Caso

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Lily
2031

Tante cose riuscivo a tollerarle, ma il silenzio non era tra quelle. Creava vuoti che nessuno poteva colmare e imbarazzi dai quali era impossibile uscire.

Quel viaggio in auto stava facendo più male che un macigno sopra lo stomaco. Ogni cosa, lì dentro, era amplificata. Il raffreddore mi aveva salvata in ufficio, ma lì dentro...
Non avevo scampo.

Non mi sarei mai potuta sottrarre al suo odore. Alex aveva sempre il solito odore di bucato, mescolato a qualcosa che ricordava il mare in inverno.

Non riuscivo a tollerare il fatto che per un determinato periodo di tempo fosse stato anche mio, quell'odore.

Lo sentivo addosso anche dopo aver fatto la doccia, lo sentivo sottopelle perchè lui si era intrufolato lì sotto, talmente bene da celarsi al cuore.

Aprii il finestrino, ma scendeva troppo lentamente. Sentii il suo sguardo su di me, ma non riuscii a sostenerlo quella volta, quindi finsi di non accorgermene.

"Hai la febbre. Chiudi quel dannato affare."
"L'aria mi farà bene." Risposi.

Mi ignorò, chiudendo il finestrino al posto mio. Svoltò a destra, e non ero così fuori di testa da non capire che non si stesse dirigendo verso casa di Cameron.

"Casa mia è dall'altra parte." Lo guardai e lo trovai attento con gli occhi rivolti verso la strada.
"Tu non ascolti proprio mai, vero?"

"E tu fai sempre quello che ti pare? Voglio tornare a casa mia, Alex."

"Ho detto che voglio assicurarmi che i giorni siano soltanto due. O sbaglio?"

Lo guardai senza dire niente, la mascella non era più contratta e il volto gli si rilassò in un sorriso.
"Lascia fare a me."

Cosa non riusciva a capire del fatto che non lo volessi vicino? Non volevo che si occupasse di me. Non ero un cucciolo smarrito e non avevo bisogno che provasse pietà.

Avrei dovuto odiare quell'uomo. Mi aveva portato via il cuore e me l'aveva restituito ammaccato, poi mi aveva portato via il futuro, facendomi tornare a essere soltanto un'assistente.

Alex White era il tipo di persona che si prendeva tutto senza avvisare, era ingordo e non mi piaceva quanto fossi ancora vulnerabile nei suoi confronti.

Avevo soltanto bisogno di andare a casa, fare una bella dormita e cercare come impiegare al meglio le mie finanze insieme a Cameron.

Avrei fatto questo e ne saremmo venuti a capo, come facevamo sempre da cinque anni a quella parte.

Quello che scelsi di dire dopo, gli fece sparire il sorriso dal volto, di colpo.

"Devo tornare a casa mia. Cameron mi sta aspettando."

"Cameron?" Continuò a guidare, senza lanciarmi nemmeno un'occhiata, ma io avevo imparato a conoscerlo. Eravamo stati insieme due anni.
"Il mio coinquilino. Dovrei chiamarlo."

Alle mie parole, strinse un po' più forte il volante e mostrò le nocche bianche. Il pomo d'Adamo iniziò a muoversi giù e sù.
giù e sù.

"Si, chiamalo." Disse soltanto. Estrassi il telefono dalla giacca e lo cercai tra i contatti, quindi feci partire la chiamata. Rispose dopo appena uno squillo.

"Cam? Sì, tutto bene. Sono passata dall'ufficio. Sì."
Mi voltai a vedere ogni impercettibile cambio di espressione quando il sole gli illuminò il volto, entrando dal finestrino oscurato dell'auto, riuscii a scorgere i nei sul suo viso.

I capelli erano ancora molto scuri, ma riuscii a scorgere qualche capello bianco nel mezzo. Aveva solo trent'anni, ma gli conferivano un'aria decisamente matura. Smisi di guardarlo quando mi guardò di sottecchi. Fece un mezzo sorriso sornione.
Che arrogante.

"Sì, ci vediamo tra poco." E attaccai, iniziando a strofinare le mani sulle cosce. Non seppi dire se per il freddo o l'imbarazzo, ma fu un gesto che non passò inosservato.
Si schiarì la voce.

"Se hai freddo posso accendere l'aria calda."
"Non importa."

Risposi guardando di fronte a me, cercando di tenere il mio cervello isolato dal suo odore. Annuì e strinse di nuovo il volante tra le mani. Rimanemmo in silenzio ancora un pò, prima che la macchina perdesse velocità fino a fermarsi del tutto.

Guardai fuori dal finestrino e mi trovai di fronte a una casa piuttosto grande, circondata da una staccionata che contornava il perimetro del giardino. Cercai di non restare sorpresa, mentre lo sentivo slacciarsi la cintura e aprire la portiera. Io aprii la mia, uscii e mi fissai a guardare i fiori del giardino.

"Comunque io richiamerei Cameron." Iniziò. "Penso che potresti fare un po' tardi."

Mi superò, attraversando il giardino per raggiungere la porta color panna.

Lo guardai un attimo mentre camminava, continuai a sentire il suo odore e sperai che non raggiungesse il petto.

Poi iniziai a camminare anche io e cercai di convincermi che fosse un caso che in quel giardino fossero stati piantati dei gigli.

Lilies & OTICH• Ben BarnesWhere stories live. Discover now