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<<Zoe...>>

<<Sto bene.>>

Derek sembra restio ad avvicinarsi. <<Lo so che stai bene. Loro un po' meno.>>

I miei occhi corrono lungo la sala, ripercorrendo mentalmente ogni cosa che ho fatto.

Ho bruciato vivo un Esiliato. Ho staccato la testa di un altro. Ho mozzato la mano e rotto una gamba al terzo, e poi ucciso trafiggendolo con dei rampicanti di legno e spine.

Perché non mi sento male per tutto questo orrore?

C'è sangue nero ovunque, così tanto che si sta ancora spargendo e arriva a toccare le mie scarpe. La sua consistenza non è come quella del sangue umano; ciò che scorre nelle vene degli Esiliati è più simile a gelatina densa. Tanto densa e tanto scura che ci si potrebbe specchiare.

Ed è quello che faccio distrattamente: abbasso gli occhi e trovo il mio riflesso. Non così nitido ma non tanto sfocato. I capelli sono diventati bianchi così come gli occhi, filamenti neri venosi corrono dalle braccia e su per il collo fino a raggiungere il viso.

E ciò che mi spaventa di più è che ho fatto tutto questo senza alzare un dito. Con il solo pensiero e la volontà di farlo.

<<Non ritenerti colpevole.>> dice all'improvviso il cavaliere, distraendomi.

Non smetto di guardare il mio riflesso. <<Non sono colpevole di aver dato vita a questi mostri, quindi non sono colpevole di aver spazzato le loro vite facendogli assaggiare una piccola parte dell'orrore che hanno seminato per tutta la loro esistenza.>>

Finalmente distolgo gli occhi dalla versione macchina da guerra di me. Almeno ora so che nel momento del bisogno posso attingere ai miei poteri. Un boato e poi un fulmine distraggono i miei pensieri. Ho generato l'ennesimo temporale. I cittadini di Ambra se ne faranno una ragione.

Derek però sembra preoccupato. <<Per quanto trovo questa tua versione estremamente sexy, credo che ora tu debba calmarti.>>

Sexy? Come può trovare affascinante un mostro bianco dall'animo distruttivo e irritabile?

<<Vorrei calmarmi ma i miei poteri non si affievoliscono. È come se percepissero che non abbiamo ancora finito il lavoro.>>

Nel momento in cui pronuncio questa frase, un altro boato scuote il palazzo e la pioggia batte forte contro le mura. Chicchi di ghiaccio grandi come mani. Neve fredda che al solo tocco umano provoca l'assideramento. Fulmini capaci di abbattere intere città con una scossa.

I miei poteri non sono mai stati così forti.

E mi rendo conto troppo tardi del motivo.

I miei occhi si posano sull'enorme dipinto della prima Soul Hunter, la Dea che emerge dalla roccia con sguardo alto e pronta a fare ciò per cui è stata creata.

Combattere.

Un brivido mi corre lungo la spina dorsale e in un attimo sono in terra immersa nel sangue nero. Gli occhi ancora puntati sul dipinto, incapace di staccarli.

E di colpo la regressione inizia.

Sono in una caverna enorme fatta di ghiaccio. Un gruppo di almeno cinquanta persone con dei cappucci rossi sulla testa è in terra seduti sulle ginocchia; le braccia rivolte verso il basso nel cuore della caverna, una voragine da cui non si vede una fine. Recitano parole in una lingua antica che nemmeno io riesco a capire. Ad un tratto una donna si alza, leva dal capo il cappuccio del mantello e i capelli rossi e ricci le cadono sulle spalle. Il viso di una carnagione molto scura è dipinto da segni gialli e blu, e nelle mani ha una candela.

Soul Hunter - La vendetta di KillianWhere stories live. Discover now