Libri

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Alex
2033

Il caffè che avevo tra le mani iniziava ad essere un po' più freddo, ma nonostante questo continuavo a sentire il palmo indolenzito.

Camminavo per la strada con la testa per aria mentre sorseggiavo la bevanda che avrebbe dovuto darmi la carica per quella mattinata.

Gli straordinari mi davano un sacco da pensare, così come il lavoro extra da fare a casa. Gli occhi ormai li sentivo secchi e spenti, e quando mi guardavo allo specchio, erano arrossati.

Da quando Lily si era licenziata il presidente scelse di affidarmi un'altra assistente. Diceva che era semplice sostituire una che non aveva occhio per gli affari,che bastava un'altra bambolina da tenermi alla scrivania.

Lo diceva con noncuranza e con un'espressione che mi faceva venire voglia di fargli saltare il setto nasale.

Lily era arguta, sapeva cosa dovesse fare ancor prima che glielo chiedessi e lasciava i fascicoli sulla scrivania a fine giornata. Era stata la mia assistente soltanto una settimana, ma avevamo lavorato fianco a fianco per due anni.

Sapevo quanto fosse insostituibile e nessun'altra avrebbe potuto prendere il suo posto.

Avrei voluto saperlo prima, però.
Avrei voluto mettere da parte le urla di mia madre e le parole sconnesse di mio padre, avrei voluto chiudere me stesso in quella stanza e imparare quanto fosse bello prendersi cura delle cose che si amano, piuttosto che usarle e romperle.

Mia madre non mi aveva mai insegnato a prendermi cura delle mie cose perchè non appena le rompevo, avevo qualcos'altro ad attendermi.

Pensavo fosse lo stesso con le persone e alla fine la vita era riuscita a darmi una lezione ben più forte: era bastato un minuto per imparare ciò che non avessi imparato in venticinque anni.

Continuai a camminare, scrollando tra le mail per trovarne qualcuna del presidente quando urtai contro qualcuno.

Misi il cellulare in tasca e mi chinai per raccogliere alcune delle cose che fossero cadute, in maniera meccanica.

Un libro, una tote bag e alcuni volantini. Mi alzai e non appena mi trovai di fronte al mio interlocutore, il mio cuore fece una capriola. Una di quelle che fai quando dici di esserci abituato, ma finisci con il farti male al collo.

Lily era proprio lì, di fronte a me. Giurai di averla vista arrossire, ma forse aveva soltanto caldo. Quella mattina il sole era un po' più tiepido.

La guardai per più di un'istante cercando di ricordare quanti più dettagli: avrei voluto fermare questa immagine e ripensarci ogni volta.

Aveva i capelli un po' più lunghi, un maglione vintage dai colori scuri, un paio di Jeans logorati dal tempo e le Dr.Martens ai piedi.

"Grazie." Disse lei afferrando le cose, rivolgendomi un piccolo sorriso di cortesia. Quando non dissi niente si iniziò a muovere sul posto, guardandosi intorno imbarazzata. L'avevo fissata un po' troppo, quindi mi schiarii la voce.

"Come stai?" Non persi tempo, era davvero l'unica cosa che mi interessasse sapere.

"Molto bene. E anche tu, cioè. tu come stai?" Mi guardò, stringendosi nelle spalle. Mi dispiaceva che quella conversazione la mettesse in imbarazzo, ma mi meritavo che fosse così.

Era l'unico modo che conoscessi per espiare i miei peccati: evidentemente avevo rotto il giocattolo sbagliato, il pezzo raro sul quale non avrei più messo le mani.

"Bene, sì. Sto andando in ufficio." Annuii e feci un cenno con la testa.

"Sì, anche io." si fermò un attimo. "Non in ufficio." poi abbassò la voce. "ma questo già lo sai."  Non riuscii a trattenere un sorriso mentre annuivo.

Era sempre stata così?
A ripensarci, mi tornavano in mente solo le volte in cui tirava fuori gli artigli quando litigavamo, o quando eravamo sul punto di farlo. Dopo quel giorno, avrei avuto un'immagine che non mi sarei tolto dalla testa.

"Di cosa ti occupi adesso?"

"Di libri." Annuì lei, stringendo i libri al petto. "Lavoro nella libreria di Cameron."

"Il famigerato Cameron." Guardai un punto sopra la sua testa, prima di riportare la mia totale attenzione su di lei. Stava arrossendo e la cosa mi provocò un dolore all'altezza del petto; non sapevo se fosse per gelosia, non sapevo chi fosse adesso Cameron per lei, ma non dovevo saperlo.

"Dovrei andare, avrei dovuto aprire dieci minuti fa." Disse lei.

"Oh, sì certo. Anche io." Mi corressi. "Non apro io l'ufficio, ma-"

"Alex." Mi guardò. "Ho capito." Il sorriso che aveva sul viso mi piaceva. Non era imbarazzata come poco prima, bensì sembrava... sollevata.

Si portò la borsa in spalla e mi superò, e io come ammagliato dalla sua aura mi voltai per seguirla con gli occhi prima di voltarmi per andarmene.

Abassai lo sguardo e trovai un piccolo volantino sui toni del beige con una scritta in oro.

Mi chinai per raccoglierlo e mi misi a leggere: parlava di una libreria che avesse libri divisi secondo gli stati d'animo, libri adatti a chi aveva bisogno di guarire o imparare cose nuove.

Lo piegai e lo riposi nella tasca interna della giacca, poi afferrai il cellulare.

Uno squillo, due, tre, quattro.

"White? Come mai non sei ancora qui? La riunione sta per iniziare."

"La mia mail non è arrivata?" Chiesi, iniziando a camminare con una mano in tasca.

"Quale mail, ragazzo?" Il suo tono era sempre più irritato.

"Ho la giornata libera oggi, signore."

E prima di sorbirmi le sue urla, buttai giù la linea e riposi il cellulare nella tasca.

Sapevo cosa avrei fatto.

Lilies & OTICH• Ben BarnesWhere stories live. Discover now