39. Anima - James

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"Credo che tu debba andare da Arasia: ti sta aspettando. Ha detto a me e ad Hazel che ti aspetta e che... beh, ti dirà lei quello che vuole."

"Sei sicuro che mi stia aspettando?"

"Sì. Me lo ha detto, e mi ha fatto vedere che non è morta: è viva, ma aspetta solo che tu corra da lei e unisca il tuo cuore e il suo, per farla tornare."

"Ma Hazel?" Connor si siede sul mio letto e io rimango contro al muro, incapace di parlare di quella persona.

"Ha deciso di rimanere là."

"Ne sei sicuro?"

"Sì."

"Te lo ha detto lei faccia a faccia?"

"No, ma si sapeva. Nel senso: me lo ha detto suo fratello, perché voleva che io sapessi tutta la verità."

"Più di un'anima verrà riunita..." sussurra Connor.

"Come, scusa?"

"Hai capito bene, fossi in te, l'aspetterei."

Detto questo, si alza: "io vado a riprendermi la mia Arasia, tu aspetta la tua principessa."

L'ultimo contatto con una persona che abbia più avuto per tutto il giorno.

Mi siedo sulle scale, a fissare la porta.

Ogni mezz'ora che passa, mi siedo un gradino più in giù, arrivando alla fine.

Qualcuno bussa alla porta e mi alzo di scatto.

"Sì?" apro l'uscio e mi ritrovo davanti un postino.

"Connor?"

"Può lasciare a me, recapiterò il pacco."

"Grazie e buona giornata!"

Buona giornata, sì...

Penso chiudendomi la porta alle spalle e sedendomi sul gradino appena fuori casa.

Il pacco rimane sul pavimento per tutto il pomeriggio, e io rimango al sole per altrettanto tempo, sudando e avendo mal di testa.

Ho sonno, sete, fame e voglia di farmi una doccia, ma non mi muovo dal gradino.

Le calze bianche rimangono a contatto con la ghiaia e un'ape passa sopra alla mia testa, per poi andarsi a posare su un fiore.

Lei la rosa, io l'ape.

Mi sembra di star aspettando ancora la mia Billiecart al ballo, mentre fisso la rosa bianca sul marmo freddo.

Quanto tempo è passato? Non lo so. So solo che sono stati i mesi più belli della mia vita e che mi sono sempre più affezionato a lei.

"Ora capisci cosa ho provato mentre aspettavo seduta che Elliot si presentasse?" alzo lo sguardo.

Una ragazza vestita di bianco (un angelo, forse?) mi fissa sorridendo.

Nemmeno un angelo ha un sorriso così bello, quindi restringo il campo a due possibilità.

O sono pazzo, o è lei.

Spero con tutto il cuore che sia la seconda, quindi mi alzo per cercare di toccarla.

"Certo che non riusciamo mai a capirci, noi due. Dobbiamo sempre perderci anche per la cosa più semplice."

"Dici che dire 'ti amo' è facile?" sussurro avvicinandomi ancora di più. Le prendo l'indice, ancora sporco dal sangue causato dalla spina della rosa rossa.

Di nuovo rose, di nuovo punture per ritornare qui.

"Dipende..."

"Da cosa?"

"Se tu mi assicurassi che rimarresti sempre con me una volta aver scoperto cosa provo, lo direi subito."

"Allora dillo." La incito, ma lei mi sorride e mi abbraccia.

"Ti amo, Hazel." Le sussurro nell'orecchio. Lei mi stringe ancora di più, e inizio a baciarla sul collo, facendola ridere.

"Ma da quando soffri il solletico?" rido anche io, e non mi sono mai sentito così sereno e felice.

Ci baciamo, finalmente.

Ci baciamo con tutti noi stessi,

facendo vedere quello che abbiamo sopportato,

raccontandoci le cose che non abbiamo mai avuto il coraggio di dire,

ci baciamo con semplicità e delicatezza, perché ora che l'ape si è posata sulla rosa, ha paura di rovinarla.

Appena mi prende per i capelli, però, capisco di non farle male, ma solo bene.

Grazie a lei sono più felice, perché è arrivata quando stavo per cadere nel burrone creato nel mio cuore, ma lei lo ha coperto, facendomi rendere conto del pericolo, e costruendoci un ponte, per non farmi cadere di nuovo.

Sono felice, perché noi due siamo finalmente una cosa sola.

Sono felice, perché la stringo nelle mie braccia e la sento tutta per me.

Dopo litigi, bugie, verità dette con il cuore in gola per paura di dividerci, eccoci qui: nello stesso luogo in cui mi ha tamponato la ferita alla fronte, con la differenza che ora sta suturando la ferita che ho al cuore.



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