difensiva dissi:

- Devo andare a cena da Iris e Viola e sono già in ritardo. Se non mi vedranno arrivare, Viola si precipiterà qui -.

Sorrise di nuovo e accettò la risposta come fosse reale. Era una scusa, una stupida innocua scusa per fuggire da quella situazione, da quegli sguardi, da quella pressione che come una valanga mi era crollata addosso insieme alle sue parole.

Mi diede un bacio a fior di labbra, mi salutò con un ' ci vediamo domani' e se ne andò. Ed io restai lì immobile e terrorizzata. Non avevo chiesto altre spiegazioni, non avevo domandato della sua fantomatica fidanzata, non lo avevo riempito di domande perché avevo paura e perché quelle sue parole mi avevano spiazzato, scioccato. Le avevo desiderate, quelle parole, Dio solo sa per quanto tempo e poi adesso che erano arrivate ero completamente impaurita. Mi sedetti sul gradino dell'uscio di casa e mi coprii la faccia con le mani.

Sospirai, avrei voluto qualcuno con cui parlare, con cui capire. Qualcuno che conosceva bene Christian e avrebbe interpretato nel modo giusto quelle sue azioni e quelle sue parole. Alzai gli occhi al cielo che ormai si stava scurendo e sussurrai la parola che più di tutte poteva calmarmi:

- Nonno...-

Quanto mi mancava, sempre, sempre di più, in tutto. Mancava il suo conforto, la sua calma, la sua gioia, il suo sorriso sempre presente e sempre malinconico, la sua saggezza. Avrei dato cento giorni della mia vita per potergli parlare anche solo un minuto.

Mia madre assente e la mia migliore amica folle, nonché cugina, non sarebbero state certo ottime consigliere. Tanto meno lo sarebbero stati la mia testa frastornata ed il mio cuore malconcio. L'una era stata completamente soggiogata dall'altro che era stato talmente bastonato da non riuscire a riprendersi. L'unica soluzione al momento era agire d'istinto.

□ □ □ □ □

Il giorno dopo feci tutto come al solito: andai prima alla Chiesa e lavorai alla Pala, poi dopo pranzo, mi recai al Casale e ripresi il mio lavoro alla camera degli affreschi. Christian non si fece vivo finché nel tardo pomeriggio mi sentii tirare il camice e non era mastro Ivano, né nessuno dei suoi ragazzi ma un'insolito Christian sorridente che blaterava qualcosa che non riuscivo a sentire a causa del volume alto della musica.

Mi tolsi una cuffietta e riuscii a sentire:

- Potresti scendere un secondo?-

Acconsentii e scesi dal trabattello. Christian mi aspettava sorridente con in mano una busta.

- Scusa se non sono riuscito a passare prima, ho dovuto lavorare, lo smart-working sembra essere più semplice ma non lo è affatto. Però per farmi perdonare ti ho portato questa.-

Quindi aprì la busta e tirò fuori una scatola di cartone su cui era stampato un logo che conoscevo e che apparteneva ad una famosa cioccolateria artigianale di Siena.

- Spero sia ancora la tua preferita, fondente all'arancia...-

Il suo odore inconfondibile mi invase le narici non appena lui scoperchiò la scatola.

- Dai tuoi occhi si direbbe di sì - continuò lui poi ne prese un quadratino e me lo avvicinò alle labbra.

L'odore del cioccolato all'arancia si diffondeva attraverso le sue dita che sapevano di fumo e che sfiorai con le labbra mentre un brivido mi percorreva.

Lui mi guardò immobile e compiaciuto mentre gustavo il sapore del cioccolato e la voglia di baciarlo.

Si avvicinò di un passo e mi fece una carezza poi proclamò:

- Adoro vederti felice...-

Quindi si sporse in avanti e la sua bocca si prese la mia, con l'insolita dolcezza della prima volta ma con la calma della felicità di quel momento.

- Scusate...- borbottò qualcuno infrangendo il paradiso.

Mastro Ivano era sulla porta della stanza e ci guardava con l'aria a metà tra l'imbarazzato e il sornione.

- Mastro hai bisogno di qualcosa?- chiesi frettolosamente.

- Volevo avvisarti che abbiamo finito di tinteggiare tutto il fronte secondario e che domani mattina sposteremo i ponteggi su quello principale. Per oggi abbiamo terminato. Dato che non hai bisogno di me, ti saluto - concluse allusivo e senza che attendesse risposta si dileguò nel corridoio.

In quell'istante Christian ed io ci guardammo e ci scappò una risata. Poi subito dopo si fece serio e proclamò:

- Venerdì mattina,dopodomani, torno a Londra. Sistemo le cose...- e dopo un profondo sospiro concluse:

-...tutte le cose...-

Annuii e certamente il mio sguardo tradì preoccupazione perché subito dopo aggiunse:

- Tornerò prima possibile, te lo prometto...-

Annuii nuovamente senza riuscire a pronunciare una sillaba. Tutto mi sembrava sempre più surreale, compreso il nuovo Christian che mi faceva promesse.

- Stai bene?! Chiara?-

- Sì...è che non sono abituata alle tue promesse...- proferii sincera e frastornata.

Vidi Christian piegare un solo angolo delle labbra,  abbozzando un sorriso incerto - Hai ragione... in effetti sono stato un vero casino da quando sono tornato qui...ma voglio davvero sistemare tutto...- aggiunse, quindi andò verso la finestra e accese una sigaretta.

Io alzai lo sguardo all'azzurro soffitto della camera degli affreschi e fui pervasa da un senso di calma. Amavo Christian ma c'era qualcosa che mi teneva sospesa ad un filo invisibile.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 6 days ago ⏰

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