29. Più Nulla - Hazel

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Arrivata tu sei alla fine, capendo la tua volontà, ecco la fine: nel punto in cui si congiungono i due mondi sarà.

Cammino sotto al diluvio che insiste su questa città da un po' di minuti.

Ho lasciato di nuovo tutto, gli affetti, i casini, i cuori che avrei dovuto curare.

Ho capito la mia volontà: aiutare gli altri. Non posso lasciare Madden da solo, non posso non vedere il corpo di mio padre, privo di sensi e gelido, non posso non dare un ultimo saluto ai gemelli, non posso lasciare sola mia mamma a subire tutti quei lutti.

Sapevo che i miei mi odiavano? Sì.

Sapevo pure che la mia nascita è stata un errore? Sì.

Sapevo che i miei fratelli sono stati cresciuti molto meglio di me? Sì.

Questo però non giustifica nulla: non avrei dovuto lasciare tutto, non avrei dovuto lasciarli morire.

La mia punizione sarà questa: pungermi con la rosa bianca, come nella storia.

Morire per salvare gli altri: magari, se la causa venisse eliminata, tutto tornerebbe a posto.

Attraverso la strada guardando con malinconia il semaforo tanto temuto e arrivo davanti a casa di James.

Mi ricordo che in camera di Aviana c'era un vasetto con dentro una rosa incantevole, che mi ero fermata ad ammirare più volte durante la notte.

Pungermi con la rosa mi sembra un buon piano: come diceva Arasia, dopo essere punta dalla rosa uno specchio mi risucchierà, in questo modo tornerei nel punto in cui tutto è iniziato.

Suono il campanello ma nessuno risponde.

Faccio il giro del condominio, passando per una stradina piena di spazzatura. Trovo varie finestrelle, alcune illuminate e altre spente, o addirittura chiuse.

Cerco di ricordare quale sia quella che porta alla casa di James, e noto che la terza emana una luce spenta, come soffocata da qualcosa di rosa.

Le tende di Aviana.

Chiudo un cassonetto e ci salgo sopra, cercando di non cadere e guardando prima se qualcuno mi potrebbe vedere.

Mi allungo verso quella finestra, ma ho troppa paura di cadere.

Chi se ne frega se mi vedono, se mi sporgo troppo e cado, ci devo provare, perché è l'unico modo per tornare a casa.

Allungo una mano e in punta di piedi riesco a toccare il davanzale, ma lo sfioro appena, perché le gambe iniziano a tremare e mi trovo nella spazzatura, con il sedere a terra e i capelli davanti al viso.

Mi vengono in mente gli occhi di James, quel suo sguardo penetrante, la risata che non è mai assicurata, ma che mi fa stare così bene.

L'empatia, una cosa bella, ma molto pericolosa: stare male se qualcuno sta male, anche se tu alla fine sei felice. Ti compare il sorriso sul volto solamente se sai che l'altra persona sta bene.

Come l'avrà presa James? Sarà arrabbiato con me? Mi starà cercando o si starà limitando a dimenticarmi? A dimenticare gli attimi passati insieme, le camminate fatte, le risate e le sgridate che ci siamo dati reciprocamente?

Scrollo la testa: basta pensare a lui. Devo andarmene da qui, devo assolutamente dimenticarlo. Una volta varcata la soglia del castello, il nome James non mi dovrà più dire nulla.

Con decisione risalgo sul cassonetto e mi allungo ancora di più.

Ignoro le braccia che mi fanno male, i muscoli delle gambe che tremano e si lamentano, sussurrando, borbottando, parlano, gridando terribilmente minacce.

Dimentica James.

Dimentica Elliot.

Dimentica Connor.

Dimentica tutto.

Ancora un po', solo pochi centimetri e sarò appesa al davanzale.

Dimentica James.

Dimentica Elliot.

Dimentica Connor.

Dimentica tutto.

Hazel, solo qualche centimetro, allungati, fallo per il bene della sua famiglia.

Per il bene della sua famiglia, dimentica James.

Dimentica Elliot.

Dimentica Connor.

Dimentica tutto.

Dimentica quegli occhi neri come il carbone.

Dimentica quegli occhi verdi come i germogli più dolci.

Dimentica le gentilezze, dimentica tutto.

Finalmente arrivo al davanzale e spingo con le gambe, spostandole e trovando un altro davanzale su cui sistemarmi: mi devo solo rilassare i muscoli, fare respiri profondi e riordinare le idee.

Solo un'altra finestra, poi entrerò nella camera e ci vorranno pochi attimi a pungermi con la rosa.

Sento delle voci abbastanza vicine, gravi, voci di uomini che a mano a mano che si avvicinano alla vietta vedo: vestiti di nero, con una pistola in una mano e una sigaretta nell'altra. Un cappello nero copre la testa e degli occhiali nascondono gli occhi.

"L'hai trovata?"

"No. Eppure lui ci aveva detto di occuparci di lei, deve essere qui da qualche parte: il vecchio non mente." Trattengo il respiro: con lui intendono Kiestun?

Come uno schiaffo mi torna in mente la faccia spaventata di Connor che mi racconta l'uccisione di Arasia.

Il dolore che avevo percepito nel suo sguardo era anche peggio delle ferite materiali che portava sul braccio.

Non mi devono trovare, non posso permettere che riaccada, che io faccia la fine di Arasia e che James venga ferito come Connor.

Metto tutta la forza che ho nelle braccia (trovandone un po' di più che non sapevo di avere) e mi spingo più in su, facendo attenzione a non schiantarmi a terra e a fare un fracasso tale da richiamare la loro attenzione su di me.

Riprendo a respirare solamente quando cado sul tappeto rosa della camera di Aviana e rimango lì per qualche minuto.

Manca poco, pochissimo e rimedierò finalmente al mio errore.

"Mostrami cos'è quella cosa che credi che io e tuo padre non abbiamo, mostrami che cos'è l'amore." La principessa prese lo stelo della rosa e si punse un dito.

Sarò come la principessa descritta nel libro: morirò con lo scopo di fermare tutto questo, morirò con il sorriso, morirò per non ferire di più James, morirò perché sono stata e sarò sempre un errore.

Osservo la rosa davanti a me, sopra alla scrivania.

Mi avvicino piano contemplando la bellezza racchiusa in un germoglio così fragile.

Non vorrei quasi toccarlo, perché avrei paura di rovinarlo.

Mi limiterei a guardarlo da lontano, ma lui ha bisogno di me.

Ha bisogno del mio sangue per colorarsi.

Ha bisogno della mia anima per vivere.

Prendo lo stelo in mano e mi pungo il dito.

Un formicolio parte dalla carne bucata e si propaga per tutto il corpo, facendomi sdraiare secondo dopo secondo.

Osservo i petali che diventano rosa, li accarezzo, come se fossero il viso di James.

Osservo i petali che diventano rosa, poi non osservo più nulla.



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