2 - THE 𝐿𝐴𝐷𝑌 AND THE 𝐿𝑂𝑅𝐷 (p.2/2)

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«Attenda Mr. Cooper qui. Oh! Sua sorella sarà così felice quando verrà a sapere di questo incontro!» proclamò esagitata Miss von Weizsäcker, dopo dieci minuti di camminata ritmata per i labirintici corridoi. La fece entrare in un salottino e, dopodiché, scomparve danzante nella sua gonnella.

Sue ne rimase grata. E ciò che più apprezzò fu il quieto corroborante silenzio. L'anziana Miss aveva ciarlato per l'intero tragitto con la foga di chi riscopre il dolce suono della propria voce dopo anni di obbligato mutismo. Era stato un profluvio di "Che bella, Lady Hannaline; Lady Hannaline ha lasciato il segno; il Proclama di Lady Hannaline è stato un vero capolavoro; Lady Hannaline...Lady Hannaline... Lady Hannaline" che Sue aveva mal sopportato: aveva odiato le lodi stridule, detestato il languido tono con cui pronunciava il nome della sorella e disprezzato l'apatia nei suoi confronti. Le aveva procurato un azzannante cerchio alla testa e una rivoltante contorsione dello stomaco.

Ora, sola, Sue spirò asciutta: «Come se a Han importasse qualcosa.»

Con la borsa dondolante tra le mani, si guardò attorno. Era in un salottino caldo e accogliente pervaso da un tenue aroma agrumato: c'era un caminetto in marmo bianco con ceppi di faggio ben secchi sorretti da alari d'ottone, un tappeto antico a medaglione centrale con rose sui toni del crema su campo rosso, due grandi divani in velluto vermiglio dai cuscini gonfi, rivolti verso un tavolino basso, diverse massicce librerie in quercia ricolme di volumi che condividevano a stento lo spazio con finestre e un mobile antico dalle ante in vetro e un grande specchio.

Vagando flemmatica all'eco dei tacchi sul marmo, Sue si cruciò. «Che disastro! Io sono un disastro!» Raggiunse i divani e li saggiò. Inspirò ed espirò nel vano tentativo di quietarsi. Non funzionò: il corpo fremeva.

Così si rialzò e camminò.

«Ma perché Han mi ha spedita qui?». si avvicinò al ripiano della libreria più bassa, posta sotto lo specchio e piena di ninnoli.

Adocchiò una statuetta di bronzo e la tampinò con un dito sul capo: la fece dondolare molle a destra e sinistra. Era gelida.

«È ovvio che questo posto le piaccia. Hannaline di qui. Hannaline di là.» lamentò. «Un tripudio di elogi ed encomi per... la reginetta dispotica dei miei stivali. Che strazio, ci mancava il mal di testa.»

«Anch'io, sai.»

Sue scolorò e, artigliando i manici della borsa, si voltò di scatto. «Chi è?»

Nessuno rispose; la stanza era vuota.

«Sono qui.» udì ancora. Era una voce distorta, come arrocchita da un vento troppo freddo.

Sue trasalì, impaurita. Qualcuno aveva parlato. Ne era certa. Non se l'era immaginato.

«Qui, qui.» continuò con un tono in più. «Dietro

Ed era così: era alle sue spalle; percepì l'alito gelido inumidirle il collo, discenderle lungo la spina dorsale sotto forma di tremiti veementi e penetrarle nelle vertebre.

Col cuore balzato in gola e fiato sospeso dalla ansietà, si girò.

E, in un sussulto rabbrividente, urlò.

Al suo riflesso.

Era terrea, con le labbra contratte dallo spavento e il petto ansante. Il cuore palpitava imbizzarrito e le gambe oscillavano come esili piedritti di gelatina. Se non si fosse retta alla libreria, sarebbe crollata.

Sue, è ancora troppo presto per impazzire, si disse. E ripensò. Ma non l'ho immaginato... Era...

Abbassò lo sguardo.

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraWhere stories live. Discover now