I

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Thomas percorse con lo sguardo la sottile linea curva che sul suo polso si arricciava e si piegava a formare un nome: Isaac.
Chiuse gli occhi, tentando di immaginare il volto della sua anima gemella, il colore dei suoi capelli, quello delle sue iridi, la forma della sua bocca. Ogni volta che ci provava, nella sua mente prendeva vita un'immagine diversa.
Era frustrante, Thomas ci pensava spesso: possedere un nome, nient'altro che una traccia, e nessun altro indizio.
Era frustrante, sì, e fastidioso. Per quel che ne sapeva, avrebbe potuto incontrare la sua anima gemella quella mattina, se avesse deciso di andare a fare shopping, o il pomeriggio seguente, o quello successivo, in un cerchio infinito di idee e supposizioni che non servivano ad altro che a fargli perdere la pazienza.
Sbuffò e allontanò il braccio sinistro dal viso, volgendo la propria attenzione al quaderno di storia che giaceva aperto sulle sue gambe. Le pagine cariche di appunti lo guardavano con astio e lui ricambiava i loro sguardi malevoli con altrettanta intensità.
« Fanculo », cedette infine, chiudendole. Posò il libro sulla scrivania e si alzò in piedi per poi gettarsi sul letto, dove aveva lanciato il cellulare. Lo sbloccò e controllò le notifiche con un'occhiata.
Suo padre gli aveva lasciato un messaggio vocale: « Ehi, Tom », diceva. « Io e tua madre abbiamo parlato, oggi. Abbiamo deciso di organizzare una serata in famiglia, ehm... stasera? Tornerò prima da lavoro ».
Thomas gemette e lanciò il cellulare tra i cuscini, le sopracciglia aggrottate. L'idea di dover trascorrere il sabato sera con i suoi genitori (be', l'idea di dover trascorrere una qualunque serata con i suoi genitori) lo rendeva tutt'altro che entusiasta. Avrebbe preferito continuare a vederli singolarmente: quando erano insieme finivano per litigare, non importava quanto si impegnassero affinché ciò non accadesse.
« No, no, no, no », mugolò senza sosta, affondando il viso tra le coperte. Contemplò l'idea di trovare qualcos'altro da fare, un impegno improvviso e impossibile da rinviare, un compleanno, magari, ma si era trasferito lì da poco e la sua unica amica, Teresa, era partita da alcuni giorni. Thomas non sapeva perché, né quando sarebbe tornata, ma la sua assenza era un peso difficile da sopportare.
Strisciò lungo il materasso, lasciando che le coperte si stropicciassero sotto il peso del suo corpo. Afferrò il cellulare e compose il numero della sua migliore amica. La voce di Teresa risuonò dopo pochi squilli: « Ehi, Tom! »
« Come stai, Tes? »
« Qui è una noia mortale e detesto mia cugina. Sul serio, è insopportabile. Se non me la levano di torno finirò per ammazzarla ». Sospirò. « Tu? »
« Vorrei che il letto mi inghiottisse e non mi lasciasse andare. Mai più ».
« I tuoi genitori? »
Thomas inspirò e lasciò andare l'aria in uno sbuffo. « Hanno organizzato una sorta di cena in famiglia per stasera. Io non voglio più farmi vedere con loro in pubblico ».
Teresa non riuscì a trattenersi dal ridere. « Scusa », disse quando l'amico emise un grugnito di disapprovazione. Sorrideva, Thomas sarebbe stato pronto a scommetterci. « Inventa una scusa per non andare », gli suggerì.
« Non ho piani alternativi. Non conosco ancora nessuno, qui ».
« A quanto pare è inevitabile ». Teresa tacque per un istante, poi riprese: « Va' con loro a cena. Forse sono sinceri, forse questa volta non ti metteranno in imbarazzo ». Thomas fece per protestare, ma lei lo zittì con un sibilo. « Se dovesse capitare, esci fuori e chiamami, così ti aiuto a distrarti, che ne dici? »
Thomas sospirò. « Dico che preferirei vederti di persona, Tes. Quando torni? »
« Anch'io lo preferirei, Tom ». Fece una breve pausa. « Non so quando, comunque. Mia madre dice che le ci vorrà almeno una settimana per fare ciò che deve fare, qualunque cosa sia ».
« Che periodo di merda ».
« Come va con la scuola? »
Thomas strinse le labbra. « Non riesco a studiare niente. Ci provo, ma... ».
« Tom, devi impegnarti ».
« Sì, mamma » la prese in giro lui con una risata forzata che lei non imitò. Thomas si morse l'interno della guancia. « Io ci proverò, d'accordo? » Disse con tono più serio. « Ora stacco ».
« Va bene, Tom, ti credo. Ci sentiamo... non stasera, spero ».
« Dubito. Ciao, Tes ».
« Ti voglio bene, eh ».
« Anch'io te ne voglio ». Thomas sorrise contro l'apparecchio telefonico.

Il tuo nome sul mio polso - NewtmasWhere stories live. Discover now