3- Spiacevoli sorprese

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"Vanità e orgoglio sono due concetti ben diversi. Si può essere orgogliosi senza essere vanitosi. L'orgoglio si collega piuttosto all'opinione che abbiamo di noi stessi, la vanità è ciò che desidereremmo fosse l'altrui opinione."


«Non è possibile! NON È POSSIBILE!»

Sfoglio le pagine alla velocità della luce, sperando che ciò che ho appena letto sia tutto uno scherzo.

«Mio Dio...» Resto con la bocca aperta, incredula. «MA COME NON RESUSCITA?! SONO RESUSCITATI TUTTI, MA LUI NO??» sbraito chiudendo il libro con molta foga. È appena morto il mio personaggio preferito. L'unico che aveva ottenuto la mia simpatia.

Non riprenderò a leggere questo libro finché non mi sarò ripresa da questa perdita terribile. Finché non mi dimenticherò la bruta morte che gli è stata inflitta. Finché non dimenticherò persino il suo nome. Facendo il conto mi verrebbe tra trecento anni. Insomma, pensavo di più...

Mi sdraio a pancia in su sul mio comodo letto nuovo, che tanto nuovo ormai non è più.

Sono già quattro mesi che convivo con mia zia. Che mi sono trasferita da lei.

Quattro mesi dalla perdita di lui...

Fisso il soffitto, immaginandomi distesa vicino a mio fratello. Mi starebbe sicuramente tartassando di domande. Domande su di me. Sulla mia giornata. Sulle mie emozioni. Se ne starebbe semplicemente abbracciato a me, con le orecchie tese e pronte a captare ogni mia parola, anche la minima, per poi portarle nel suo cuore per sempre.

Scuoto la testa per far tornare lucidi i pensieri.

Non voglio pensare a Miles, adesso.

Non voglio passare una giornata triste e infelice, incapace di stare bene con me stessa e con fin troppi sensi di colpa che mi logorano piano piano. Non voglio stare con gli occhi lucidi per tutto il pomeriggio e far preoccupare le persone che mi stanno accanto.

Calo le palpebre per concentrarmi nel buio e nel sordo silenzio della mia mente, scacciando via tutto il malessere che mi attanaglia. Che prova a portarmi giù nell'abisso dell'oblio. Nel punto di non ritorno.

Passo infiniti minuti così, finché non sento dei rumori sospetti provenire dal piano di sotto. Mi alzo di scatto e cerco di far tornare il mio cervello subito funzionante e attivo, svegliandolo dal momento di torpore.

Un momento di silenzio. Un rumore di passi. Di voci. Di ante e di cassetti che vengono aperti e sbattuti.

Mi sale il panico.

Non riesco a fare nient'altro che sgranare gli occhi e restare immobile. Pietrificata. Fisso la maniglia della porta della mia camera, chiusa, ricordandomi di non aver girato la chiave nella toppa.

Sono scoperta.

Qualcuno potrebbe fare irruzione e...

Devo chiudere subito la porta. Devo barricarmi.

Sposto lo sguardo sulla piccola finestrella che illumina la mia camera, valutando se calandomi da lì incontrerei la morte o riuscirei a scappare. Decreto che se lo facessi mi ferirei gravemente, finendo per non riuscire nel mio piano.

Devo chiudere la porta. Devo girare la chiave.

Cerco di scendere dal materasso, ma le mie gambe non rispondono. Restano ferme. Tremanti.

Sento qualcosa crescere nel mio petto. Sento una pressione che prima non c'era giocare con me. Sento le orecchie fischiare, gli occhi strabuzzare. Il mio stomaco è tutt'una farfalla.

Il Bracciale delle TenebreWhere stories live. Discover now