15 - A TALE OF TWO 𝑍𝐼𝑉𝐸𝐿

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Tick. Tick. La pioggia batteva sui vetri della carrozza; di tanto in tanto, il kra-boom di un tuono infrangeva il ritmo cadenzato. Ovunque Sue guardasse, vedeva nero: nubi scure, strisce di terra lugubri e corsi d'acqua pari a torrenti di melmosa pece.

Nella carrozza illuminata da una minuta sfera Krafti, fluttuante e azzurrognola, il clima era simile. La temperatura era scesa; persino il velluto rossiccio dei sedili aveva perso calore. La luce fioca plasmava ombre nette e tetre. Regnava un silenzio ingombrante.

Marcus non aveva aperto bocca. Fissava le gocce sul vetro con aria assorta, tampinandosi un anello di piccoli smeraldi al dito medio.

Sotto al mantello, invece, Sue tremava. Oltre al freddo, l'oscillante procedere della vettura le provocava un prepotente senso di nausea e le asperità del terreno l'acuivano. Mai aveva desiderato un viaggio in auto più di quel momento, con il riscaldamento accesso e gomme solide su una strada ben asfaltata. Decise che, quando sarebbe tornata a casa, avrebbe chiesto scusa a  Gregor, il suo autista, per le lamentele inutili degli ultimi anni.

E aveva paura: le gelava le ossa e le scuoteva le membra con una furia. Stringeva lo stiletto di Clara come se fosse l'ancora di salvezza per il suo cuore che spingeva contro il petto.

L'ennesimo tremore attirò l'attenzione di Marcus. «Hai freddo?» Non la guardò.

Secondo te? Diluvia! avrebbe voluto rispondere, ma si contenne. «Sto bene.»

«Non sembra.»

«Anche se fosse?», domandò, «Ti interessa?»

«Devo essere onesto?»

«Come minimo.»

«Mi interessava» affermò perentorio. Poi s'azzittì.

Il silenzio ripiombò. Sue avrebbe potuto lasciar morire lì quello scambio di battute, ma si rifiutò. Quali altre occasioni avrebbe avuto per parlare con l'uomo che aveva creato il Giudizio di Sangue, che aveva dato vita alla sua Casata?

Inspirò aria come se fosse coraggio e cercò un argomento appetibile. «Com'è stata la permanenza al confine Ovest?»

Il Lord non si voltò. «Proficua.»

«Tanto da partire in fretta e furia?»

«Ci conosciamo da vent'anni, Gal», soffiò a labbra strette, «Non hai ancora imparato a farti gli affari tuoi.»

«Se non vuoi parlarmi, allora perché sarei qui?» chiese Sue, sperando che il suo timore non si cogliesse, a palmi serrati sull'elsa dell'arma. «Non vedi l'ora di sbarazzarti di me?»

Al lampo che illuminò i vestiti della carrozza, gli occhi smeraldini di Marcus si piantarono nei suoi per la prima volta da quando erano partiti. Dardeggiavano rabbia maligna. Scoppiò il tuono.

«Sì.» disse.

Sue rabbrividì. «Neanche neghi?»

«Dovrei?» Abbassò lo sguardo sul mantello blu. «Sai, devo ancora decidere se sia più stupida Clara o tu. La vostra è stata una scenetta deludente dal risultato mediocre. Un abbraccio? Vomitevole. O credevate sul serio che non mi accorgessi di un'arma tanta ridicola?» 

«Io non ho-»

Non terminò. Prima ancora che potesse accorgersene, un robusto tralcio si era impossessato dell'elsa dello stiletto e l'aveva strappato dalla sua presa. Il calore e l'odore del sangue anticiparono il dolore acuto. Le sue parole si trasformarono in grido: chinando il capo, vide le sue mani incise da due profondi tagli, identici, grondanti sangue in grossi rivoli.

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraWhere stories live. Discover now