16. Mi Sei Mancata - Hazel

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Percorro il marciapiede e mi fermo al semaforo. Lo stesso semaforo che pochi giorni fa mi ha mostrato l'aspetto pericoloso della città.

Cammino e mi fermo davanti al campanello (Elliot mi ha spiegato i nomi di molte cose che ci sono qui) più consapevole di quello a cui vado incontro.

So che potrebbe cacciarmi via.

So che mi ha già fatto male.

So che è da stupidi tornare da uno sconosciuto pochi giorni dopo essere stati cacciati via.

Ma il fatto è che quando sai che qualcosa prima o poi ti farà bene, sei disposta a soffrire per goderti dopo la parte migliore.

James ha di sicuro una parte migliore, quella che mi ha mostrato nei pochi momenti passati insieme.

Non dico che ne sono innamorata, ma sono curiosa.

La curiosità è tutto nella vita. I sogni sono tutto nella vita.

Faccio un bel respiro e suono il campanello.

Silenzio, poi qualcuno risponde.

"Sì?" la sua voce.

"Sono... sono io..." mi accorgo di non aver detto il mio nome, ma non mi dà il tempo, perché la porta si apre e una figura molto più alta di me mi abbraccia.

"Scusa Haz, scusa davvero tanto. Mi dispiace. Non volevo dirti quelle cose. Scusa." Non so cosa dire, sorpresa da un gesto così intimo. Mi limito a stringerlo ancora di più e mi fa entrare in casa.

Ci sediamo sul divano e lo prendo per le mani.

"Non dovevo insistere io, è colpa mia. Ma cosa hai fatto alle mani?" noto piccoli tagli e un cerotto sul mento, lo sfioro e sorride. I suoi occhi neri si illuminano e fissano intensamente i miei.

"Ho cercato di tirare su i cocci di ceramica della lampada che ho rotto... e mi sono tagliato sul mento mentre facevo la barba..." sorrido, pensando a com'è goffo.

"Mi sei mancata."

"Pure tu." Si alza e torna con una confezione di gelato al cioccolato e due cucchiai.

"Gelato?"

"Sentivo che saresti arrivata." Mi sembra un'affermazione un po' strana da fare, visto che credo che non mi aspettasse veramente, ma mi limito a guardare qua e là la casa mentre apre la confezione. Trovo un catalogo con delle case.

"E questo?" chiedo sfogliandolo.

"Voglio andarmene da casa" ammette.

"Hai già trovato qualcosa?"

"No, costano troppo."

"Aviana?"

"Mia mamma ha denunciato mio papà: dovrebbero essere al sicuro. Le ho parlato e dice che devo andare a vivere solo perché vuole vedermi più felice."

"Deve essere dura. Mi dispiace che non abbia voluto parlarmene: avrei potuto aiutarti."

"Tu dove vivi ora?"

"Mi ospita un amico. In una casa immensa."

"Credevo che te ne saresti andata..."

"No, non so come tornare a casa, sinceramente..."

"Non sai come tornare?" fa un sorriso ma poi mi guarda e torna serio. Prendo un cucchiaio di gelato.

"No, ho trovato un foglio ma non so cosa voglia dire..."

"Non sai come tornare..." ripete lui.

"Spero vada tutto bene a casa. La mia assenza potrebbe essere un duro colpo per loro..."

"Credo che vada tutto bene."

"Dici?"

"Sì"

"Non lo so, perché prima che me ne andassi da casa tua ho sognato Kiestun che... parlava di un piano per prendere il potere o cose del genere..."

"Non me lo hai detto"

"Non credevo ti interessasse, poi, diciamocelo, tu avevi di meglio da fare con tuo padre lì tutto arrabbiato. Hai più visto altro negli specchi? O in sogno?"

"No."

"Sicuro?" la sirena di un'ambulanza.

Elliot.

Dovrei dirlo a James? Dovrebbe saperlo, mi ha rivelato la sua situazione in casa, forse dovrei dirgli la verità pure io.

"Senti, perché non vieni a vivere con me e il mio amico? C'è una casa grandissima e potresti staccare da qui..."

"Non voglio disturbare. Davvero."

"Non disturbi."

Dopo averlo assillato parecchie volte, si decide a trasferirsi.

Passiamo il pomeriggio a fare la valigia. Butto dentro tutti i suoi vestiti mentre lui riempie uno scatolone di libri e DVD (so cosa sono per via di Elliot).

Finiti i vestiti, passo alle foto: lui con i suoi amici, lui con sua mamma, lui con Aviana e lui con una ragazza vestito di rosso.

La divisa è come quella della Croce Rossa.

"Fai parte della Croce Rossa?" chiedo.

"Mhhh? Ah sì, è una cosa emozionante, dovresti provarci."

"Pure un mio amico fa il volontario lì." Mi scappa. Lui si blocca e mi guarda.

"Ho... ho detto qualcosa di sbagliato?" sussurro mentre metto le foto nello scatolone.

"No, nulla."

Geloso? Stufo? Deluso? Non lo so. So solo che passiamo un bel pomeriggio divertente e che una volta che la ghiaia scrocchia sotto ai nostri piedi si stupisce della meravigliosa casa di Connor.

"Questa è camera tua." Dico mentre apro le tende e la finestra per far cambiare aria.

"Ti do una mano a pulirla, Connor mi ha detto che non la usa nessuno."

"Grazie" sussurra incredulo. Appoggia lo scatolone su un tavolo e si toglie la giacca.

Tolgo gli stivali e il cappotto e iniziamo a pulire.

"Questa si chiama radio" mi dice "metto un po' di musica." Mentre lavo il pavimento lui lava i vetri e canta. Non so le parole, ma mi piace questa musica. È completamente diversa rispetto a quella che sentivo al castello: tutt'altro che classica.

Spostiamo vari scatoloni pieni di libri, uno che mi ispira in particolare: di pelle con scritto sopra Arasia. Decido di metterlo sul comodino in camera mia e di leggerlo più avanti.

Dopo aver fatto il letto e aver messo foto e vestiti piegati in un armadio, ammiriamo il lavoro.

Mi siedo stanca sul tavolo e lui si mette a ballare davanti a me.

"Balli davvero bene!" rido.

"Mi concedi questo ballo?" prende la mia mano e dondoliamo, ricordandomi i balli fatti con mio padre durante le feste, quelli con Madden e infide quelli con Elliot.

"Quanto mi sei mancata..."

"Pure tu" restiamo in silenzio, non mi guarda, ma sposta lo sguardo da un posto all'altro della stanza.

Foto: https://i.pinimg.com/564x/8e/be/08/8ebe08e767532d3eb693b8bef9a5dd62.jpg

Scusa Se Ho Scelto TeWhere stories live. Discover now