-2. Sei mesi prima -

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13 settembre
Ivy e Albert arrivarono in palestra ed entrarono nei rispettivi spogliatoi. La ragazza ormai vi era abituata, ma per Albert essere escluso e vedere persone parlare di lui bisbigliando non era affatto normale. Evan gli si avvicinò silenziosamente. "Non è una buona idea." Gli disse a bassa voce, cercando di non farsi notare dagli altri. Albert si sfilò la camicia prima di rispondere. "Lo so me lo hai già detto, ma io non ho nessun motivo per evitarla." Affermò cambiandosi le scarpe.
Evan iniziò a elencargli un'infinità di ragioni futili e superficiali per emarginare Ivy ma lui si dimostrò irremovibile. Non aveva intenzione di basarsi su ciò che dicevano gli altri per scegliere le proprie amicizie. Voleva conoscerla e se si fosse rivelata davvero quell'inquietante strega malvagia di cui tutti parlavano l'avrebbe abbandonata, ma gli sembrava giusto darle una chance.
Nel frattempo, lei faceva finta di non ascoltare ciò che dicevano le altre ragazze. Clarissa e due sue amiche bionde e vestite come le Barbie, la guardavano e si chiedevano bisbigliando se avesse usato qualche filtro o pozione per far sì che il nuovo arrivato la considerasse.
Ovviamente, sebbene stessero parlando a bassa voce, si preoccupavano che Ivy potesse sentire, sperando di suscitare in lei qualche reazione. Ma, nonostante avesse avuto la pulsione di rispondere un paio di volte, era troppo intelligente per cadere nel loro tranello. Continuò semplicemente a vestirsi e a togliere la maggior parte dei pesanti gioielli che indossava, riponendoli poi in un piccolo astuccio nero. Andò allo specchio per sistemarsi i capelli e attraverso il riflesso, vide tutte le sue compagne che invece di pensare a loro stesse, la fissavano e sparlavano di lei.
Senza dire nulla, raccolse le sue cose e uscì dalla stanza sbattendo violentemente la porta. Scese le scale velocemente entrando per prima nella grande e lurida palestra della scuola. Le sembrava incredibile che in tre mesi di vacanza non avessero pulito quel posto nemmeno una volta.
Come la vide entrare, l'insegnante le rivolse uno sguardo poco rassicurante ed Ivy provò una strana sensazione, desiderando per un attimo di diventare invisibile. Fortunatamente non passò molto tempo prima che l'intera classe si riversasse nella sala.
Il professore fece velocemente l'appello, per poi fischiare in modo che tutti iniziassero a correre. Albert già lo detestava, con quel suo sorriso da maniaco e gli occhi di tutte le sue compagne idiote puntati su di lui. Trovava inquietante il modo in cui il professore osservava i corpi delle sue alunne e altrettanto preoccupante il fatto che gli sguardi venissero ricambiati.
Ivy nel frattempo dava prova della sua noncuranza scolastica. Quella materia non le interessava e dunque era inutile per lei impegnarsi. La ragazza camminava, non saltava la corda e si rifiutava di fare le capriole dicendo di avere problemi al collo, tutto sotto gli occhi scocciati del prof.
Nonostante quella ragazzina continuasse a sfidarlo continuamente, non seguendo le sue istruzioni e rifiutandosi di fare ciò che le chiedeva, il professore trovava Ivy estremamente attraente. Indossava la divisa della scuola: un paio di pantaloncini corti e neri che continuava a tirarsi giù nel tentativo di coprirsi un po' di più le cosce e una maglia bianca e aderente con lo stemma della Heston al centro, la quale metteva in risalto il suo seno prosperoso. Non aveva un fisico atletico e non era alta ma il suo corpo era sinuoso ed erano i suoi atteggiamenti a renderla così bella ed intrigante, oltre al suo trucco da ragazza ribelle e il volto costantemente imbronciato.
L'uomo tentò più volte di avvicinarsi a lei durante la lezione ma Ivy si allontanava costantemente e sembrava cercare protezione in quel ragazzo alto e magro che le stava sempre accanto.
Dopo due ore di agonia, la lezione di ginnastica terminò. Ivy e Albert si dovettero separare e al nuovo arrivato toccò un'ora di chimica mentre la ragazza si recò in aula di francese. Mentre camminava sentiva dietro di sé la voce di Francois e dei suoi cagnolini. "Allora Ivy cosa pensi di fare con il nuovo arrivato?" Urlò il francese, correndo in avanti per raggiungerla. Lei fece finta di nulla e proseguì, circondata da quei babbuini e dalle loro battute volgari ed insensate.
"Liam non faresti meglio a pensare a chi va a letto con la tua ragazza, piuttosto di preoccuparti di chi mi faccio io?" Tutti iniziarono a ridere, a urlare o addirittura ad applaudire, regalando ad Ivy uno dei suoi rarissimi momenti di gloria.
Entrò in classe a testa bassa e si sedette in fondo, seguita da Francois. "L'hai ucciso con quella frase." Commentò prendendo posto accanto a lei. "Perché non mi ignori come hai sempre fatto?" Chiese la ragazza alzando gli occhi al cielo, rendendosi conto quanto l'essere una nullità fosse rilassante.
La professoressa entrò in aula salutando i suoi alunni. Ivy la osservò scocciata, non sopportava nemmeno lei. Era una donna di mezza età, prosperosa e appariscente che secondo Ivy si vestiva come una ragazzina e si truccava come una prostituta. Probabilmente pensava di essere sexy, ma risultava soltanto ridicola e fuori luogo.
"Dai Ivy smettila di essere così fredda...sciogliti un po'.” Francois richiamò la sua attenzione avvolgendole un braccio attorno alle spalle.
La ragazza lo guardò schifata e si scansò. "Quanto ti darebbero?" Chiese Ivy dopo aver osservato abbastanza a lungo i tre ragazzi e il loro gioco di sguardi. Francois la guardò confuso, fingendo di non capire. "Quanto ti darebbero se riuscissi a sedurmi?" Insistette, ma prima che il ragazzo potesse rispondere la signorina Hollard, la richiamò, chiedendole di fare silenzio e di ascoltare la lezione.
Albert iniziava già a stancarsi della sua immotivata emarginazione e si sedette accanto a una delle ragazze che quella mattina si trovavano in prima fila. Ovviamente, dovette presentarsi alla classe su richiesta della decrepita professoressa ma non disse nulla di più che il suo nome, il luogo da dove veniva e un falso motivo per il suo trasferimento.
"Io sono Rebecca, piacere." Sussurrò la sua compagna di banco prima che la donna assegnasse loro i primi esperimenti da compiere.
Rebecca era capo delle cheerleader e non serviva chiederlo per capirlo. Era stupenda, forse la ragazza più bella e ben vestita che Albert avesse mai visto. Aveva un fisico invidiabile, almeno quanto il suo look e il suo viso angelico e perfetto. La sua pelle era leggermente ambrata e ricoperta da piccole lentiggini. I suoi capelli folti e neri le arrivavano ai fianchi, ondulati e morbidi. I suoi occhi erano color castagna, grandi ed espressivi e le su labbra carnose nascondevano dei denti talmente banchi da sembrare finti.
L'aveva osservata durante il discorso del preside. Anche lei era una di quelle che ridacchiava guardando Ivy e temeva gli avrebbe detto qualcosa a proposito, ma la ragazza non toccò mai l'argomento.
"Sei il nuovo vicino di casa di Evan, giusto?" Albert annuì, scoprendo di essere tra gli amici del ragazzo una specie di celebrità. Rebecca dopo aver parlato velocemente di sé, gli chiese se volesse uscire con loro quel pomeriggio e Albert accettò subito. Voleva essere amico di Ivy ma non aveva intenzione di lasciarsi mettere in disparte da tutti gli altri, anzi sperava di poter far accettare anche lei.
Una volta terminate le lezioni di quella mattina, Albert si offrì di accompagnare Ivy a casa, e dopo i primi rifiuti riuscì a convincerla. Camminarono velocemente fino a raggiungere la piccola e vecchia villetta in cui viveva. Attorno ad essa vi era un enorme giardino lasciato a sé stesso almeno da dieci anni. La padrona spinse con forza il cancelletto, pulendosi poi le mani dalla ruggine sulla gonna del vestito. Invitò il suo amico ad entrare, tanto era certa che sua madre non ci fosse. Probabilmente era dalla vicina a lamentarsi di quanto la vita fosse stata ingiusta con lei.
Sul tavolo della cucina trovò infatti un foglietto giallo "Io sono da Helen. In frigo ci sono le Lasagne, se hai ancora fame vai a fare la spesa." Con accanto sei dollari e cinquanta centesimi.
Lei ed Albert si divisero quella teglia di pasticcio surgelato, sciolti sul divano color tabacco, per poi uscire. Ivy non vedeva l’ora di mostrare al suo nuovo amico le sue abilità botaniche. Dietro alla casetta, dopo una sorta di boschetto incolto si trovava una vecchia serra di vetro e metallo totalmente in rovina. Al suo interno, nonostante le condizioni penose del luogo, Ivy era riuscita a far crescere piante di ogni genere.
"Passo qui quasi tutte le mie giornate." Ammise prendendo un po' di concime da un sacco che si trovava a terra e versandolo in un piccolo vaso apparentemente vuoto. Albert si avvicinò ad una fioriera che conteneva delle splendide orchidee. "Sei davvero brava sai?" Ivy sorrise e continuò a prendersi cura delle sue piantine con maniacale attenzione. "Dove hai imparato?"
La ragazza si fermò di colpo. Era stato suo padre prima che se ne andasse, quando lei aveva appena sei anni, a spiegarle come accudire le piante. "Da sola, ho sempre avuto tanto tempo libero." Mentì prontamente, non voleva ancora raccontare ad Albert la verità su quell’uomo, preferiva pensasse che fosse morto piuttosto che rivelargli ciò che aveva fatto.
Verso le quattro Albert salutò la sua amica, aveva appuntamento con il gruppo degli amici del suo vicino Dopo aver fatto una doccia, salì in auto con Evan e insieme raggiunsero il centro di Heston. Nella piccola piazza soleggiata vi erano già Rebecca e Clarissa che continuavano a telefonare a Ethel e Lydia, le due ritardatarie del gruppo.
Sceso dalla macchina, Evan corse a baciare Clarissa mentre Albert andò a salutare Rebecca. In fondo alla piazza vide Francois e Liam, accompagnati da un ragazzo alto e muscoloso con folti capelli rossi e ricci. "Quello chi è?" Chiese a Rebecca, pensando che dovesse essere più vecchio di tutti loro. "Helia." Rispose lei leggermente imbarazzata. "E' il mio ragazzo." Ad Albert si prosciugò la gola ma si sforzò di sorridere nonostante la delusione. Nel frattempo, arrivarono anche Ethel e Lydia e il gruppo si spostò in caffetteria.
Albert si sentiva escluso, estraneo a tutti i discorsi che stavano facendo e privato delle sue uniche due conoscenze, troppo impegnate con i rispettivi compagni per preoccuparsi di lui. Accanto ad Albert si era seduto Francois e sinceramente non ne era entusiasta, mentre di fronte aveva Ethel la quale continuava ad ignorarlo.
Il gruppo parlava di cose inutili come shopping, feste e pettegolezzi, mentre lui interveniva di rado e malvolentieri. "Cosa vi porto?" La cameriera era una delle ragazze della sua scuola, l'aveva vista durante l'ora di chimica ma non ricordava come si chiamasse. Ordinarono quasi tutti un frappè o comunque qualcosa di dolce, mentre lui ed Helia optarono per il salato.
Non appena la ragazza si allontanò, dalla bocca di Francois uscì uno dei suoi soliti commenti fuori luogo. "Sbaglio o Asia ha preso qualche chilo?" Liam fu l'unico a ridere e Francois non soddisfatto continuò. "E' incredibile però, nonostante la sua ciccia me la farei lo stesso." Effettivamente Asia era molto carina, la tipica bellezza afroamericana: occhi gradi e scuri, labbra carnose e tutte le curve al punto giusto. "Peccato che lei non ti sfiorerebbe nemmeno con un dito Fran." Commentò Ethel vedendo rientrare la ragazza con i primi ordini. Tutti iniziarono a ridere compresa lei che doveva aver sentito tutto.
Francois si alzò per andare al bagno. "Tranquillo, non è sempre così." Lo rassicurò Ethel. "Ci tiene solo a mantenere alta la reputazione da stronzo." Albert sorrise, sapeva che la ragazza aveva ragione ma con appena due frasi Francois era riuscito ad apparirgli insopportabile.
E il sentimento era reciproco. Dal primo momento in cui lo aveva visto in aula magna, Francois aveva capito che lui ed Albert non sarebbero mai potuti diventare amici. C’era qualcosa in lui, una patina di perfezione fasulla che glielo rendeva intollerabile. Come se tutta quella gentilezza, quella spensieratezza fossero un artificio, come se dietro a quei sorrisi smaglianti nascondesse qualcosa di terribile.
Per non parlare poi del rapporto che stava costruendo con quella sfigata di Ivy. Non sapeva perché ma vederla ridere, parlare e scherzare in compagnia di quel bamboccio lo disturbava. Desiderava riportare le cose com'erano sempre state, l'arrivo di quel patetico ragazzino aveva scosso gli equilibri, aveva capovolto la gerarchia del suo piccolo mondo in una sola giornata, e questo lo faceva impazzire.
Tanto che aveva l’impressione che la loro vita sarebbe presto cambiata. Non sapeva come mai, ma Francois spesso veniva investito da alcune sensazioni, che di rado si rivelavano errate, e da quando aveva rimesso piede alla Heston High, non riusciva a togliersi di dosso quel senso di fine imminente. Ma forse, aveva solo l’ansia del diplomando.
"Ma mi stai ascoltando?" La voce irritante e acuta di Lydia lo distrasse dai suoi pensieri. Sfoggiò uno dei suoi magnifici sorrisi da repertorio, calmando immediatamente la furia della ragazza che non sapeva assolutamente resistergli. "Scusa, mi ero distratto, dicevi?" Le passò una mano tra i capelli, mentre continuava a pensare all’odiosa risata di Ivy.
Rimasero lì per circa un'ora, per poi uscire e fare una lunga passeggiata per le vie del quartiere. "Ti sembrerà un po' vuoto qui rispetto a Seattle." Commentò Ethel avvicinandosi a lui. A Heston non c'era quasi nulla: una caffetteria, un piccolo cinema, due negozi d'abbigliamento e una pizzeria ma Albert la preferiva alla città grande e caotica da cui veniva. "Sì ma non è un problema, non sono uno che esce spesso." Rispose continuando a camminare con le mani in tasca. "E cosa fai nel tempo libero?" Albert rifletté qualche secondo. Prima passava i pomeriggi con Carly, guardando film o serie tv e mangiando cibo spazzatura. Oppure stavano al parco a parlare di stupidaggini, ma in quel momento non aveva voglia di parlare di lei. "Leggo, guardo qualche film, disegno..." Lei provò ad indagare meglio, ma Albert rimase sempre vago.
Verso le sette lui ed Evan tornarono alla macchina, avevano entrambi promesso di tornare a casa prima di cena mentre gli altri rimasero fuori ancora un po'.
"Allora? Ti stanno simpatici?" Albert annuì, avrebbe avuto da ridire su Francois e Liam e anche su Lydia, che non aveva aperto bocca tutto il giorno se non per ridere alle battute idiote dei due ragazzi, ma preferì rimanere in silenzio. "Ho visto che hai parlato molto con Ethel." Asserì Evan con tono ammiccante. "Sì è simpatica, anche Clarissa e Rebecca sembrano gentili." Evan sorrise, non era esattamente questo che intendeva dire. Albert lo sapeva ma non provava un vero interesse nei confronti di Ethel ed era abbastanza sicuro di non piacerle. Lei cercava semplicemente di farlo integrare nel gruppo, al contrario di tutti gli altri.
"Non sapevo che Rebecca fosse fidanzata." Disse dopo un po', facendo trapelare senza troppi problemi la sua delusione. "Sì sta con Helia da quasi due anni ormai." Nel pronunciare quella frase la mandibola di Evan si contrasse, come se la cosa lo infastidisse terribilmente. Albert decise di non farci troppo caso, probabilmente lui non era l’unico nel gruppo a trovare Helia insopportabile.

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