Prologo

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*Questa storia toccherà temi delicati e difficili, mi piacerebbe indagare i rapporti complessi che si stabiliscono in una relazione non paritaria ed armonica, capire cosa sta dietro ad un rapporto malsano. Non so se ci riuscirò pertanto non prometto nulla*

Quando tutto ebbe inizio era ottobre già inoltrato; gli aceri si liberavano dalle loro foglie lasciandole cadere come colori ad olio sgocciolanti da tavolazze, mescolati in ogni possibile sfumatura del giallo, del marrone, del rosso.
L'aria iniziava a diventare più limpida e frizzante, chiara e le sere giungevano sempre più presto.
Il freddo cominciava ad avere un lieve sentore, ancora lontano ma già percepibile, del gelo invernale e sia al mattino presto che verso sera, una nebbia umida velava il profilo della cittadina di Doncaster dove ero nato e vivevo con la mia famiglia.
Fino ad allora Doncaster era stato il mio mondo, un mondo ristretto e a volte angusto, ma anche solido e rassicurante.
Un posto dove l'esistenza scorreva tranquilla, senza nulla a turbare la quiete monotona delle giornate che si snodavano tutte uguali; un luogo a volte noioso e chiuso ma in realtà, almeno per me, qualcosa di molto simile ad un utero accogliente e caldo che non riservava sorprese ma dava solo certezze.
Conoscevo ogni strada di Doncaster, i pochi luoghi di ritrovo, la palestra e la piscina, il parco dove mi piaceva correre al mattino presto in solitudine e il grande complesso scolastico dove avevo frequentato tutte le classi fino ad arrivare alla scuola superiore.
Il quartiere dove vivevo, segno distintivo di una casta sociale composta da professionisti e dirigenti benestanti, era uno dei più eleganti, d'una eleganza riservata e pacata, fatta di villini nuovi e ben tenuti, di giardini coltivati con cura ed amore, di viali alberati e piccoli parchi dove rilassarsi.
La mia vita scorreva su binari ben tracciati e regolari, con il sincronismo perfetto di un orologio meccanico di precisione.
Ubbidiente, tranquillo, posato, studioso, responsabile, serio: questo ero io.
Mai nessuna trasgressione, nessun colpo di testa, nessuna stupidaggine o ribellione, insomma un ragazzo modello.
Aderire e superare le aspettative dei miei genitori, di mio padre in particolare, era il mio traguardo, ciò che mi recava gioia e orgoglio più di ogni altra cosa.
La mia capacità di impormi sacrifici e rinunce per raggiungere i risultati che desideravo senza mai cedere alla tentazione di sottrarmi ai miei impegni, era una mia prerogativa, che mi rendeva diverso e a volte lontano dai miei coetanei.

Quando tutto ebbe inizio la giornata era chiara e brillante, di quella luce che non riscalda più ma illumina e rende i contorni delle cose ben definiti.
Il professor Smith voltato di spalle, stava scrivendo con la sua grafia rapida e secca un'equazione, facendo scricchiolare il gesso sulla lavagna in modo insopportabile.
La porta si aprì e il preside entrò accompagnato da un ragazzo: Harry Edward Styles.
Il professore, dopo avergli lanciato un'occhiata annoiata attraverso le sue lenti, indicò con un gesto distratto al nuovo allievo un posto proprio accanto al mio banco.
"Apri il libro a pagina 32 e segui" ordinò con la sua voce secca e irritante proprio come il gesso sulla lavagna, prima di voltare di nuovo le spalle per dedicarsi all'equazione abbandonata.
Il nuovo studente dopo aver girato uno sguardo inquisitorio su tutta la classe, strascicò i piedi con aria insopportabilmente strafottente fino a raggiungere il posto assegnato.
Non mi degnò di uno sguardo, un saluto, nulla, come se io non esistessi, in realtà come se tutta la classe compreso Smith non esistesse.
Ma se lui si mostrava così indifferente verso ciò che lo circondava, noi tutti eravamo invece quasi stregati dalla sua venuta.
Era alto ed atletico: le spalle ben modellate, le braccia ben tornite, le gambe lunghe.
Il viso dai lineamenti sobri, gli zigomi alti con tanto di fossette, il naso ben delineato gli davano un aspetto piacevolmente deciso e maschile.
Un sorriso trattenuto e ironico che aleggiava sulle sue labbra come vi fosse incollato, gli occhi sottili ma penetranti, l'espressione del volto smaliziata, provocante e in un certo qual modo pericolosa e i capelli lunghi fino alle spalle gli conferivano un' intensità selvatica, da giovane lupo.
Mi sforzai di recuperare la concentrazione senza farmi distrarre, ma dopo poco non riuscii ad evitare di lanciare una rapida occhiata di soppiatto al mio vicino.
Con la testa china stava armeggiando con un iPhone che teneva sulle ginocchia, mentre il libro ancora chiuso giaceva sul banco.
Il cielo intanto si era andato annuvolando e il chiarore mattutino era scemato fino a trasformarsi in una cappa plumbea, tanto che dovemmo accendere le luci.
Il neon spandeva un chiarore freddo e crudo e brillava sulla pelle candida di Styles, facendoli risaltare tra i volti grigiastri di tutti noi.
Il professore posò il gesso sul ripiano e si voltò, si pulì le mani con un fazzolettino di carta e poi con la sua caratteristica flemma si mise a girare tra i banchi con un mazzo di fogli.
"Avete un ora di tempo per completare gli esercizi, consideratela una verifica "
Al professor Smith capitava spesso di metterci alla prova prendendoci di sorpresa, non so se per un suo gusto un po' sadico nel vedere le facce di molti impallidire o per un assoluta mancanza di interesse per ogni nostra reazione.
Mi misi subito al lavoro, la matematica non era mai stata un problema, anzi più gli esercizi aumentavano di difficoltà più cresceva in me una sensazione di sicurezza, come se saper risolvere le equazioni fosse la metafora di una capacità più complessa: quella di controllare la mia vita e di farle seguire il percorso che le era stato assegnato.
Stavo dando un ultima controllata con un netto anticipo sull'ora di tempo assegnata, quando per poco non mi uscì un grido.
Qualcosa mi aveva punto con forza alla coscia.
Girai la testa e mi accorsi che il ragazzo seduto accanto a me aveva tra le mani una stilografica.
"Passami il compito" sussurrò quasi senza far uscire la voce.
Non era spaventato, ne agitato, ne ansioso.
Il suo viso impassibile, il suo sorriso astuto, il suo sguardo distante, tutto in lui chiaramente dimostrava la sua assoluta noncuranza e tranquillità.
Ma come si permetteva di mettermi in una posizione del genere? Nessuno lo avrebbe mai fatto!
Era assolutamente impensabile per ognuno di noi abbassarsi ad una simile condotta disonesta nei confronti di se stessi, dell'insegnante e dei compagni.
Cercai di abbassare di nuovo lo sguardo sui miei fogli, ma la sua voce mi colpì.
"Ubbidisci stronzetto" solo quello, ma non furono le parole piuttosto l'intonazione a trafiggermi.
Il tono di comando che non ammette repliche, che non chiede compromessi, che non accetta tentennamenti ma richiede solo completa e assoluta obbedienza, senza discussione alcuna.
Un tono di una così sicura e radicata autorità da toccarmi in modo profondo e diretto, un tono che non potei in nessun modo far finta di non aver sentito.
Con cautela, il cuore che mi batteva all'impazzata gli avvicinai il mio foglio in modo che potesse copiare ciò che vi avevo scritto.
E lui lo fece con calma, gettando ogni tanto un'occhiata annoiata al professore, che seduto in cattedra controllava che tutto si svolgesse in assoluto silenzio.
Non guardò mai nella nostra direzione per il semplice motivo che mai avrebbe potuto pensare che io potessi fare qualcosa di così scorretto e pericoloso per la mia condotta e la mia votazione.

Quando l'ora si concluse potemmo uscire per l'intervallo.
Harry Styles prese dal suo zaino un pacchetto di sigarette che si mise velocemente in tasca ed uscì, io invece rimasi seduto al mio posto cercando di riordinare gli avvenimenti.
Sentivo ancora nella testa quel tono di comando e ogni volta che ci ripensavo mi correvano brividi inspiegabili lungo la schiena.
Un dolore alla coscia mi riscosse e mi fece abbassare lo sguardo, rimasi ad osservare una piccola macchia di sangue, quasi invisibile sulla stoffa scura dei pantaloni.

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SPAZIO AUTRICE

Ehiiillà bellezze,premetto che è la mia prima storia/fanfiction Larry pur non essendolo, ma leggendo molte storie Larry mi sono appassionata. Mi attirano particolarmente, sono una sorta di droga che non riesci a fermare. Mangio storie Larry come non ci fosse un domani. Le divoro proprio. Dire che ne sono ossessionata è dire poco, e così ho deciso " Massì perchè non provare a scriverne una no?"
Ed eccomi qua ahahah

Spero che come prologo vada bene, ma sopratutto la storia in generale vi piaccia e non vi faccia annoiare. Voglio cercare di farvela divorare come fanno le altre storie larry con me. Voglio che vi prenda tanto da dire " DAMMI ALTRI CAPITOLI. NE HO BISOGNO."
Dopo questo mi dileguo e vado a pensare ai prossimi capitoli.
Besos.

Letstrytowrite.

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