9 - THE THIN 𝑅𝐸𝐷 LINE (p. 1/2)

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«Evitate di rimetterci la pelle! Se proprio dovete, spezzatevi l'osso del collo, è rapido, indolore e i vostri cari avranno qualcosa su cui piangere al vostro funerale!»

La voce tonante che aveva appena riempito l'arena dell'ala ovest dinnanzi agli Zivel del quarto anno schierati in tuta viola, era quella della giunonica docente di preveggenza Wizja, Francisca Alonzo, a pugni fissi sui fianchi floridi e con alle spalle un enorme portone bluastro che dava sul nulla.

Tampinandosi il fastidioso colletto alto della tuta che avrebbe dovuto essere un tutt'uno con le Abilità Zivel, Sue sbiancò. «M-ma dice sul serio?»

Era una domanda che avrebbe volentieri rivolto a Iris, ma lei non c'era. Era stata inserita nel primo gruppo di Krafti, Domen e Wizja dello stesso anno che, se presi singolarmente, erano di numero inferiore agli Zivel. No, il bisbiglio era per Areth, al suo fianco. Da più di cinque minuti, lanciava occhiatacce a Toad che, svolazzante per aria, sghignazzava alla vista della tuta, larga e frusta, che gli avevano rifilato. «Non lo escluderei.» mormorò mentre litigava con le maniche che gli cascavano di quasi due spanne oltre i consueti guanti.

«Cosa?» Sue scolorì d'altri due toni. Ma non fu l'unica: adocchiando viso dopo viso, decine di studenti erano più pallidi rispetto a quella mattina.

Per loro fortuna, Mrs. Alonzo non era sola. Accanto a lei, minuta quanto un paperotto e magra quanto uno stecco tranne che per il ventre bello gonfio, c'era la professoressa di Formulazione Krafti Bridget Dowell. La sua intera figura sembrava in preda a un perenne moto oscillatorio. Si notava soprattutto dai mignoli, sempre alzati con grazia alla stregua di due antenne.

«Insomma! Non vede che li sta spaventando a morte? Non esageri!» borbottò severa alla collega con una voce più simile a un petulante ronzio piuttosto che a un aspro rimprovero. «Non temete ragazzi, andrà tutto bene.» si rivolse agli studenti, rincuorante e a mani giunte. Esclusi i mignoli: fini e distanzianti, ondeggiarono in solitaria. «Queste simulazioni sono pensate per impratichirvi. Prestate solo attenzione a ciò che vi troverete di fronte, e nessuno si farà male. Dico bene, Francisca?»

La docente Wizja incrociò le braccia al petto prosperoso e ruminò parole inarticolate, insofferente. La liquidò con un: «Non perdiamo tempo. Va all'Ingresso del Debutto», dibattendo una mano per aria quasi volesse sbarazzarsi di un moschino. E mentre Mrs. Dowell, in uno sbuffo contrariato e vezzeggiando il ventre gonfio, andava verso il centro dell'arena dove l'attendeva il portone azzurrognolo, Mrs. Alonso fu libera di proseguire la terrorizzante spiegazione sulla simulazione.

Sue ascoltò per metà. Colse che da lì poco avrebbe attraversato proprio quel portone -l'Ingresso del Debutto-, che il vero Proclama si sarebbe svolto l'anno successivo e che sarebbe stato diviso in due parti. Ma, soprattutto, che sarebbe stato l'ostacolo più grande che avrebbero dovuto oltrepassare prima di potersi considerare degli Iskra pronti per contribuire al benessere della società. Da lì diede retta ai suoi pensieri Cosa poteva importarle dell'anno futuro quando stava approssimando a un baratro grande, profondo e oscuro? Come poteva affrontare il Proclama, benché fosse solo una prova, senza l'Abilità? A suon di saltelli? Improvvisando? Si sarebbe messa a disegnare fiorellini e a costruire rami di parole?

Che idiozie! È tutta colpa di Han! Perché mi ha messo in questo pasticcio!, urlò tra sé e sé.

Ecco, sua sorella era il problema. Perché non erano state le sue gambe che l'avevano portata in quel posto, bensì le mani di Han: le premevano malefiche sulla schiena da due giorni e la spingevano con forza verso ciò che non voleva.

E mai avrebbe creduto che, in quel disastro, la sua sola salvezza fosse Inquy. Il carceriere che la tallonava da anni era il solo che poteva, in un modo o in un altro, simulare l'Abilità che le avevano appiccicato addosso. Ora, senza la borsa a fianco, l'aveva nascosto tra i capelli raccolti nella coda lasca. Era stata un'idea di Toad, che si era imbucato di sua iniziativa con la sua solita festosa irruenza. La tuta era priva di tasche e troppo aderente perché Inquy potesse celarvisi e si era rifiutato categoricamente di insinuarsi nelle scarpe da ginnastica. Così, dopo averlo pregato di rimpicciolirsi il più possibile e aver discusso tra i bisbigli brontoloni di lei e i fruscii striduli della piccola Emanazione, accettò l'opzione dell'Elementino. Di tanto in tanto, lo sentiva muoversi sulla nuca, reggendosi tra una ciocca e l'altra. Era fastidioso, a tratti doloroso, ma necessario. Superato quel pomeriggio, avrebbe pensato a un modo alternativo.

L'Accademia dei Privilegiati di HemeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora