Capitolo XVIII

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" Smascherata "

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Amanda si svegliò di scatto, si guardò intorno quasi come se si aspettasse di vedere ancora una volta quel boschetto ed il padre di Luke che le sorrideva seduta sul tronco di quel albero. Lentamente iniziò a rendersi conto di dove si trovasse e tirò un respiro di sollievo.
"Devo dirlo a papà." Pensò, scendendo di fretta dal letto, tanto da rischiare di cadere a causa di un forte capogiro. Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi, aspettando pochi secondi prima di aprire la porta e scendere le scale. Quando arrivò in salone lanciò un'occhiata all'orologio, che segnava solo le otto e mezzo del mattino, per poi raggiungere la cucina.
Quel giorno aveva deciso di rimanere a casa visto che la ricerca di Kate aveva consumato quasi del tutto la sua riserva di energia. Era certa di trovare almeno sua madre Theresa intenta a cucinare la colazione come ogni mattina, ma la cucina era stranamente vuota. La sua attenzione, tuttavia, venne catturata da un piccolo foglietto sul tavolo. Con curiosità lo prese e lesse il suo contenuto.

"Mamma e papà sono ad una riunione urgente, un altro branco è stato attaccato questa notte e hanno richiesto la loro presenza. Io sono dovuto andare a scuola, quindi sarai sola fino all'ora di cena.
Mi raccomando, non combinare guai.
A dopo Pulce."

Amy sbuffò e si passò una mano sul viso. Avvertiva il bisogno di dire quanto aveva sognato a qualcuno, così da liberarsi da questa strana sensazione che provava.
Tornò in salone e si sedette a peso morto sul divano, indecisa su chi chiamare e se farlo subito o più tardi. I suoi pensieri furono interrotti dal suono del campanello. Si alzò come un automa e raggiunse il portone, ma poggiò la mano sulla maniglia si bloccò. E se fosse stato Alexander o qualche suo scagnozzo? Cosa avrebbe potuto fare davanti al nemico?
Tremante prese un respiro profondo e quando sentì un odore conosciuto, abbassò la mano.

All Star rovinate, jeans a sigaretta, maglietta bianca che lasciava poco all'immaginazione e giubbotto in pelle. I capelli castani erano tirati su in un ciuffo ordinato e i suoi occhi color ossidiana sembravano più scuri del solito.
-Luke.- sussurrò con un sorriso la più piccola, facendosi da parte per farlo entrare. Il ragazzo oltrepassò la soglia di casa e aspettò che lei facesse strada. Amanda lo condusse in cucina e chi disse di fare come se fosse a casa sua, accorgendosi immediatamente che ci fosse qualcosa sotto.
Lasciandogli il suo tempo, si concentrò sul non bruciare né le uova né il pane per fare i toast. Quando capì che lui non avrebbe parlato con così tanta facilità, si sentì quasi costretta ad usare i suoi poteri. Non aveva cattiva intenzioni, però vederlo in quella maniera la stava facendo preoccupare più del dovuto.
La sua rabbia le sfrigorò sulle braccia, sostituita quasi subito da un'ansia che le fece contorcere lo stomaco.
-Luke mi vuoi dire perché sei qui?- domandò con calma, continuando a dargli le spalle.
-Hai usato i tuoi poteri vero?- scosse la testa il castano. La raggiunse e l'abbracciò da dietro, nascondendo il viso tra i suoi capelli.
-Stanotte ho sognato mio padre e questo mi ha destabilizzato non poco. Il sogno sembrava così realistico, tanto che quando mi sono svegliato mi aspettavo che entrasse dalla porta a dirmi di scendere per la colazione e quando non è successo ed ho ricollegato i neuroni non ho potuto non esserci rimasto male.- fece una pausa, facendola voltare tra le sue braccia. Poggiò la fronte sulla sua e si perde in quegli occhi colore ghiaccio.
-Mi mancano tutti così tanto.- mormorò tirando su un angolo della bocca, come a smorzare quelle sensazioni.
Amanda gli posò una mano sul volto e gli accarezzò dolcemente la guancia coperta da una leggera barba.
-È normale che ti manchino, ma loro saranno sempre con te. Non vergognarti mai di questo dolore che senti perché a volte è proprio lui a farci capire che siamo ancora vivi e a ricordarci che si può superare tutto, con il tempo.- lo baciò teneramente sulle labbra, arrossendo subito dopo, e poté sentire i suoi muscoli rilassarsi. Luke l'abbracciò stretta ancora una volta, facendole posare il capo sul suo petto e lasciando che il suo profumo dolce lo tranquillizzasse.
La mora lo strinse a sua volta, decidendo di non riverargli il suo di sogno per non causare altro dolore. O almeno avrebbe fatto passare un po' di tempo prima.

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