Casa

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Lily
2031

Io non so perchè mi trovassi ancora lì quando aprii gli occhi, ma raggiunsi il telefono e quando mi accorsi dell'ora, scattai in avanti.

Mi accertai che non ci fossero messaggi di Cameron e poi gli scrissi di passarmi a prendere, dopo avergli mandato la posizione.

Mi rimisi le scarpe e mi avviai alla porta d'ingresso, non prima di aver afferrato le mie cose al volo.

Mentre stavo avvolgendo la sciarpa al collo, sentii Alex parlare dietro di me. Mi voltai e lo trovai appoggiato allo stipite della porta.
"Già te ne vai?"
"Potevi svegliarmi, è tardissimo." Dissi continuando a chiudermi il cappotto.

"Ti senti meglio." Incrociò le braccia sotto al petto.

"Sì." Poi aggiunsi. "Grazie." Mi concessi di guardarlo qualche istante.

"Ci vediamo in ufficio domani mattina." Disse, venendomi incontro fino a torreggiarmi.

"Avevi detto due giorni." Cercai di mantenere un tono di voce stabile e saldo.

"Perchè stare due giorni a casa se ti senti meglio?" Aveva un sorrisetto insolente stampato sul volto. Avrei voluto toglierglielo a pugni. Non risposi, aggrottai le sopracciglia e sperai che fosse una risposta sufficiente.

"Dai, ti porto a casa." Si mosse.
"Mi faccio venire a prendere da Cameron." Sentenziai. "E' per strada." Mostrai il cellulare con la posizione condivisa.

Assottigliò lo sguardo e la mascella si contrasse un'altra volta. Annuì e si girò per raggiungere le scale.

"Ricordati di farmi avere quel fascicolo sul tavolo domani mattina," salì un paio di scalini prima di voltarsi, tenendo ancora entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni scuri. I suoi occhi indugiarono su di me.
"E chiudi la porta quando esci."

Lo fissai mentre saliva le scale e quando sparì dalla mia vista, mi voltai e uscii dalla porta. Rimasi ferma lì fuori ad aspettare Cameron mentre mi impegnavo a non pensare ai gigli che aveva nel giardino. O all'espressione che aveva mentre saliva le scale.

Mi strinsi nelle spalle e nascosi il naso nella sciarpa scura. Inalai il mio profumo che si era mescolato con il suo.

Era come un virus. Impossibile sottrarsi quando decideva di arrivare, ma io non potevo assolutamente permettermi di mostrarmi di nuovo vulnerabile. Sarebbe stato un grave errore, uno di quelli che non avrei più commesso.

Iniziai a strofinarmi le braccia, ripensando a quante ragazze dovevano esser state su quel divano e provai un brivido impercettibile lungo la schiena, quando una stretta s'impossessò del mio stomaco, solo al pensiero di quante altre donne avrebbero visto quella scrivania.

Un clacson.
Mi allontanai velocemente dalla veranda, un passo dietro l'altro e raggiunsi l'auto di Cameron. Aprii la portiera e mi sedetti, in silenzio. Lui mi stava sorridendo, ma notai come quel sorriso andasse poco a poco a spegnersi sul volto.

"Cosa ci facevi da queste parti?" Chiese dopo essersi schiarito la gola.
"Ho fatto una dormita a casa del mio ex."
Mi voltai nella sua direzione, anche lui si era voltato prima di scuotere la testa e tornare con la testa rivolta verso la strada.
"Per capire, lo stesso ex che penso? Quell'ex?"

La sua voce traspariva sentimenti contrastanti. Era chiaramente infastidito dal fatto che mi trovassi con una persona tanto brutta, stando ai miei racconti.

Cameron era mio amico ed era prevedibile che ciò accadesse, ma non potevo sopportarlo in quel momento.

Di colpo, alcune immagini confuse mi raggiunsero come frecce sul bersaglio. La bocca di Alex, il suo profumo, le mani tra i capelli biondi della stagista, le lacrime che bagnavano la giacca di Cameron, il senso di colpa che provavo da quasi ventiquattr'ore. Ecco perché cedetti.
"Cam..Ti prego."

Mi guardò di sottecchi, una volta e poi un'altra. Questo gli bastò ad accostare. Si passò entrambe le mani tra i capelli e poi una di quelle mani raggiunse la mia spalla.
"Mi dispiace, non sono affari miei. Stai tranquilla, va bene?"

Si voltò verso di me e mi rivolse un sorriso rassicurante. Mi asciugai le lacrime e annuii, nonostante non riuscissi a mantenere la calma, nonostante stessi perdendo il controllo.

Nonostante la presenza di Alex avesse iniziato a far crollare tutti i muri che mi ero costruita attorno. Come se fosse stato in grado di sentirmi, Cameron mi guardò con un'espressione che mi fece tanta tenerezza.

"Ricordati cosa ti ha fatto, Lily. Non permettere che lo faccia di nuovo." Si fermò, guardò per un attimo in basso, poi di nuovo me. "Vorrei che non fosse così, ma sappiamo entrambi che succederebbe."
"Certo. Sì, hai ragione."
"E ti prego, dobbiamo parlarne."
"No, non adesso Cam."

"Lily io voglio che tu resti a casa." Disse di colpo. Si fermò come se avesse detto qualcosa di terribile. "Io voglio che tu resti." Abbassò la voce. "Sei la migliore amica che abbia mai avuto e mi piace averti in giro. Non mi interessa se per un po' non riuscirai a pagare l'affitto."

Non sapevo cosa dire. Rimasi totalmente scioccata dalle sue parole, dal modo dolce in cui me le aveva dette. Mi morsi il labbro inferiore per evitare di piangere, ma gli occhi pizzicavano lo stesso.

Avevo bisogno di Cameron, delle sue colazioni e del suo strano modo di fare il tè. Usava l'ammorbidente al cocco, lui. Dolce quasi quanto la sua personalità. Avevo bisogno di un amico che leggesse e restasse in silenzio insieme a me.

Era stato grazie a Cameron se ero riuscita a sorridere di nuovo, ed ero grata di questo. Mia mamma mi diceva sempre che quando hai bisogno di qualcosa, se riesci a pensarci intensamente, alla fine arriva e che le cose peggiori non lo sono mai per troppo tempo.

Non sapevo se si fosse riferita a Alex o meno, ma Cameron arrivò poco dopo e grazie a lui tornai nei negozi dell'usato a comprare cianfrusaglie per arredare la mia camera da letto.

Tornai al cinema e riuscii a colmare il vuoto lasciato da Alex con la presenza di un amico. Mi piaceva stare con lui, era evidente. La parte peggiore di aver perso quel ruolo a lavoro, non era rinunciare alla macchina, ma alla casa insieme.

Per quanto amassi i miei, tornare a casa sarebbe stato uguale ad ammettere la sconfitta di non esser riuscita a diventare grande. E non ero pronta a vedere nei loro sguardi la pietà che mi avrebbero concesso. Quindi lo guardai, e mi avventai su di lui. Lo strinsi forte e lui mi abbracciò.

"Significa che rimani?"

Non volevo che mi sentisse piangere, quindi annuii contro la sua spalla, in risposta mi strinse più forte.

Un clacson interruppe il nostro abbraccio e scoppiammo a ridere. Riaccese l'auto e mi portò finalmente a casa.

Lilies & OTICH• Ben BarnesWhere stories live. Discover now