Due volte

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Alex
2026

Sembrò surreale.
Spalancò la porta dell'ufficio e in quell'istante capii di aver commesso un errore fatale, quello che ci avrebbe macchiati per sempre.

La vidi in piedi sulla porta con le labbra schiuse e gli occhi tristi, ma di fatto la vidi sgretolarsi sotto il peso di ciò che avevo fatto.

In un attimo tornai bambino: avevo cinque anni e avevo visto mia madre nascosta in un angolo mentre mio padre cercava di raggiungerla, barcollando per tutta la casa.

Ero di nuovo quel bambino, pronto a nascondersi sotto al letto, a lasciare che l'ennesima cosa bella della sua vita gli venisse portata via.

Se non l'avessi rovinato io, il nostro rapporto, l'avrebbe fatto lei: quello era il dogma in cui credevo, perché le cose belle tendevano a orbitare sempre intorno a qualcuno che non ero io.

Vederle gli occhi riempirsi di lacrime, pronti a scoppiare da un momento all'altro, mi fece sentire qualcosa a cui non ero abituato.

Volevo tornare indietro, riavvolgere il nastro e fare l'amore con lei. A casa, in macchina, in ufficio, ovunque ma con lei.

Fu la sua espressione persa a farmene rendere conto: le mie labbra si trovavano sulla pelle di un'altra.

Il cuore iniziò a tamburellare forte e lo potevo sentire fino alle orecchie mentre continuava a sgridarmi.

Sembrava di essere all'interno di una canzone: la bionda si allontanò e uscì con la testa bassa, io mi risistemai la giacca e provai a muovere un passo verso Lily.

Ma più mi muovevo, più la distanza aumentava: non l'avrei mai raggiunta e lo vedevo dai suoi occhi, nel modo in cui non riusciva a guardarmi senza piangere; nel modo in cui ingoiava il peso a cui l'avevo sottoposta.

L'avevo rovinata e non mi avrebbe mai più permesso di orbitarle intorno.

"Non ti avvicinare." La voce fredda e vuota mi fece fermare all'istante sui miei passi. "Come hai..." Si bloccò, a stento riusciva a guardarmi.

Alzai le mani quando, mosso un altro passo, mi inchiodò sul posto con lo sguardo. Volevo dirle che non le avrei fatto del male, ma gliene avevo già fatto.

"Lils."

"Non chiamarmi in quel modo. Tu non-"

Riuscì a malapena a trattenersi mentre si portava una mano sul volto, senza sapere cosa fare. Poi finalmente mi guardò, ma volli scomparire non appena le sue iridi nocciola sfiorarono le mie.

"Chi sei tu?"

Era una domanda a cui non avrei mai saputo rispondere. Ero il figlio della paura di essere inghiottito, colui che aveva perso la cosa più importante che gli fosse mai capitata. Ero l'errore che non avrebbe mai dovuto commettere.

Scelsi di non rispondere, tacere mi avrebbe fatto più onore.

"Io mi fidavo di te, Alex." Poi continuò. "Spero ti ricorderai di questo momento per tutta la vita"

A quel punto non si preoccupò nemmeno di mostrarmi le lacrime che aveva sul volto: stava piangendo e il trucco si era sciolto, scavandole guance e il contorno degli occhi.

L'idea di averla resa così vulnerabile mi fece quasi odiare il mio egoismo, tanto da dover abbassare lo sguardo.

"Guarda cosa mi hai fatto." Urlò. "Guardami e dimmi che ne è valsa la pena."

Non volevo farlo, ma immaginai che glielo dovessi. Meritavo di esser trattato in quel modo.

La cosa peggiore fu che solo in quel momento mi resi conto che avrei fatto di tutto pur di non vederla piangere.

Avevo dovuto rovinarla per saperlo.
Quanto mi sarebbe piaciuto saperlo prima.

Mi guardava come se fosse in attesa d'una risposta che non sarebbe arrivata, fin quando camminò nella mia direzione.

Rimasi immobile quando mi raggiunse e iniziò a colpirmi il petto. Le permisi di trasferire un po' quel dolore sulla mia pelle, ma continuai a non guardarla.

Il petto mi faceva male, ma non per colpa sua. La sentii piangere ancora più forte quando le mie mani l'accolsero in un abbraccio: era tutto quello che potevo darle mentre speravo che rimanesse intera ancora per un po'.

D'un tratto smise di piangere e indietreggiò, come se toccarmi fosse troppo per lei. Continuò a indietreggiare fin quando mi puntò l'indice contro, con gli occhi un po' più vuoti di prima.

"Ti ho amato davvero, ma non commetterò lo stesso errore due volte."

Si voltò e quando uscì dalla porta, il macigno che avevo sul petto divenne ancora più pesante all'idea che non l'avrei più rivista, se non tramite i ricordi evocati dai gigli che avrei piantato ogni anno in giardino.

Così ogni primavera, allo sbocciare di quei petali, il dolore mi avrebbe accolto come un vecchio amico e mi avrebbe ricordato di non cercarla mai più.

Meritava il meglio, ma io quel meglio non l'avevo mai conosciuto e per questo non ero stato in grado di darglielo.

Lilies & OTICH• Ben BarnesWhere stories live. Discover now